Trento / Il caso

Gara deserta per rifare l'Istituto professionale Pertini di via Chini

Nessuna impresa si è presentata per concorrere all'appalto da 19 milioni e mezzo per la ricostruzione del polo della formazione, che è di proprietà provinciale. Il presidente dell'Ance, Andrea Basso: «Fatto sintomatico della gravissima situazione in cui versa attualmente l'edilizia in Trentino, schiacciata da costi in continuo aumento e da un ente pubblico che ha ritoccato il prezziario in misura insufficiente»

di Daniele Battistel

TRENTO. Soltanto qualche anno fa avrebbe solleticato gli appetiti di imprese anche da fuori regione, ora la ricostruzione dell'edificio che ospita l'Istituto di formazione professionale Sandro Pertini di via Chini rischia di slittare.

Anzi, gli aspiranti acconciatori, estetisti e operatori del legno saranno (si spera per loro!) apprezzati professionisti quando la loro scuola avrà finalmente una sede come si deve dopo l'abbattimento della vecchia abbattuta i cui soffitti erano collassati.

È successo che martedì scorso è andata deserta la gara per la ricostruzione del complesso che da dopo la guerra per una quarantina d'anni aveva ospitato il seminario dei sacerdoti dehoniani e che poi era stato acquistato dalla Provincia per trasformarlo in polo della formazione (Enaip e poi Pertini).Ebbene, tanto gli imprenditori edili trentini quanto quelli del resto d'Italia hanno ritenuto non congruo (ai costi attuali) il valore di 19 milioni e mezzo fissato dalla Provincia.

«Il fatto che nessuna impresa in tutta Italia abbia deciso di partecipare è sintomatico della gravissima situazione in cui versa attualmente l'edilizia in Trentino, schiacciata da un lato dai costi in continuo aumento e dall'altra da un ente pubblico che ha ritoccato il prezziario in misura insufficiente» attacca Andrea Basso, presidente dei costruttori Ance.

«È un problema doppio perché le gare che vanno deserte sono comunque un costo per le istituzioni e noi cittadini» spiega Basso. Che ribadisce - per l'ennesima volta - il nocciolo del problema: «I prezzi fissati dalla Provincia non sono adeguati, e noi siamo l'unico territorio dove il Decreto aiuti non è stato recepito. La legge provinciale per aiutare le imprese per il caro materiali non funziona perché il prezziario è troppo basso. Anche in Veneto, dove c'è più concorrenza e costi inferiori, il prezziario su molte voci è più alto del nostro».

Secondo il presidente dell'Ance trentina - sentito al telefono mentre era in viaggio verso Roma proprio per discutere a livello nazionale l'emergenza costi - le linee guida per la rinegoziazione dei prezzi decise dalla Provincia «non potranno funzionare bene perché c'è un eccessivo margine di interpretazione delle regole e soprattutto perché il nostro prezziario non è adeguato».

Il fatto di dover giustificare l'aumento dei costi per l'acquisto del materiale non può funzionare perché non è detto che a posteriori l'ente appaltante riconosca effettivamente l'aggravio. Quale ditta, in una situazione già precaria, sborsa di tasca propria se non è sicura che almeno l'80 per cento di extracosto le viene rimborsata?Oltre a quello veneto, Basso cita il caso dell'Alto Adige, dove il "listino" è mediamente più alto del 20 per cento.

«Cosa - ribadisce il capo dei costruttori trentini - che dovrebbe avvenire anche da noi, almeno per tutto il 2023. Se poi le cose dovessero sistemarsi e l'inflazione tornare a scendere pronti a ridiscutere un eventuale taglio».

Ci chiediamo: quale sarebbe dovuto essere il giusto valore dell'appalto dell'istituto Pertini ai costi odierni di materiali ed energia? Dopo un confronto con qualche collega che aveva visionato con cura il bando (e poi evidentemente deciso di non partecipare), Basso risponde: «Considerando la natura "a corpo" con tutti i rischi che questa inevitabilmente comporta, considerando che per molte lavorazioni addirittura non era stato possibile avere una quotazione per la mancanza dei materiali, ritengo che l'appalto dovesse come minimo uscire con un rialzo del 25-30 per cento. Come d'altronde lo hanno fatto per i lavori Rfi del Pnrr». Insomma all'incirca 6 milioni in più: da 19,5 a 25,5.

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