Sanita / La protesta

Coppola: "L'emergenza per la scarsità di medici non si affronta privatizzando i servizi"

La consigliera provinciale dei verdi critica l'annunciata strategia dell'Apss che intende "esplorare" il mercato per rivolgersi a professionisti riuniti in cooperative, al fine di assicurare la continuità di pronto soccorso e punti nascita

IL PIANO Una sanità sempre più privata: cooperative per pronto soccorso e punti nascita
IOPPI
«Con le coop qualità a rischio. Invece aumentiamo gli stipendi dei medici»
EMERGENZA Apss fa una nuova selezione per «incarichi libero professionali»

 

TRENTO. La consigliera provinciale Lucia Coppola (Verdi) prende posizione contro le recenti strategia annunciate dall'Azienda provinciale servizi sanitari (Apss) per affrontare la carenza di medici, vale a dire il ricorso eventuale anche a professionisti privati associati in cooperative.

In particolare, l'Apss ha annunciato che esplorerà anche il libero mercato per far fronte alle emergenze riguardanti le unità operative di Medicina d'Urgenza e Pronto Soccorso di Trento e Rovereto, per i Pronto Soccorso di Arco, Borgo Valsugana, Cavalese, Cles e Tione e per i reparti di Ostetricia e Ginecologia di Cavalese e Cles.

Coppola lancia l'allarme su quella che considera uina preoccupante deriva verso forme di "privatizzazione" della sanità provinciale.

"Desta grande preoccupazione - dice in una nota diffusa oggi, 18 giugno - l'indagine di mercato che sarà condotta dall'Azienda sanitaria per esternalizzare, affidandoli a cooperative, due ambiti estremamente significativi della sanità trentina: i pronto soccorso e i Punti Nascita. Entrambi, per definizione, necessitano infatti di personale altamente qualificato essendo presidi medici essenziali.

Parliamo dei pronto soccorso degli ospedali di Trento e di Rovereto, nonché di Arco, Borgo Valsugana, Cavalese, Cles e Tione. E dei reparti di Ostetricia e Ginecologia di Cavalese e Cles. Questi ultimi riaperti nonostante il basso numero di parti e gli alti costi che, secondo la normativa nazionale, sconsiglierebbero, per la sicurezza delle mamme e dei bambini, la delocalizzazione in ospedali minori, con casistiche troppo basse e quindi inevitabili rischi. Ricorrere al privato in assenza delle dovute tutele e attenzioni, sia salariali che di turni di lavoro massacranti in ambiti lavorativi così stressanti e faticosi, determina una situazione a dir poco paradossale.

Il personale medico/infermieristico lascia il pubblico per il privato ma viene poi riagganciato nelle cooperative.

Non vi è alcun dubbio - prosegue Coppola - sul fatto che la situazione della sanità trentina sia critica, e non solo negli ambiti che sono ora all'attenzione dell'Azienda sanitaria. Ma ci si chiede se quella prospettata sia la risposta migliore possibile. La salute dei cittadini/e è un bene prezioso e non negoziabile al ribasso.

Ma questo forse non è ancora abbastanza chiaro. La riorganizzazione della sanità trentina su cui si sta lavorando con ipotesi anche condivisibili legate alla territorialità e alla vicinanza ai bisogni, differenziati, dei cittadini, creazione di distretti, prestazioni domiciliari, presidi accessibili a tutti, interventi per fasce d'età, medicina di genere, non può prescindere dal rinvigorimento dell'apporto del "pubblico", non certo del suo svilimento, giustificato con scelte ancora una volta legate all'emergenza e non ad una seria pianificazione. Confidiamo in opportuni ripensamenti e nella concertazione con le parti sociali e i lavoratori e le lavoratrici su scelte così importanti".

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