Salute / Il nodo

Emergenza nei Pronto Soccorso, Ferro cerca i medici anche in Argentina (ma che abbiano parenti trentini o italiani)

Il direttore dell’azienda Sanitaria parla di difficoltà «ma meno che nel resto d’Italia», promuove il servizio che comunque è assicurato, ma non sa ancora dire quanti nuovi medici entreranno in servizio

di Patrizia Todesco

TRENTO. I medici dei pronto soccorso del Trentino sono sul piede di guerra per l'eccessivo carico di lavoro. Dalla loro parte si è schierato il presidente dell'Ordine dei medici con il presidente Marco Ioppi che ha bocciato l'idea delle cooperative e ha parlato di situazione drammatica. Ma il direttore dell'Azienda sanitaria Antonio Ferro assicura: «Abbiamo un piano per poter garantire tutte le prestazioni e mantenere tutti i punti pronto soccorso aperti».

Pronto soccorso aperti, ma c'è il problema della carenza di personale.

Abbiamo bandito numerosi concorsi, certo con risultati non soddisfacenti, ma ciò è accaduto anche nel resto d'Italia, visto che sono già dovuti ricorrere alle cooperative sia a Padova che a Verona, quindi non in zone disagiate.

L'altro elemento è quello della libera professione.

Con l'aumento delle quote è stato possibile attirare un certo numero di professionisti. Siamo fiduciosi di poter avere qualche elemento in più nei prossimi mesi per garantire le ferie ai nostri medici nei mesi di luglio e agosto. Poi abbiamo le procedure per attingere ad altri professionisti che in qualche modo possono coprire i turni e aiutare i pronto soccorsi, come stiamo facendo nelle comunità di valle sia con i chirurghi che con i medici di medicina interna.

Che non sono però particolarmente felici di questa soluzione.

Lo so, ma un conto è se uno deve lavorare sempre in pronto soccorso un altro è coprire qualche turno. In un'ottica di supporto tra i vari reparti, questa è un'ipotesi che abbiamo discusso con i direttori di unità complessa. Se riusciamo a disporre di un numero di persone più ampio, anche questa è una soluzione per far ricadere su più professionisti i turni in pronto soccorso, che poi il tutto viene gestito sempre dal direttore di unità complessa.

E se tutto questo non dovesse bastare?

Abbiamo in ballo una procedura concorsuale per medici Extra Ue, in particolare argentini che hanno parenti italiani e trentini. In collaborazione con una fondazione stiamo cercando di superare alcuni ostacoli per poter poi fare dei contratti a tempo determinato. È un bando nuovo, innovativo, che se va bene sarà aperto in altri paesi.

Poi c'è il discorso delle cooperative di medici.

Questa ipotesi ha continuato ad essere letta molto male dalla stampa ed è sbagliato. Abbiamo avuto già delle risposte che teniamo come ultima possibilità, prima vediamo le altre. In ogni caso non si tratta di privatizzare i pronto soccorso, ma di far fare a questi medici delle cooperative i codici bianchi e codici verdi con la direzione che rimane in capo alla Apss. È comunque un'opzione che l'Azienda doveva cercare perché quello che non può capitare è che si arrivi alla chiusura di sedi di pronto soccorso con persone che devono concentrarsi in alcuni punti perché altri non garantiscono più il servizio. Chiaro che una direzione strategica deve percorrere tutte le strade, tra cui anche questa che non è assolutamente quella che stiamo seguendo in questo momento. Quindi nessun timore. E comunque va detto che il fatto che vengano fuori questi elementi è negativo dal punto di vista comunicativo per i professionisti che potrebbero voler venire a lavorare qui. Quindi è importante che in questo momento si metta in luce la situazione attuale, che è una situazione che vede una risposta importante dell'Azienda. Si parla di 86 mila prestazione fatte da gennaio, numeri simili a quelli del 2019. Stesse prestazioni ma con un numero ridotto di medici.

La conferma che il carico di lavoro che grava su questi professionisti è davvero elevato.

Il problema c'è ma non in termini personali perché se osserviamo le ore di straordinario fatte nell'anno precedente sono simili a quelle fatte quest'anno. Certo c'è stress lavorativo, perché ci sono attività che si sono inserite, come quella presso la casa circondariale. Il tema è che noi stiamo lavorando con una programmazione ben precisa per mantenere questo numero di prestazioni. Chiaro che una risposta più articolata della medicina di famiglia potremmo averla con lo sviluppo della sanità territoriale e questo porterà anche ad una diminuzione dei codici bianchi e verdi e di conseguenza ad una diminuzione dei tempi d'attesa. Oggi è ovvio che un codice bianco o verde non può sapere quando sarà visitato perché se arrivano codici rossi o arancioni hanno la priorità e quindi può succedere che una persona aspetti ore. Quando si parla di questo bisogna però sempre considerare gli 86 mila interventi fatti in maniera eccelsa come quello del 3 giugno quando un ciclista cadendo si è rotto una clavicola e poi un'arteria. È stato trasferito in elicottero in pronto soccorso e salvato. Se l'incidente fosse avvenuto altrove magari non sarebbe accaduto. Una dimostrazione di efficienza e qualità del servizio che viene offerto ogni giorno.

Ma infatti nessuno mette in dubbio la qualità del servizio offerto.

Noi la programmazione l'abbiamo fatta e con questa programmazione pensiamo di poter continuare a garantire i servizi. Quindi non siamo sull'orlo dell'abisso o del precipizio. Ci sono delle difficoltà, ma un po' meno che nel resto Italia. Abbiamo ben presente cosa fare, questo è il messaggio forte che vogliamo dare ai professionisti interni e anche ai pazienti.

All'ultimo bando per incarichi libero professionali per i servizi al Pronto Soccorso hanno risposto in 23, ma 5 medici già lavorano altrove. Quanti lavoreranno effettivamente in Trentino nei prossimi mesi?

È presto per dirlo. Stiamo procedendo in questi giorni con le chiamate e solo nelle prossime settimane sapremo con esattezza le reali disponibilità.

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