Giustizia / Il caso

Gravi lesioni al bimbo, in gita al Caseificio di Coredo aveva mangiato formaggio: si va a processo

I controlli sul caseificio da parte dell'autorità sanitaria e il successivo sequestro del lotto da parte dei carabinieri del Nas, erano scattati dopo che il piccolo (che all'epoca aveva 4 anni) era stato male dopo avere mangiato del formaggio acquistato (questa la ricostruzione degli inquirenti) presso quel punto

COREDO Formaggio sotto accusa

di Flavia Pedrini

TRENTO. Lesioni personali colpose gravissime. È questa l'accusa di cui devono rispondere l'ex presidente del caseificio sociale di Coredo, Lorenzo Biasi, e il casaro Gianluca Fornasari. La procura di Trento ha citato entrambi a giudizio nell'ambito del procedimento aperto per la terribile infezione contratta da un bambino dopo avere mangiato del formaggio contaminato dall'escherichia coli (un batterio contenuto nel latte crudo). I due imputati dovranno comparire il 1° dicembre davanti al giudice di pace di Cles, competente per questo reato.

Arriva dunque ad una svolta l'inchiesta che era stata aperta dopo il caso del formaggio posto sotto sequestro nel 2017 per la presenza di escherichia coli, una vicenda per la quale ad inizio marzo i due imputati erano stati condannati per violazioni delle norme di igiene in materia di alimenti (la sentenza è stata impugnata ed è pendente il giudizio in Cassazione).

I controlli sul caseificio da parte dell'autorità sanitaria e il successivo sequestro del lotto da parte dei carabinieri del Nas, erano scattati dopo che il piccolo (che all'epoca aveva 4 anni) era stato male dopo avere mangiato del formaggio acquistato (questa la ricostruzione degli inquirenti) presso il caseificio.

Lo scorso anno il procedimento penale per lesioni aveva preso la via dell'archiviazione. La procura, sulla base di quanto emerso da una prima consulenza tecnica, era giunta infatti alla conclusione che non fosse possibile stabilire con certezza se il contatto con il temibile batterio fosse dovuto al consumo del formaggio contaminato o a un' altra ragione.

A quella richiesta di archiviazione si era però opposto l'avvocato Paolo Chiariello, al quale si è rivolto il padre del bambino, chiedendo che venisse fatta piena luce sulla vicenda: «Vogliamo solo sia accertata la verità su quanto successo».

L'avvocato della parte offesa aveva prodotto nuove consulenze, da parte di esperti di Seu: la professoressa Silvia Bonardi, docente di ispezione degli alimenti di origine animale all'Università di Parma; il professor Lapo Mughini Gras, epidemiologo dell'Università di Utrecht; un medico del Policlinico di Milano specializzato in nefrologia pediatrica.

Anche le indagini difensive condotte chiudevano la porta ad altre possibili cause prese in considerazione, come la presenza del batterio in una piscinetta: analisi sull'acquedotto fatte proprio in quei giorni avevano escluso la presenza di escherichia coli.

Il legale di parte lesa aveva anche escluso l'ipotesi di un contagio attraverso animali perché il bimbo aveva il terrore di cani e gatti a cui non si avvicinava mai. Proprio alla luce della corposa documentazione prodotta la procura aveva ritirato la richiesta di archiviazione e disposto una nuova consulenza (affidata al dottor Arditissimo). E alla luce del quadro emerso le conclusioni sarebbero state le medesime della parte offesa: l'infezione nel bambino, che tuttora è in cura e necessità di costante assistenza, sarebbe stata provocata dal formaggio contaminato.

Un'accusa - è bene ribadirlo - che ovviamente andrà dimostrata: la difesa dei due imputati ha sempre rivendicato la correttezza del loro operato. Nell'atto di citazione a Biasi viene contestato - allora nella sua qualità di presidente - di avere prodotto e immesso nel circuito commerciale «prodotti caseari con cariche microbiche superiori ai limiti di legge (escherichia coli produttrice di shigatossina) e a Fornasari di avere omesso di domandare «adeguati controlli» e di non avere richiesto «a Trentingrana Concast di effettuare delle ispezioni sul campo al fine di verificare le condizioni igieniche delle stalle dei conferitori con lo scopo di garantire la produzione di latte con idonei requisiti igienico sanitari». Latte crudo che sarebbe stato poi stato usato per la preparazione di formaggio.

Queste condotte (ed altre omissioni), per l'accusa avrebbero «determinato le condizioni» affinché il bambino, «a seguito dell'acquisto e consumo del formaggio "Due Laghi", contaminato da escherichia coli produttrice di shigatossina, contraesse una patologia infettiva, sindrome di Seu, dalla quale derivavano lesioni gravissime».

Dunque, per la procura, sarebbe dimostrato il nesso di causalità, anche alla luce di nuove analisi fatte sul ceppo rinvenuto nel formaggio incriminato. In dicembre si aprirà il processo, al quale la parte offesa si costituirà parte civile e la parola passerà al giudice.

 

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