Emigrazione / Trentini all’estero

Da Segonzano a Innsbruck per fare la traduttrice (anche di russo) e l’imprenditrice: “Bellissimo scoprire”

Continua il viaggio alla ricerca delle storie dei trentini che si stanno facendo onore all’estero: questa volta è il turno di Fabiana Villotti

STORIE Le interviste dei trentini all'estero

TRENTO. Si chiama Fabiana Villotti, viene dal Trentino e nello specifico da Segonzano. Ha frequentato il Liceo Linguistico a Trento e poi ha continuato i suoi studi in traduzione ed interpretariato presso l’Università di Innsbruck. Vive ad Innsbruck da otto anni, durante i quali ha potuto fare esperienza in numerosi campi, permettendo quindi, anche un miglioramento della sua conoscenza della lingua. Si è raccontata attraverso Mondo Trentino.

Come è nata l’idea di trasferirsi a Innsbruck e come è avvenuto il tutto?

Ho sempre ritenuto che l’apprendimento “empirico” fosse, almeno nel mio caso, più efficace. Il processo di apprendimento di una lingua straniera è estremamente lungo e complicato e richiede numerosi stimoli. Imparare una lingua straniera “in loco” ha sicuramente facilitato almeno la prima parte di questo viaggio. La stessa applicazione della lingua straniera in un contesto quotidiano è stata una vera e propria sfida: fare la spesa, pagare le bollette, aprire un conto corrente - azioni che di per sé possono sembrare anche banali, sono diventate invece degli ostacoli non da poco.

La scelta di fare di Innsbruck la mia nuova “casa” è ricaduta grazie al caso. Stavo visitando varie università in giro per l’Europa e per un giorno mio papà mi ha fatto presente che l’Università di Innsbruck sarebbe potuta essere una valida alternativa. Ad essere sincera, già mi vedevo a vivere in una metropoli, poi ho visitato Innsbruck e nel giro di alcune ore mi sono innamorata della città, ho prenotato una camera in studentato e già fissato gli appuntamenti con l’Università.

Quali sono le lingue che ha studiato e qual è il suo lavoro?

Ho iniziato a studiare il tedesco ancora in Italia, lingua che mi è sempre piaciuta a cui poi si è aggiunto l’inglese ed il russo. Sono lingue che poi ho approfondito durante il mio percorso accademico e che in seguito sono diventate le mie lingue di lavoro. Nella fattispecie, tedesco ed inglese sono per me lingue attive (ovvero che posso tradurre da e verso una determinata lingua), mentre il russo è la mia lingua passiva (traduco unicamente dal russo e non verso il russo).

Come si è avviata la sua attività, quali sono gli aspetti che più le piacciono del suo lavoro di interprete/traduttrice e quali sono i suoi clienti?

I miei clienti spaziano per provenienza, ma mi sono focalizzata soprattutto nella zona mitteleuropea. Per quanto riguarda invece il settore in cui opero, sono aziende prevalentemente attive nell’ambito del turismo, marketing e  business che sono d’altronde anche i campi in cui mi sono specializzata. L’apertura dell’attività non è stata di per sé complicata, fatta eccezione per l’aspetto burocratico. Ciò che, ad oggi, risulta essere l’aspetto più “ostico” è rimanere attivi e continuare ad evolversi.

Per quanto mi riguarda creare un’azienda è un processo che si compone di diverse parti. In primo luogo, naturalmente la vera e propria “apertura” dell’attività, a cui però segue un processo di promozione e networking che richiede molto tempo e pazienza. A volte questo secondo passaggio può, addirittura, iniziare prima della stessa apertura dell’azienda: attraverso un accurato networking, discussioni con grafici ed esperti per la creazione del logo e del corporate identity dell’azienda ecc.

