Siccità / Intervista

Zaia: «Ci serve l'acqua del Trentino per il Veneto. Ma ho paura che non basterà»

Il presidente della Regione Veneto ringrazia Tonina ma traccia scenari apocalittici: «Il problema non è più solo dell’agricoltura, riguarda la salute delle persone, perciò ho chiesto lo stato di emergenza»

TRENTINO Alla fine daremo l'acqua alla Lombardia (ma si tutela Dolomiti Energia)
GOVERNO Sì allo stato di emergenza per cinque regioni

di Leonardo Pontalti

TRENTO. «Tonina ha ragione, pianificare un nuovo approccio, virtuoso, per le risorse idriche è fondamentale. Ma non so se ci rendiamo conto dell'eccezionalità della situazione. Io, senza falsa modestia, avevo chiesto lo stato di emergenza ancora ad aprile. E siamo a luglio. Senza che gli allarmi che avevamo lanciato per tempo fossero raccolti per poter intervenire prima e meglio».

Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia è molto preoccupato. Gli "aiuti" potrebbero non bastare.

Dagli invasi trentini arriverà acqua sia sia per il Veneto che per la Lombardia. È un sacrificio non da poco per il territorio. E soprattutto, basterà?

«Devo ringraziare il Trentino, come anche l'Alto Adige, per l'aiuto che stanno dando, anche perché lo sappiamo tutti che la situazione è drammatica, per tutti. Il tavolo tecnico che gestisce concretamente la questione dei maggiori rilasci nell'Adige è costantemente aperto. Quello che è stato fatto è importante ma non so davvero, se potrà bastare.

Anche perché quello dell'Adige è per il Veneto solo uno dei bacini in sofferenza.

Il dilemma trentino: più acqua ai vicini di pianura, meno produzione elettrica. Ecco cosa succede in val di Pejo

Non è facile la situazione del Trentino di fronte all’emergenza siccità che attanaglia il Paese. Da un lato le regioni di pianura sollecitano il rilascio di acqua dalle doghe di montagna, per far fronte alle esigenze dell’agricoltura, dall’altro così facendo si taglia la produzione di energia elettrica. Siamo andati a vedere cosa succede in val di Pejo.

«È questo il punto. Il Piave ormai è solo ghiaia. Della situazione del Po si sa, un dramma. Il cuneo salino (il movimento dell'acqua di mare nel risalire il corso dei fiumi dalla foce, a causa del basso livello della portata dei corsi d'acqua, ndr) ha raggiunto i venti chilometri per quel che riguarda proprio il Po. Significa che i centri abitati che sorgono lungo quei venti chilometri non possono al momento contare sull'acqua del fiume. Per uso civile o agricolo».

A Rovigo e dunque per quel che riguarda l'Adige, la situazione non è così difficile al momento.

«Ma non c'è da stare allegri. Per questo la disponibilità trentina a intervenire per mantenere, attraverso maggiori rilasci, quella portata di 80 metri cubi al secondo alla foce dell'Adige che impedisce la risalita dell'acqua di mare, è fondamentale».

Anche in Trentino la situazione non è delle migliori. Le richieste di aiuto potrebbero non esaurirsi dopo questa prima "mano tesa"?

«Ripeto, c'è un tavolo tecnico che sta curando questi aspetti, la definizione concreta dei quantitativi, la durata, le necessità a cui dobbiamo fare fronte e i modi in cui si può fronteggiare questa emergenza. Quel che è certo è che non piove, seriamente, da 150 giorni e in ballo iniziano a esserci non solo le coltivazioni - già in ginocchio - e le attività di agricoltura e allevamento, ma anche la salute stessa delle persone. La situazione è serissima. E quel che è peggio è che non possiamo essere neppure sicuri di poter attendere con ansia, ma con serenità le precipitazioni».

Le piogge sono l'unica soluzione possibile, almeno nell'immediato.

«Ma il recente passato ci ha ormai insegnato che dopo momenti di siccità, o comunque momenti di lunga assenza di precipitazioni, poi il maltempo torna in maniera intensa, distruttiva. Siamo di fronte a una situazione caratterizzata da manifestazioni estreme del clima e proprio per questo la mia richiesta dello stato di emergenza era arrivata per tempo».

Nel frattempo, per quel che riguarda la situazione dell'Adige, non siamo ancora in piena emergenza. Chiariamoci: la situazione è gravissima e a dirlo sono le statistiche: la media storica della portata all'altezza del ponte di San Lorenzo nel periodo 20-27 giugno è pari a 330 metri cubi al secondo. Quest'anno si è attestata a 193, con la portata media mensile di tutto giugno andata a fatica oltre quota 200 metri cubi al secondo.

Alla foce storicamente l'Adige ha una portata media pari a 235 metri cubi al secondo: ora si viaggia a stento attorno ai 100 metri cubi.

È proprio per questo che è stato chiesto il rilascio di acqua da Santa Giustina e Stramentizzo, in modo che Noce e Avisio scarichino nell'Adige un maggior flusso: quando la portata nel Rodigino si attesta a meno di 80 metri cubi al secondo, l'acqua di mare inizia a risalire il corso del fiume.

Descritta la situazione critica, per ora non è ancora scattata l'emergenza: gli esperti hanno stimato che le difficoltà alla foce scattano quando a Trento l'Adige scorre con una portata inferiore ai 150 metri cubi al secondo e i dati degli ultimi giorni si sono attestati su valori variabili tra 190 e 160. L'allerta è dietro l'angolo.

 

 

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