Val di Non / Imprese

Mele, spumante, formaggio e algoritmi: la miniera di Mollaro diventa una grotta dei tesori

Nelle gallerie di dolomia la temperatura è costante e non ci sono infiltrazioni d’acqua: l’ambiente ideale per la conservazione. Il futuro? I data center

di Domenico Sartori

MOLLARO. Quanto può valere lo stupore? È il sentimento che ti rapisce quando percorri le gallerie di dolomia. La temperatura è costante: 11,7 gradi. E nulla percola dalle volte delle gallerie: tutto perfettamente asciutto. L'obiettivo è raggiungere la cella test, in fondo alla galleria principale, a livello zero, quota 700 metri sul livello del mare. È la cella dove da aprile sono parcheggiate 165 forme di Trentingrana.

Si trova proprio di fronte a quella dove riposano in affinamento 2 milioni di bottiglie di spumante Altemasi. Un camion della Cavit sta ultimando un'operazione di carico. Per il Trentingrana, il processo di conservazione e stagionatura è in tutto uguale a quello utilizzato nel magazzino di Segno, che ospita 94 mila forme.

«Altre 32 mila forme sono parcheggiate nel magazzino di Spini» dice Federico Barbi, direttore commerciale del Concast, il Consorzio dei caseifici del Trentino che con il Trentingrana realizza circa l'80% del fatturato. Il responsabile del magazzino è Federico Fattarsi, il "battitore", due anni di formazione a Castelfranco Emilia, patria del Reggiano. Batte con il martello ognuna delle forme accatastate sui diciotto ripiani delle scalere, gli scaffali. La stagionatura è una fase delicata per dare unicità al sapore.

Mele, spumante, Trentingrana: a Mollaro la miniera si è trasformata in una grotta dei tesori

A Mollaro, la miniera di San Romedio è in realtà una grotta dei tesori: qui vengono custodite le mele Melinda (stanno già "riposando" trentamila tonnellate, ne arriveranno altre diecimila), oltre al Trentingrana (165 forme) e allo spumante Altemasi (due milioni di bottiglie). E avanza il progetto che prevede di ospitare i super computer di piccole e grandi aziende.

Le forme, dopo trenta giorni in salamoia, vengono per alcuni mesi conservate nei caseifici di produzione, quindi conferite al Concast. Al nono mese, la prima battitura. Fattarsi sente la pasta del grana, la sua omogeneità e compattezza, se ci sono "occhi", bolle di aria, crepe. La sua valutazione vale la prima classificazione, quindi si riflette sul conto economico dei caseifici. Il martello decide se sarà un "extra" senza difetti, il tempo della stagionatura, e quindi della vendita (a 16, 24, 36 mesi), o il declassamento a "Formaggio giovane del Trentino".

Al diciottesimo mese, la seconda battitura. Il magazzino di Segno è riscaldato con il metano, temperatura di 16-17°, costante, e umidità all'80%. Nella grotta, la procedura è la stessa: battitura e pulitura. Franco Battocletti accende il macchinario che in automatico raccoglie la forma di 40 chilogrammi, la pulisce, la rovescia e la ripone sullo scaffale. La spazzolatrice pulisce l'asse di supporto.

«L'operazione si ripete ogni settimana, forma per forma, scaffale per scaffale» spiega Federico Barbi. Ogni forma è numerata, gemella di quella nel magazzino di Segno. «Questa è la 328 del 21 luglio 2021» indica il "battitore". Gemelle, perché dallo stesso parol in cui, da mille litri di latte, si originano due forme in tutto uguali, che calano via via di peso durante la stagionatura, per arrivare (come prevede il disciplinare del Padano di cui fa parte Trentingrana) a circa 38-39 kg al diciottesimo mese. La stagionatura in ipogeo è una scommessa. Nei disegni del Concast, nelle celle della miniera di San Romedio potrebbero in futuro riposare 30 mila forme di Trentingrana. Presto, per fare una valutazione.

