Emigrazione / Trentini all’estero

Diventa psicoterapeuta e da Spiazzo va a vivere e lavorare in Gambia: “Esperienza unica”. Il suo racconto

Continua il viaggio alla ricerca delle storie dei trentini che si stanno facendo onore all’estero: questa volta è il turno di Silvia Lorenzi, che ha anche fondato una organizzazione non profit che si chiama Peace of Mind

STORIE Le interviste dei trentini all'estero

Si chiama Silvia Lorenzi ed è originaria di Spiazzo, in Val Rendena. Dal 2015 vive in Gambia, Paese di origine di suo marito Sanusey, con lui ed i loro 3 figli: Mariam, Zaira e Khalid. Ha studiato presso il Liceo Linguistico "Leonardo da Vinci" a Tione di Trento e ha proseguito gli studi presso l'Università degli studi di Padova dove ha conseguito la laurea in Psicologia clinica.

Durante la sua carriera universitaria ha aderito al programma Erasmus ed ha vissuto in Grecia, a Salonicco per 9 mesi. Il grande desiderio di svolgere la sua  tesi di laurea in un Paese in via di sviluppo si è concretizzato con il suo viaggio in Ecuador dove è stata per 6 mesi a fare volontariato in un centro chiamato Fundeporte che lavora con i bambini di strada e che l’ha aiutata a fare esperienza dei risvolti psicologici di determinate problematiche sociali legate alle violenze ed agli abusi sui minori.

“Dopo la laurea – si racconta così attraverso Mondo Trentino – mi sono spostata a Trieste dove ho vissuto per 2 anni e svolto il tirocinio post lauream presso l’Azienda Sanitaria Triestina e dove sono entrata in contatto con la psichiatria triestina e l’operato dello psichiatra Franco Basaglia (colui che avviò la prima chiusura di un manicomio in Italia). Con lui ci fu una rivoluzione, medica, politica e culturale, che portò nel 1978 all’abolizione degli ospedali psichiatrici con la legge 180: una legge che oggi compie 40 anni ed è ancora un modello nel mondo, per i tanti Paesi dove i manicomi resistono”.

E prosegue: “Ho successivamente conseguito l’esame di Stato che mi ha permesso di entrare a far parte dell’albo degli psicologi di Trento. Nel 2008 ho iniziato la mia specializzazione in psicoterapia transpersonale presso l’Integral Transpersonal Institute (ITI) di Milano e più nello specifico nel modello di Biotransenergetica (BTE) ideato dal dott. Lattuada e dalla moglie Marlene Silveira e che mi ha aperto le porte ad una nuova concezione della psicologia non più focalizzata sugli aspetti patologici e anormali, ma aperta alle qualità umane, alle potenzialità più elevate ed ad una visione integrale dell’essere umano come entità bio-psico-spirituale.

La psicologia transpersonale integra l’esperienza della psicologia occidentale, soprattutto del filone gestaltico, esistenziale, umanista, con le tradizioni mistiche basate sulla meditazione e con le pratiche sciamaniche basate sull’estasi e sul contatto diretto con le forze della natura”.

Dove vive ora e cosa fa?

Ora vivo in un piccolo villaggio del Gambia (Africa Occidentale), Brufut, che si affaccia sull’Oceano Atlantico. Ho aperto uno studio di psicologia e psicoterapia dove vedo i miei clienti e nel 2018 ho fondato una organizzazione non profit che si chiama Peace of Mind (POM) (www.peaceofmindgambia.org - @pomgambia) che si occupa di sensibilizzare individui, Comunità ed Istituzioni rispetto alle tematiche del benessere psicosociale, di offrire servizi mirati a promuovere benessere emotivo e psicologico e a ridurre l’impatto delle numerose problematiche psicosociali che sono presenti nel territorio gambiano.

I progetti di POM vanno dal supporto individuale (counseling, psicoterapia, arteterapia, riabilitazione), al supporto domiciliare (supporto minori, malattia mentale), alla prevenzione nelle scuole (laboratori di intelligenza emotiva), alla formazione del personale governativo e non, alla consulenza per altre Organizzazioni internazionali (ONG).

L’intento di POM è di promuovere un approccio integrale all’essere umano in cui mente, corpo ed anima e portare avanti diversi servizi alla persona. Il mio sogno è di creare una piattaforma solida per la salute mentale in Africa Occidentale e creare un ponte di scambio con il Trentino dove persone, competenze, esperienze possano fluire da un Paese all’altro nell’intento di crescere insieme e promuovere una salute mentale globale centrata sul nostro benessere integrale.

Prima di trasferirsi in Gambia, dove è stata e cosa faceva?

Prima di trasferirmi in Gambia ho vissuto a Milano e Monza dove mi sono sposata nel 2008 e dove lavoravo per una cooperativa sociale mentre frequentavo la scuola di psicoterapia. Quegli anni sono stati molto faticosi soprattutto perché l’ambiente cittadino non mi apparteneva affatto.