Accanto agli aspetti di marketing, si pone il continuo sviluppo ed evoluzione delle proprie capacità: il processo di studio linguistico è -per (s)fortuna- una strada senza fine e ne consegue che oltre a corsi formativi per rimanere al passo con i tempi, serve una costante formazione anche da un punto di vista settoriale (corsi linguistici, corsi tecnici ecc.). Ritengo che proprio questa continua “ricerca di conoscenza” sia uno degli aspetti che mi affascinano di più di questo lavoro.

Il processo di resa (sia nella traduzione che nell’interpretariato) non si limita alla traduzione – nel vero senso della parola- di un termine dalla lingua A alla lingua B, bensì interessa anche una serie di aspetti e sfumature culturali, che è possibile apprendere unicamente se ci “si tuffa” direttamente nella lingua e nella materia, attraverso appunto, un percorso di studio ad hoc.

Ha creato un suo sito web per la sua attività, come si promuove solitamente e come raggiunge nuovi clienti?

Si, il sito è fvinttra.com, poi utilizzo Instagram (@fvinttra) e Facebook (@fvinttra). Nel mio caso si tratta di un vero e proprio contatto e richiesta diretta da clienti privati. Lavoro tanto con clienti diretti, ma i sodalizi che si sono creati sono il frutto di un grande lavoro di networking iniziato anni fa.

La capacità anche di fare l’interprete crediamo sia davvero una dote, come si trova in questo ruolo? Si sente più portata verso la traduzione di scritti e testi o nel fare l'interprete? Cosa significa e come avvengono traduzioni e interpretariato? Quali competenze e capacità occorrono?

Come per ogni professione, credo che bisogni avere una certa propensione. Quando mi chiedono come funziona nello specifico l’interpretariato rispondo che – per quanto mi riguarda- sento il “cervello che si divide in due”.

Senza perderci in discorsi troppo fantascientifici, semplicemente la parte destra del mio cervello ascolta il messaggio e lo elabora, mentre la sinistra produce e ascolta la mia resa. Questo è anche uno dei motivi per i quali il mio orecchio sinistro rimane sempre un po’ più scoperto rispetto al destro, che invece è interamente coperto dalle cuffie.

La traduzione e l’interpretariato sono due campi completamente diversi. Se nel primo caso il processo di traduzione è un processo lungo che permette ovviamente un controllo del prodotto finale, nel caso dell’interpretariato la prima resa è già il prodotto finito. L’adrenalina che provo in cabina non è paragonabile alla traduzione di un testo, durante il quale, la tensione si dissipa durante tutto il processo.

Credo che la prontezza di risposta, richiesta durante l’interpretariato, rispecchia molto il carattere, oltre alla richiesta di lavorare sotto stress. Cerco per natura sempre nuove sfide e l’interpretariato me le offre.

Gran parte del lavoro avviene, sia per l’interpretariato che per la traduzione, dietro le quinte. Nel caso della traduzione, la preparazione avviene sia prima di iniziare il vero e proprio lavoro di traduzione che durante.

Per quanto mi riguarda sono solita dividere la vera e propria traduzione in tre momenti. Presupposto il fatto che sono solita tradurre nei settori che conosco e nei quali lavoro da anni, dopo aver visionato il materiale, procedo ad una prima stesura della traduzione.

Piccolo dettaglio che mi aiuta a mantenere un “legame costante” con una traduzione: quando traduco ascolto spesso e volentieri della musica, però solo nella lingua in cui traduco e quando ho bisogno di “liberare la mente” prendo una pausa dalla traduzione.

Il concetto di time management l’ho sviluppato durante gli anni di Università: per gli esami -che erano traduzione- avevamo a disposizione 1 ora e mezza. Concentravo la vera e propria traduzione durante i primi 50 minuti. Poi prendevo 5-10 minuti di pausa e solo poi passavo alla correzione. Questo genere di procedura l’ho mantenuta anche per il lavoro. Dopo aver realizzato la prima bozza si susseguono diverse fasi di redazione (per sintassi, grammatica, contenuto, stile ecc.). Una volta terminata, la traduzione passa ad un correttore bozze di madrelingua, che controlla ancora una volta la mia traduzione.