Perché il primo taglio avverrà il gennaio. E solo allora, aprendo una forma stagionata per 18 mesi, gli esperti diranno la loro su sapore e colore. E, poi, altri tagli seguiranno in marzo ed in maggio, per cogliere l'evoluzione del prodotto. Ma c'è ottimismo. Perché le altre eccellenze alimentari che hanno trovato ospitalità nella pancia della terra, mele e spumante, hanno conservato le loro caratteristiche. «Il consumatore non deve accorgersi, il gusto tra il pezzo di grana stagionato in modo tradizionale e quello in ipogeo, dev'essere lo stesso» osserva Barbi. Cosa rivela la sperimentazione in corso da aprile? «C'è una cosa certa: in ipogeo, c'è un calo di peso inferiore» risponde il manager del Concast. Per quale ragione? «Si può ipotizzare che la maturazione del formaggio in grotta sia un po' più lenta. Certo, se a gennaio scopriamo che la maturazione delle due forme gemelle è identica, ma che quella in grotta ha perso meno peso, potremmo dire di avere fatto "13"» considera Barbi.

Qui, nella miniera di dolomia di Mollaro, i conti si faranno alla fine. Nel 2023, sarà chiaro se le 165 forme test che provengono da quattro diversi caseifici potranno dare gambe e solidità ad un progetto ben più ambizioso. C'è un delta di energia necessario, per portare la temperatura di 11,7 gradi ai circa 17 richiesti per la maturazione del formaggio. Ma potrebbe essere recuperato il calore prodotto dalle pompe per refrigerare le celle delle mele di Melinda (mentre la temperatura in grotta è ideale per l'affinamento dello spumante): un modello perfetto di economia circolare. Grazie a Madre Terra, che per le mele diventa sempre più accogliente. «La roccia ha una sua memoria» spiega Andrea Sartor, il custode della miniera «fa da volano termico, assorbe il freddo prodotto per refrigerare le mele. In un anno si recupera un grado e si risparmia sui costi dell'energia».


LA SCOMMESSA PER IL FUTURO: DATA CENTER NEL SOTTOSUOLO

È un unicum, l'attività di stoccaggio nella miniera di San Romedio. Perché, accanto alle mele di Melinda, ci sono già le bottiglie di spumante, e pure - in fase di sperimentazione - le forme di Trentingrana. Sotto terra, a trecento metri di profondità, difesa da uno strato di marna che fa da ombrello protettivo, nella miniera di San Romedio sta formandosi una vera e propria cittadella dell'agricoltura. Un rifugio sicuro delle eccellenze trentine. Con una prospettiva che già si misura o intravede: vantaggi, in termini di sostenibilità ambientale; vantaggi, in termini di business, di integrazione fra turismo, cultura e agricoltura.

E ora - questione di settimane - si fa concreto il progetto di scavo di nuove gallerie per ospitare data center di piccole e grandi aziende, con un progetto pubblico-privato che coinvolge i centri della ricerca made in Trentino, l'Università e Fbk-Fondazione Bruno Kessler. Che il tutto possa diventare un volano, anche turistico, per lo sviluppo del territorio, è un obiettivo cui i protagonisti di Miniera San Romedio srl lavorano da tempo.Nelle gallerie, ci sono 11,7 gradi di temperatura: è la media registrata a cielo aperto, in cento anni di rilevazioni.

Dentro e fuori, si tengono due mondi - ipogeo ed epigeo - che per la Val di Non piano piano prefigurano l'occasione di diversificare e staccarsi dalla monocolutra della Golden. È un unicum, la miniera di San Romedio, gestita dall'omonima società (vedi scheda a fianco, ndr), perché in nessun altro luogo si fa attività di stoccaggio continuando l'attività estrattiva. Colpisce, per altro, la dimensione del potenziale business: sono stati scavati appena 10 km di gallerie, che rappresentano il 5% degli 83 ettari della miniera di dolomia. In media, vengono scavate circa 100 mila tonnellate all'anno di roccia, pari a 70 mila metri cubi, che passano per il frantoio all'ingresso, quindi finiscono nello stabilimento-cementificio di Tassullo.

Le due attività, di magazzino-stoccaggio ed estrattiva, si integrano. Melinda, per le mele, ha bisogno di celle larghe sei metri e alte altrettanto, per collocarvi un "grattacielo" di 13 cassoni. E quindi il vuoto creato con lo scavo è realizzato su misura. Dalla dolomia, unita alla scaglia rossa trentina estratta da una cava a cielo aperto della val di Non, nascono i premiscelati per produrre la famosa calce idraulica naturale a marchio Tassullo.

