Scuola / La protesta

Formazione professionale, la rabbia degli insegnanti contro la Provincia: “Ci demotiva, in tanti pronti ad andarsene”

In una lettera a Fugatti e Bisesti annunciano “che, a partire da ora e fino a quando il trattamento contrattuale non sarà equiparato a quello dei colleghi della scuola a carattere statale, si adatterà la prestazione lavorativa allo scarso riconoscimento che ci viene riservato”

TRENTO. Gli insegnanti della formazione professionale esprimono delusione e sconcerto per l’esito della trattativa sul rinnovo contrattuale, che “si è limitata a un aumento retributivo tardivo e che non accoglie nessuna delle nostre richieste di avvicinamento al contratto e al trattamento retributivo dei docenti della scuola provinciale a carattere statale”.

In una lettera spedita al presidente della Provincia, all’assessore Mirko Bisesti e al dirigente provinciale Roberto Ceccato manifestano tutta loro amarezza per il trattamento ricevuto e annunciano quali forme di protesta attueranno.

“L’Amministrazione provinciale e questa Giunta – si legge nel documento – al pari delle precedenti, confermano la scarsa considerazione nei confronti della nostra figura professionale. Svolgiamo un lavoro, lo vogliamo ricordare, che in nessun aspetto può essere considerato meno impegnativo rispetto a quello dei docenti della scuola provinciale a carattere statale.

Si tratta, infatti, dello stesso lavoro. Eppure il nostro contratto non è quello del personale docente e prevede un trattamento stipendiale inferiore e svantaggioso: niente ricostruzione di carriera e progressioni (scatti di anzianità) di fatto bloccate”.

E ancora: “Nei nostri Istituti di formazione professionale provinciale ci sono colleghi che dopo 18 anni di servizio sono collocati ancora nella prima posizione retributiva. Se lavorassero nella scuola “normale”, a parità di servizio prestato, si troverebbero in terza posizione, con differenze stipendiali nell’ordine delle centinaia di euro. Chiediamo a questo punto una spiegazione chiara rispetto alle motivazioni di questo trattamento stipendiale e giuridico di sfavore. Sottolineiamo che lo stipendio degli insegnanti della scuola provinciale a carattere statale è già tra i più bassi d’Europa. Il nostro è ancora inferiore”.

“Ci dicano – prosegue così la lettera – Amministratori e Politici, se ritengono le nostre alunne e i nostri alunni indegni di avere insegnanti motivati e qualificati. Un trattamento economico così sfavorevole, infatti, disincentiva l’investimento in una carriera nella formazione professionale e crea le condizioni per un alto turn-over. Nella formazione professionale si fermeranno, e per il minor tempo possibile, gli insegnanti in attesa delle chiamate dalle altre scuole. A ragion veduta. Perché non solo i nostri precari hanno scarse prospettive di assunzione in ruolo, ma il servizio prestato nella formazione professionale è riconosciuto solo parzialmente nei bandi di accesso alle graduatorie del sistema di istruzione. Cioè l’insegnamento nella formazione professionale vale, anche qui, un po’ di meno. Chi potrà essere motivato a intraprendere questa carriera di serie B, da tutti i punti di vista?

La nostra professionalità viene riconosciuta solo nella pretesa di adempimenti burocratici cresciuti esponenzialmente. Siamo indegni di un trattamento stipendiale dignitoso, ma ci si chiede ad esempio di redigere i profili funzionali degli alunni con bisogni educativi speciali descrivendone il livello di sviluppo cognitivo, neuro-psicologico e persino motorio-prassico. Ci si chiede l’elaborazione delle prove d’esame, un onere importante sia in termini di lavoro che di responsabilità, in quanto atto conclusivo del percorso degli alunni con il quale si verificano i livelli di apprendimento in relazione alle conoscenze, abilità e competenze proprie del percorso formativo svolto”.

E annunciano: “A fronte di questi e degli altri numerosi adempimenti aggiuntivi extracontrattuali si prevede un riconoscimento forfettario con un tetto massimo che è pari al 25% di quello stabilito per i docenti della scuola (1500 euro annui contro 6000 euro). Vi informiamo quindi che, a partire da ora e fino a quando il nostro trattamento contrattuale non sarà equiparato a quello dei colleghi della scuola a carattere statale, intendiamo adattare la prestazione lavorativa allo scarso riconoscimento che ci viene riservato.

Saremo purtroppo costretti a comunicare ad alunni e famiglie la mancata realizzazione delle attività di potenziamento e arricchimento didattico/educativo: uscite e viaggi saranno sospesi. Verranno sospese anche le attività di ampliamento dell’offerta formativa quali l’organizzazione degli interventi degli esperti esterni, la partecipazione a manifestazioni ed eventi anche istituzionali sul territorio, i progetti didattici di classe e in generale tutte le attività che richiedono oneri organizzativi che non ci possiamo più permettere.

Parteciperemo in maniera passiva alle attività collegiali. Ritireremo a partire da subito la disponibilità a lavorare nelle commissioni e nei gruppi di lavoro, alle manifestazioni e a eventi interni ed esterni. Nello specifico non redigeremo le prove d’esame, i piani di studio, le relazioni di fine anno, le relazioni e i documenti accompagnatori non indispensabili.

A partire dal prossimo anno formativo ritireremo la disponibilità a ricoprire il ruolo di coordinatore di classe e di referente di dipartimento disciplinare e non indicheremo la preferenza di impiego delle ore aggiuntive obbligatorie con alunni, che dovranno quindi essere organizzate e calendarizzate dall’Istituto stesso”.

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