Nel caso dell’interpretariato, la preparazione richiede più tempo rispetto alla performance. Anche in questo caso il tema affrontato e l’ambito giocano un ruolo importante. Come mi preparo per un interpretariato, varia in base alla tipologia. In linea di massima nelle giornate precedenti, oltre a stilare un glossario, salvarlo nei vari software che utilizzo in cabina o meno, faccio esercizi di interpretariato (dove mi registro e riascolto le mie rese). Nel caso di un interpretariato in consecutiva, qualora sia necessario, invento nuovi simboli per la presa di appunti. Mi informo sui relatori, cerco – se disponibili - video dove parlano su Youtube, per abituarmi al ritmo e alla voce. Per una consecutiva utilizzo anche software per la traduzione estemporanea ed in generale faccio molto esercizio. Poi ci sono delle accortezze, o meglio dei trucchi, che utilizzavo in Università e ho continuato ad usare per migliorare la memoria: giocare a memory, memorizzare brevi notizie del telegiornale, memorizzare indirizzi e numeri di telefono di fantasia ecc.

Giusto prima dell’interpretariato preparo i block-notes, controllo le penne e cerco di riposarmi il più possibile, o meglio di non caricare troppo il cervello.

Le piace dove vive attualmente, quali sono i pro e i contro? Ha previsioni per il futuro?

Mi sono trasferita in Austria per migliorare la lingua e ritengo che sia stata effettivamente la strategia vincente. Vivere ad Innsbruck mi permette di vivere con un piede in Italia e con l’altro in Austria, data anche la vicinanza e la comodità nei trasporti.

Uno dei punti di forza di questa città sono sicuramente le molteplici opportunità che offre sia da un punto di vista lavorativo che privato. Le possibilità di conoscere persone, anche provenienti da diversi background sono diverse, permettendo così di creare una rete di amicizie internazionali. La vicinanza a poli di scambio e aeroporti importanti come Monaco ha svolto certamente un ruolo importante. Per non contare poi la natura che circonda e caratterizza la città.

I contro sono anche di carattere linguistico. Lo stesso dialetto locale non è sempre facile da capire, anche se viene usato in quasi ogni campo della vita quotidiana e di certo il costo degli immobili non è un fattore da evitare.

Come ha vissuto i periodi di lockdown causati dalla pandemia e dalle restrizioni? Ora come si vive la situazione?

La prima ondata, così come il primo lockdown (che per intendersi è durato da marzo a giugno in Austria) è stato particolarmente intenso. Ai tempi lavoravo come hostess di terra all’Aeroporto di Innsbruck e mi ricordo che esattamente l’ultimo weekend di lavoro, prima che l’Aeroporto venisse chiuso, abbiamo imbarcato circa 10.000 passeggeri, che per il traffico di Innsbruck è un volume immenso.

Con il Covid si è ribaltato un po’ tutto, hanno chiuso i confini e per prudenza e protezione anche di parenti anziani sono rimasta in Austria: alla fine venivo da un weekend di lavoro all’aeroporto e non volevo rischiare di trasportare il virus.

Una volta riaperti i confini sono tornata in Italia e poi ho lavorato in smart-working. Lavorando quasi solo da remoto – come traduttrice ed insegnante - la mia routine non ha subito un vero e proprio cambiamento.

Ad oggi la situazione è certamente più rilassata, sia da un punto di vista di spostamenti, lavorativo, ma anche quotidiano.

Come vive la vicinanza fisica con il Trentino? Torna spesso? Vuole lasciare un messaggio a tutti i trentini?

Appena posso, e se non sono in viaggio, torno spesso in Trentino. Il Trentino è casa, mentre Innsbruck è casa-casa (almeno così è il modo in cui le distinguo, anche in tedesco). Il Trentino è il mio happy-place dove ricaricare le energie (e dove comprare la pasta ed il caffè). Il messaggio che mi sento di dare è quello di “scoprire” nel senso lato del termine e “conoscere”; queste sono sempre buone cose!

 

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