Sanità / Payback

Rimborsi sui dispositivi medici: in Trentino tremano 30 aziende e 600 dipendenti

Nella legge di bilancio manca la sospensione del payback (rimborso) sui dispositivi sanitari. Le aziende del comparto devono restituire il 50% delle spese effettuate in eccesso dalle regioni. In Trentino hanno un fatturato complessivo di 350 milioni di euro: dal 2015 al 2018 devono rimborsare ben 49,4 milioni di euro 

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di Matteo Lunelli

TRENTO. Una situazione drammatica: a rischio c'è l'intero sistema sanitario, nazionale e ovviamente provinciale. E, oltre agli ospedali, a rischiare sono tutte le aziende che si occupano di produrre e vendere i presidi sanitari (dai lettini alle protesi, dagli stent cardiaci alle garze, dai ventilatori polmonari fino ai dispositivi per dialisi e pronto soccorso) e i loro dipendenti. Il tutto per via di una norma, che non è entrata nella legge di bilancio, che prevedeva la sospensione del payback sui dispositivi sanitari. Si tratta dell'obbligo per le aziende del comparto di rimborsare il 50% delle spese effettuate in eccesso dalle regioni.

La Confcommercio nazionale spiega che la norma costringe le aziende fornitrici di dispositivi medici a pagare la cifra monstre di 2,1 miliardi di euro entro il 15 gennaio. Ciò significherebbe che la quasi totalità delle aziende sarebbe destinata al fallimento, con conseguenze immediate anche per i loro clienti, ovvero le Aziende sanitarie: stop alle forniture, stop alle manutenzione e, quindi, ospedali in ginocchio.

In Trentino le imprese che si occupano di produzione o commercializzazione (o entrambe) di materiale medico sono 30. I dipendenti sono circa 600 e il fatturato complessivo è di 350 milioni di euro. Difficile stimare una cifra complessiva di quanto debbano restituire, ma si può tranquillamente parlare di decine di milioni di euro. La scorsa estate il Ministero della salute aveva certificato il superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici a livello nazionale e regionale per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018: la quantificazione del ripiano posta a carico delle aziende fornitrici dei dispositivi medici porta a dati incredibili per il Trentino.

Nel 2015 totale 11,6 milioni di euro, poi 11,6 (2016), 12,7 (2017) e 13,4 (2018): le imprese trentine, quindi, per questi quattro anni devono restituire 49.406.106 euro. «Ogni azienda trentina che lavora nel settore, producendo e/o commercializzando i dispositivi sanitari, ha i suoi bilanci e i suoi conti, ma le stime complessive parlano di decine di milioni di euro complessivi da restituire», spiega il presidente di Confcommercio Trentino Gianni Bort. Che nei giorni scorsi ha scritto urgentemente al presidente Maurizio Fugatti per portarlo a conoscenza del drammatico problema e per chiedere un intervento in tempi brevi (vedi articolo qui sotto).

Bort, inoltre, nei prossimi giorni incontrerà tutte le aziende coinvolte per fare il punto della situazione. «Ma il punto è semplice: molte di queste aziende sarebbero costrette a chiudere. E questo provocherebbe nell'immediato dei seri problemi nell'assistenza dei malati, perché una chiusura vorrebbe dire che si fermerebbero subito le forniture e le manutenzioni. Noi su questa partita ci batteremo, perché si tratta di un qualcosa di illogico».

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