Con l’arrivo della prima figlia nel 2011 ho sentito forte il desiderio di avvicinarmi alla mia famiglia ed alle mie origini e così Mariam è nata a Tione; per un lungo periodo siamo stati a Spiazzo a vivere vicino alla mia famiglia. Data l’esperienza positiva con la primogenita anche gli altri due figli Zaira e Khalid sono nati all’ospedale di Tione dove ho trovato un servizio ed un’accoglienza unica e speciale. Colgo l’occasione per ringraziare tutto il personale che ha lavorato al punto nascite di Tione di Trento che ora purtroppo è stato chiuso.

In quegli anni il desiderio di tornare a vivere vicino alla famiglia era molto forte, purtroppo però per mio marito africano venire a vivere in Trentino non era un’opzione per una serie di motivi tra cui il freddo, la presenza delle montagne che impedivano la vista dell’orizzonte e le persone non sempre pronte ad accogliere qualcuno che viene da una terra così diversa. Esclusa l’opzione Trentino a me è venuto naturale pensare di spostarci nel suo Paese e stare vicino alla sua famiglia! Eravamo già stati in vacanza in Gambia insieme tre volte ed in realtà l’idea di vivere in un Paese tropicale nel continente africano e vicino al mare mi era sempre piaciuta!

Come ha vissuto il trasferimento in Gambia?

Ho sempre sentito che trasferirmi qui era la cosa giusta da fare per la mia famiglia e soprattutto per i miei figli che avrebbero potuto comprendere appieno la cultura paterna e le loro origini. A livello lavorativo sentivo che in Italia non riuscivo ad esprimermi pienamente quindi avevo il desiderio di mettermi in gioco in un altro contesto. Inoltre da madre di 3 figli senza nessun aiuto pratico, la possibilità di avere qualche membro famigliare che mi poteva aiutare con i bambini e con la gestione della casa mi alleggeriva il “peso” sulle spalle. Il trasferimento è andato bene anche se i primi due anni sono stati molto intensi e la fase di adattamento ad una cultura così diversa è durata più del previsto!

I suoi bambini come vivono questa doppia identità?

I miei bambini sono molto felici di vivere qui in un ambiente tranquillo, semplice e molto naturale. Si sentono a loro agio sia in Gambia che in Italia e credo davvero che siano molto fortunati ad avere questa opportunità e spero che siano in grado di prendere il meglio da entrambe le culture.

Cosa vuol dire per lei fare la psicologa in Gambia?

Per me fare la psicologa qui è una missione di vita ed in realtà essendo l’unica psicologa clinica e psicoterapeuta anche una grande responsabilità! Mi sono sentita e mi sento tutt’ora una pioniera in un Paese in cui si sa poco o nulla di psicologia ed in cui ci sono pochissimi servizi nel campo della salute mentale.

Cosa le piace maggiormente del lavoro che fa e che progetti ha?

A me piace molto aiutare le persone a diventare più consapevoli di sè stesse e delle proprie qualità umane, a guarire le ferite del passato ed a scoprire nuove vie di gestione di pensieri, emozioni, abitudini e situazioni di vita. Mi piace vedere i clienti, ma anche avere a che fare con il management dell’organizzazione, formare il team ed il personale socio-sanitario, avere incontri istituzionali. Diciamo che mi piace molto la natura diversificata del mio lavoro qui in Gambia. Mi piacerebbe creare una piattaforma molto solida per la salute mentale in Africa occidentale e pensare di collaborare con il Ministero della Salute gambiano per rivedere le policy sulla salute mentale e mettere in campo servizi territoriali di qualità nelle diverse Regioni.

Qual è l'approccio alla salute mentale in Gambia e in Africa in generale?

In Gambia i pochissimi dati sulla salute mentale ci dicono che su una stima di 120.000 persone che soffrono di disturbi mentali ogni anno solamente 3.000 hanno accesso alle cure. Questo significa che circa il 90% dei casi di grave disturbi mentali non ha accesso a nessun tipo di servizio socio-sanitario (World Health Organization - WHO). I casi più moderati difficilmente trovano servizi disponibili, in quanto l’intero settore della salute mentale dispone di pochissimi servizi e per i casi più gravi fa riferimento ad un unico ospedale psichiatrico per l’intero Paese. Purtroppo la struttura è il più delle volte sovraffollata e per mancanza di risorse economiche le condizioni igieniche sono molto scarse, spesso mancano beni di prima necessità e a volte perfino le medicine non sono disponibili. La maggior parte del personale non ha una formazione specifica nel campo della salute mentale ed il più delle volte non ci sono risorse per garantire un follow up dei pazienti una volta dimessi.

In Gambia, in generale, l’approccio alla salute mentale è prettamente medico, ci sono poche ONG che si occupano di supporto psicosociale, ed il più delle volte non hanno professionisti qualificati a disposizione. Nel Paese non ci sono psicologi , c’è un solo psichiatra gambiano (gli altri pochi psichiatri sono cubani, spesso non parlano bene inglese, e rimangono nel Paese solo per un anno, senza quindi avere il tempo di comprendere la cultura), ci sono infermieri psichiatrici e assistenti sociali che provengono da un corso di formazione di 1 o 2 anni, non c’è il corso di laurea in scienze sociali.

