Politica / Il caso

Ddl "Gender", l'affondo di Barbara Poggio: «Cose da sultanato del Trentinistan»

Sui social l'intervento della nota docente universitaria, da sempre impegnata sui temi legati al genere, alle donne, all’omofobia. «Il Ministro dell’Educazione Codina, il Consigliere Inquisitore Antigender, insieme al Comandante della Milizia Morale hanno reso pubblico il nuovo editto contro la corruzione dei costumi sessuali nei territori del sultanato»

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TRENTO. Tra le voci più autorevoli - e scientifiche - nel dibattito creato dal Ddl di Claudio Cia c’è quella della professoressa Barbara Poggio, da sempre impegnata sui temi legati al genere, alle donne, all’omofobia.

In questi giorni i suoi post su Facebook, fatti a titolo personale e non nel suo ruolo istituzionale (anche se la posizione dell’Università sui diritti, visto ad esempio il patrocinio dato al Dolomiti Pride, è nota e netta), hanno fatto il pieno di consensi.

Nei giorni scorsi aveva annunciato la conferenza stampa di presentazione del Ddl parlando di «relatori tutti rigorosamente di genere maschile, perché, come è noto, nella famiglia tradizionale - a Trento come in Iran - l’unica voce autorizzata a parlare in pubblico è quella del padre».

E l'altroieri, con una buona dose di ironia - anche se l’obiettivo non è certo far ridere quanto far riflettere - è tornata sul tema: «Nei giorni scorsi in una sala del Palazzo del Governo del Trentinistan, il Ministro dell’Educazione Codina, il Consigliere Inquisitore Antigender, insieme al Comandante della Milizia Morale e a un ulteriore esponente del partito della restaurazione, hanno reso pubblico il nuovo editto contro la corruzione dei costumi sessuali nei territori del sultanato.

Si cerca in tal modo di porre argine al pericoloso contagio di una ideologia esotica che mette in discussione la divisione dei ruoli tra donne e uomini e il dominio maschile su cui si fondano tutti i sacri testi della tradizione e la stessa organizzazione del sultanato.

Di seguito alcuni dei precetti dell’editto: viene fatto divieto di realizzare iniziative che mettano in discussione l’esistenza di una netta differenza tra maschi e femmine e soprattutto la sottomissione delle seconde ai primi. Ancora: è vietato ogni riferimento a questioni connesse alla sessualità, argomento che può essere affrontato solo nell’alveo della famiglia e tutt’al più su internet, ma non all’interno di aule scolastiche».

La professoressa ha anche sottolineato come la petizione di Pro Vita per il Ddl abbia raccolto 5.942 firme, «circa 4.000 in meno di quelle a suo tempo raccolte per ripristinare i corsi di educazione alla relazione di genere sospesi dallo stesso governo provinciale».

«Il Ddl prevede l’introduzione di una censura all’interno dei percorsi scolastici. Paradossalmente le scuole non potrebbero intervenire con azioni mirate alla prevenzione della violenza di genere, perché l’educazione su tali argomenti va lasciata alle famiglie, anche quelle in cui la violenza di genere è una pratica diffusa».

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