Criminalità / Web

Truffa da 600mila euro, patteggia 10 mesi per il cyber attacco: caduta l’accusa di riciclaggio

L’attacco avvenne due anni fa ai danni di un'azienda trentina del settore siderurgico che aveva venduto un macchinario ad una società bosniaca
 

di Marica Viganò

TRENTO. Il cyber attacco avvenne due anni fa ai danni di un'azienda trentina del settore siderurgico che aveva venduto un macchinario ad una società bosniaca: i criminali del web intercettarono, attraverso l'intrusione nelle e-mail, il pagamento da 600 mila euro e lo dirottarono attraverso un carosello di società su conti correnti in Italia e all'estero, per poi riportare nel nostro Paese l'intero ammontare del denaro della frode.

Nove persone furono arrestate, fra cui un nigeriano considerato la "mente" dell'organizzazione di cyber criminali. Dal processo in corso in tribunale a Trento a carico della banda, il nigeriano - in Italia con un lavoro regolare e trasferitosi con la famiglia in Germania durante le indagini - è "uscito" con un patteggiamento: dieci mesi, pari al periodo trascorso in carcere in Germania, poi in Italia al Regina Coeli di Roma e nella casa circondariale di Trento durante le indagini preliminari.

L'accusa di riciclaggio transnazionale, che prevede una pena fino a 18 anni di reclusione, è stata riqualificata in favoreggiamento reale: l'uomo non sarebbe dunque la "mente" dell'organizzazione, né avrebbe intascato i soldi dirottati sui conti correnti italiani ed esteri.

L'avvocato Nicola Zilio, che difende lo straniero, ha evidenziato come «non vi sia prova della sua consapevolezza dell'origine delittuosa delle somme e nemmeno della sua concreta partecipazione alle operazioni di pulitura del denaro, non essendo intestatario dei conti correnti in discussione e nemmeno socio delle società coinvolte».

L'originaria accusa è stata quindi modificata in quella di favoreggiamento e la pena patteggiata di 10 mesi di reclusione è già stata scontata. Il processo prosegue nel procedimento parallelo a carico degli altri imputati.L'indagine della guardia di finanza e della squadra mobile della questura di Trento aveva portato alla scoperta della truffa nota come Bec, che sta per "business email compromise" (cioè compromissione della email aziendale).

Si tratta di uno dei più innovativi sistemi utilizzati per perpetrare frodi informatiche: attraverso sofisticati sistemi di hackeraggio, vere e proprie bande di cyber criminali prendono di mira le caselle di posta elettronica di aziende e professionisti.

La truffa sta nel controllare le e-mail e fare in modo che vengano mandati messaggi ai clienti, con l'obiettivo di dirottare pagamenti relativi all'acquisito di beni e servizi nelle mani dei criminali. A conclusione delle indagini vennero sequestrati due appartamenti, auto di lusso e oggetti d'arte nella disponibilità degli indagati.

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