In Africa in generale il disagio mentale viene spesso interpretato con il pensiero magico superstizioso dove si crede che gli spiriti si siano impossessati della persona e dove vengono coinvolti i guaritori tradizionali, qui chiamati marabout, per scacciare gli spiriti. C’è molta discriminazione per chi soffre di malattie mentali e non c’è molta conoscenza rispetto al disagio mentale più moderato che difficilmente, almeno in Gambia, viene preso in carico con il conseguente rischio a lungo termine di sviluppare patologie più gravi e/o di creare disagio nell’ambiente famigliare, lavorativo e comunitario.

Il tipo di società come influisce sulla vita dei giovani e sul loro disagio?

La globalizzazione sta mettendo a dura prova il sistema sociale tradizionale africano ed i giovani si ritrovano in questa “terra di mezzo” per cui non si riconoscono piu’ nei loro genitori e nei loro valori e dall’altra faticano a costruirsi un’identità solida e integra.

Come la gente del posto ha accolto il suo lavoro?

All’inizio i miei clienti erano prevalentemente stranieri, è stato molto difficile far riconoscere il mio lavoro agli abitanti gambiani. Ora però quasi tutti i miei clienti sono gambiani e con il passaparola il mio lavoro è notevolmente aumentato. Ci sono sempre più istituzioni che vogliono collaborare con POM e ultimamente abbiamo firmato un contratto di collaborazione con il Ministero della Salute.

Cosa si potrebbe fare per sconfiggere il pregiudizio che circonda ancora la malattia e il disagio mentale, anche in Occidente?

Secondo me bisognerebbe diminuire il giudizio in generale che le persone hanno verso sè stesse e di riflesso verso gli altri. Bisognerebbe creare più consapevolezza e conoscenza rispetto alla salute mentale, a partire dalle scuole. Ognuno dovrebbe impegnarsi a soddisfare i propri bisogni senza aspettare nessuno ed a prendersi la responsabilità della propria salute sia mentale che fisica. La nostra salute mentale è strettamente collegata a come siamo stati cresciuti, alle nostre esperienze da bambini, al modo in cui parliamo a noi stessi, alle nostre strategie di coping, a come viviamo la nostra vita; tutti noi abbiamo periodi in cui siamo “up” e periodi in cui siamo “down”.

Tutti sappiamo cosa vuol dire essere ansiosi, tutti sappiamo cosa vuol dire essere depressi o estremamente stressati, ecco si parla di malattia mentale quando l’ansia piuttosto che la depressione piuttosto che lo stress rimangono con noi per giorni, settimane mesi, riuscite ad immaginarvi questa cosa? Perché se ci riuscite allora naturalmente il giudizio potrà essere sostituito dall’empatia che ci porta a comprendere il malato di depressione o di disturbi d’ansia e a provare compassione. E quando c'è compassione il giudizio scompare! E’ importante infine rendersi conto che la salute mentale appartiene a tutti noi e che nessuno è immune dallo sviluppare una malattia mentale.

Come si vive in Gambia?

Il Gambia è un Paese molto piccolo, in cui moltissimi sono legati da relazioni familiari. È come vivere in un grande paese dove tutti si conoscono. Le persone sono molto giovani e la maggior parte della popolazione è costituita da bambini. C’è caldo tutto l’anno e la vita si svolge prevalentemente all’aria aperta. Le sfide pratiche sono innumerevoli causa condizioni climatiche e scarsa qualità dei materiali venduti qui, per cui spesso le priorità giornaliere ruotano intorno a beni primari che non sono affatto scontati come luce, acqua, mobilità.

Per certi versi la vita qui è molto stancante, piena di imprevisti e di fatiche fisiche, dall’altra però è molto stimolante perché è sempre una nuova scoperta e le persone sono sempre pronte a condividere ed a godersi l’attimo presente.

Qual'è il suo rapporto con il Trentino?

Quasi tutta la mia famiglia paterna vive in Trentino e per me è sempre un grande piacere tornare tutti gli anni. Adoro l’estate in montagna, le passeggiate in alta quota e le rinfrescate nei ruscelli! Durante la mia ultima visita in agosto mi è stato possibile iniziare a tessere delle nuove relazioni con professionisti della salute mentale dell’azienda sanitaria trentina che spero mi portino ad aprire nuove collaborazioni e a conoscere meglio la realtà dei servizi di salute mentale in Trentino.

Vuole lasciare un messaggio a chi sta leggendo?

Mi piacerebbe ricordare a tutti che migrare non è facile e che spesso, anche se non nel mio caso, si è spinti da delle cause di forza maggiore che andrebbero accolte e comprese. Mi piacerebbe inoltre incoraggiare tutti a prendersi cura del proprio benessere emotivo e della propria salute mentale perché essa si riflette non solo sulla nostra vita, ma anche su quella dei nostri cari e delle generazioni future!

NOTA: "Peace of Mind" è in continua ricerca di nuove collaborazioni e fondi per una progettualità sostenibile, contattaci a info@peaceofmindgambia.org.

 
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