Politica / L'intervista

Grosselli (Cgil): «Sul Fugatti bis, finta diatriba: tutti sanno che nel centrodestra non c'è un altro nome»

Il numero uno della Camera del lavoro trentina analizza il quadro a un anno dalle provinciali e manifesta preoccupazione per gli scontri politici in atto: «Sia a destra sia a sinistra si parla solo di poltrone e ruoli»

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di Luisa Maria Patruno

Con preoccupazione e sconcerto il segretario della Cgil del Trentino, Andrea Grosselli (nella foto), guarda alle diatribe che già si sono aperte a un anno dalle elezioni provinciali sia nel centrodestra - tra Lega e FdI - sul candidato presidente della Provincia, che nel Partito democratico, sulla guida del partito e chi dovrà fare le liste nel 2023.

Segretario Grosselli, sia nel centrodestra che nel centrosinistra si litiga. La sensazione, in entrambi i casi, più che su questioni di merito si litighi sulle poltrone. Lei come vede la situazione?

I politici che in questi anni hanno pensato bene di aumentarsi le proprie indennità nel momento in cui l’inflazione erodeva il potere d’acquisto delle famiglie, oggi ancora una volta si dimostrano distanti dalla realtà che vivono in questi anni e in questi mesi difficili i trentini. Mentre le famiglie debbono scegliere tra pagare le bollette o fare la spesa, mentre aumenta il ricorso alla cassa integrazione e arrivano i primi licenziamenti collettivi (vedi Arborea), mentre la crescita rallenta e si va verso una possibile recessione, mentre la precarietà del lavoro non accenna a diminuire, le retribuzioni restano al palo e gli infortuni sul lavoro crescono di giorno in giorno, mentre il welfare provinciale - dalla sanità pubblica all’assistenza - sta riducendo il suo perimetro e perde pezzi, e alzando lo sguardo mentre l'Europa è sconquassata da una guerra che sembra non avere fine, le forze politiche locali sono impegnate in un surreale scontro per ridefinire gli equilibri di potere interni alle due coalizioni che si confronteranno ad ottobre dell’anno prossimo.

Non è importante anche questo?

Ma al centro ci sono solo gli aspetti più beceri della politica, quelli legati ad incarichi e ruoli, che rischiano di allontanare i cittadini dalle istituzioni e impoveriscono il dibattito pubblico sulle soluzioni ai grandi problemi che il Trentino deve affrontare, dai cambiamenti climatici, al welfare, dalla crescita economica all'assetto dell'Autonomia, alle questioni dei salari e stipendi alla natalità. Servirebbe un impegno comune a dar vita ad un confronto “costituente” per rafforzare la nostra Autonomia minacciata a 50 anni dal secondo statuto da logiche nazionaliste e sovraniste. Niente di tutto questo. I partiti stanno dando uno spettacolo indecoroso della politica.

Quali partiti?

Mi riferisco in primo luogo al dibattito interno alla destra trentina. Mi sembra assurdo che le forze politiche che governano l’Italia da poche settimane o il Trentino da quattro anni siano tutte concentrare su una finta diatriba su chi farà il candidato presidente nell’ottobre prossimo. Tutti sanno che non c’è alternativa al presidente Fugatti e che quelli in atto sono movimenti finalizzati solo ad acquisire visibilità e qualche assessorato di peso se rivincesse il centrodestra. A Trento la destra discute delle poltrone.

È legittimo che il partito di Giorgia Meloni che anche in Trentino ha avuto un exploit straordinario rivendichi di vere voce in capitolo sulla scelta del candidato presidente, non crede?

Non posso e non voglio entrare nelle scelte che dovranno fare le forze politiche. Ma mi lasci dire che sentire la neodeputata Ambrosi lanciare strali contro quello che è stato il leader del suo partito per anni, mi fa solidarizzare almeno umanamente col presidente Fugatti. Anche perché questo dibattito è vuoto: dove sono i contenuti? Fratelli d’Italia mette in discussione le scelte operate fino ad oggi dalla Giunta provinciale? Non mi sembra proprio. E allora perché Fugatti dovrebbe farsi da parte? I cittadini lo capiscono benissimo che è un gioco autoreferenziale.

Nel centrosinistra c’è il Pd che si sta dividendo sul sì o no al congresso.

La piega che sta assumendo il dibattito interno al Pd è ancora più sorprendente. Qui siamo allo psicodramma. Dopo le elezioni politiche che, grazie alla proposta dell’Alleanza democratica per l’Autonomia, hanno portato in dote al centrosinistra un senatore e una deputata, con un risultato elettorale di tutto rispetto e molto migliore di quello nazionale, adesso sembra di assistere al cupio dissolvi, invece di provare a contendere piazza Dante alla destra, ci si ripiega su se stessi provando a rivendicare un’identità, un primato del partito che rischia di dividere invece di unire. È assurdo, spero davvero che non siano vere le ricostruzioni che raccontano di un congresso convocato per azzerare il gruppo dirigente attuale e conquistare qualche deroga al limite dei mandati consiliari. Come non si debbono a mio avviso sprecare le esperienze di chi ha vissuto anni al servizio della comunità, così non si debbono far prevalere gli egocentrismi. Al centrosinistra serve un progetto comune largo e non certo un soggetto politico che si rappresenta come autosufficiente. Semmai questo è il tempo per dimostrare nei fatti la generosità verso la propria terra. La priorità poi sono le idee, le proposte di governo per avere un Trentino più inclusivo e produttivo.

Ma i congressi non dovrebbero servire proprio al confronto di idee?

Io penso che il Pd dovrebbe promuovere invece una grande conferenza programmatica che coinvolga anche le altre formazioni della coalizione e convochi tutte le parti sociali, le associazioni, gli enti locali per parlare del futuro del Trentino. Il Pd deve mettersi in ascolto della società, non guardarsi l’ombelico. Bisogna affrontare sfide enormi che grazie all’Autonomia possono essere vinte: gli effetti dei cambiamenti climatici in primo luogo, la lotta alla precarietà e la spinta per retribuzioni più alte capaci di restituire potere d’acquisto alle famiglie, il rilancio degli investimenti, dell’innovazione e della produttività delle nostre imprese. Di tutto questo oggi nemmeno il Pd parla. Poi non si sorprendano se i lavoratori volgono lo sguardo da un’altra parte.

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