Fauna / Il caso

Divieto di immissione di trote nelle acque trentine, i pescatori: «questo è l'inizio della fine della pesca in Trentino»

L’assessora Zanotelli annuncia il «via libera», ma in verità ci sono pesantissime limitazioni che secondo i sodalizi porteranno «alla chiusura degli impianti, al licenziamento dei dipendenti e a una drastica riduzione dei permessi di prelievo». 

ASSESSORA Cosa ha detto oggi Giulia Zanotelli

di Gigi Zoppello

TRENTO. Un comunicato stampa dell’assessora Giulia Zanotelli, oggi, annuncia trionfalmente che la giunta ha dato il «via libera» «via libera» all'immissione di trota fario nelle acque provinciali, con l’approvazione dello «Studio di rischio», chiesto dal Ministero per la deroga. Ma le associazioni dei pescatori trentini riportano il trionfo a terra: «questo è l’inizio della lenta agonia della gestione della pesca in Trentino: ora pensiamo alla chiusura degli impianti di allevamento, dovremo licenziare il personale, le associazioni più piccole spariranno». Insomma: una catastrofe.

Ce lo spiega Fabio Arnoldi, presidente della Federazione Pescatori trentini.

«Il Piano di Rischio è stato fatto dalla Provincia e mandato a Roma, ed è ritornato con le osservazioni di Ispra e Ministero, che impongono tanti limiti. Il Piano era basato sull’analisi biologica dei corsi d’acqua trentini, sia fiumi che torrenti e laghi, e conteneva una classificazione in base alla fauna ittica. Quindi si sono introdotte delle “colorazioni”. Nella zona “integrale” è vietato qualsiasi tipo di immissione. Nella zona “orientata” è ammessa l’immissione della fario ma con limitazioni. Nella zona “standard” è ammessa l’immissione di fario, ma in base alla media delle introduzioni del periodo 2017-2019. Infine c’è una zona verde».

Quindi l’immissione della fario è possibile? «Sì, ma solo in occasione di gare di pesca, ma 15 grammi per metro quadro dello specchio d’acqua, solo trote femmine adulte, e sterili, con certificazione di sterilità al 95%. Vietato immettere uova o avannotti».

In pratica? «In pratica, noi facevamo le semine di uova e avannotti per ripopolare i torrenti. Ora non è più possibile» spiega Arnoldi.

Ora Zanotelli annuncia analogo Studio per la trota marmorata. Cosa che lascia scettici i pescatori. «In commercio non si trovano trote marmorate, il costo di allevamento è enorme. Le alleviamo solo noi delle associazioni. Ma la marmorata é presente solo nei torrenti di fondovalle, ha bisogno di importanti volumi di acqua. Con il divieto, ora, si va incontro a pesanti limitazioni del prelievo nei torrenti di montagna». Anche perché se non si possono seminare le uova o i piccoli, «Immettere una trota adulta vuol dire vederla morire, perché la trota cresciuta in allevamento non è in grado di procurarsi il cibo». 

Le conseguenze della nuova norma? Per Arnoldi «La chiusura delle associazioni più piccole; e per quelle più strutturate, la significa riduzione delle attività: vuol dire chiudere gli impianti, e licenziare il personale. In pratica è partita una lenta agonia. Entro la fine del 2023, il sistema di gestione della pesca trentina sarà scomparso».

Tutti questi problemi i pescatori li hanno fatti presenti in una lettera alla Provincia, la settimana scorsa. Una lettera scritta da tutti i presidenti dei pescatori trentini.

«Le criticità, se non rimosse, porteranno alla chiusura di tutte le nostre associazioni» hanno scritto alla assessora Zanotelli.

I pescatori ricordano che la gestione trentina è «un fiore all’occhiello», frutto di tanti anni di lavoro volontario e gratuito: i pescatori sono «sentinelle del territorio, di ogni piccolo inquinamento, dello stato di salute dell’ambiente». E ora? «Nello Studio del Rischio, modificato con il parere di Ispra, nella versione di aprile non ci sono documenti che consentono una gestione della pesca in modo ordinato e strutturato come i piani di gestione e la carta ittica e per questo sono stati ritenuti dalle associazioni documenti non tutelanti per la  gestione della pesca trentina». 

Poi di male in peggio: «la versione di giugno è talmente limitante che comporterà una riduzione tale dei numero dei soci che nell’immediato le associazioni più  piccole dovranno gioco forza interrompere 

la loro attività, mente quelle medio grandi dovranno  ridurre i costi di materiali e del personale nella speranza di  sopravvivere». 

Il fatto è che non è così in altre parti d’Italia: «In altre regioni stanno proseguendo con il piano semine  

di specie definite oggi alloctone (ultimo provvedimento in ordine di tempo è quello adottato dalla Regione Veneto, che di fatto prolunga l’immissione fino al 31 dicembre 2022)».

Duro l’attacco politico alla giunta: «le associazioni  in questo   momento di particolare difficoltà  non si sentono rappresentate e tutelate dalla politica locale e nazionale».

Non c’è via di uscita? Per Stefano Martini, dell’Unione pescatori trentini, «L’unica speranza che ci resta è che ci sia un intervento del Tavolo di Lavoro istituito lo scorso anno a Roma. Una commissione incaricata proprio di studiare le soluzioni. Però è in alto mare, e si è dato un orizzonte di lavoro per la fine del 2023. Almeno che si diano una mossa...»

Per Martini «Si potrebbe intanto, come Provincia, consentire con propria delibera almeno lo smaltimento del materiale che abbiamo nei nostri allevamenti: un patrimonio di un sistema che funzionava e che dopo decenni e decenni aveva trovato un modello di funzionamento. E’ un patrimonio tutto trentino, invidiabile, che ora viene messo a rischio».

I pescatori sono delusi: «Un dispiacere grossissimo. Queste norme decretano la fine della coltivazione della trota, se vogliamo darne una sintesi estrema» conclude Martini.

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