La calce viene prodotta dalla cottura, spegnimento e macinazione di rocce naturali, miscelando calcare e argilla. «La calce idraulica naturale è il legante che per 2000 anni ha dominato l'edilizia di mezzo mondo e ha permesso la costruzione di opere prima irrealizzabili, come i grandi teatri romani o le grandi cattedrali» spiegano alla Miniera San Romedio srl. Per dire che la sostenibilità ambientale, che oggi è la cifra dei progetti in ipogeo (basti pensare alla riduzione del consumo di suolo causato dallo stoccaggio esterno), viene da lontano.

«Gli spazi di scavo vengono realizzati in un'ottica di rigenerazione» spiega Elisa Oss, responsabile marketing di Miniera San Romedio srl «È uno scavo finalizzato, non ci saranno vuoti minerari a perdere». Mele e bollicine: funziona.La conservazione delle mele in roccia, su più livelli, è stata la prima a partire, nel 2011. E funziona. Il direttore generale di Melinda, Paolo Gerevini, lo conferma con un paio di cifre: «Oggi, in miniera, sono collocate 30 mila tonnellate di mele, ma stiamo andando verso le 40 mila tonnellate».

Con la realizzazione in corso della quarta cella di conservazione, Melinda arriverà a stoccare in miniera circa il 10 per centro della sua produzione. E sta già utilizzando, a livello di marketing, le mele in grotta. «Il risparmio energetico, rispetto ai magazzini tradizionali, arriva al 30%» aggiunge il manager di Melinda.L'utilizzo delle gallerie per l'affinamento dello spumante Altemasi al livello zero della miniera va avanti da più di due anni. Ci sono stante punte di 2,5 milioni di bottiglie stoccate.

«Ma il valore medio» spiega il direttore generale di Cavit, Enrico Zanoni «è sui 2 milioni di bottiglie, valore in crescita». Come sta andando? «C'è stato qualche problema, all'inizio, legato all'umidità e ai residui di polvere sulle bottiglie. Ma è stato tutto risolto. E, ad oggi, nessuna criticità è emersa per la qualità del prodotto». Ulteriori sviluppi? «Dipenderà dall'evoluzione del comprato del Trentodoc, dalle vendite» risponde Zanoni, che fa capire che, in termini di costi-benefici, il gioco vale la candela: «C'è il costo dello stoccaggio, per l'affitto degli spazi, e ci sono quelli di trasporto, andata e ritorno da Ravina, che però vengono compensati dai minori costi energetici».Server e software: il nuovo business.

Il futuro prossimo, salvo inciampi, dello stoccaggio in miniera, si chiama "Tdm" che significa progetto "Trentino data mine". Dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), sono stati garantiti 18,4 milioni di euro all'Università di Trento (ma è coinvolta anche Fbk) per la "realizzazione e gestione di una infrastruttura tecnologica di innovazione". Che vuol dire, nella sostanza, mettere in miniera il petrolio del nostro tempo: i dati.

Le gallerie di Mollaro sono ideali perché non hanno alcun problema di infiltrazione di acqua, assicurano una temperatura bassa e costante. E, inoltre, sono una garanzia in termini di sicurezza dei data center.È in corso l'appalto, da parte dell'Ateneo, per la selezione di un partner privato che concretamente dovrà poi realizzare la «infrastruttura predisposta per ospitare una serie di apparati hardware (cloud data center, reti avanzate), ottimizzati per l'erogazione di servizi innovativi che facciano leva sui seguenti ambiti artificiali: Artificial Intelligence, High performance computing, Edge computing, Security».

L'investimento complessivo, posto a base di gara per il partenariato pubblico-privato, è di 37,58 milioni di euro. Entro l'anno dovrà essere costituita una società veicolo, con il 49% di capitale pubblico ed il 51% in capo al partner privato selezionato. Alla parte pubblica (Ateneo e Fbk) compete il supporto scientifico, al partner privato la progettazione della galleria, l'installazione delle apparecchiature, la strategia di mercato e la implementazione del portfolio di servizi innovativi. Non mancano le incognite, perché il bando prevede che tutti i rischi, comprese le perdite, della costituenda società siano a carico del partner privato. Ma la scommessa è ambiziosa: algoritmi e intelligenza artificiale a fianco delle forme di formaggio. Nel sottosuolo. Un unicum, appunto.

comments powered by Disqus