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Ricatta l'amico: gli dice che la prostituta con cui è stato è incinta per estorcergli i soldi, ed ora andrà a processo

La vicenda di due giovani dell’Alto Garda, dopo una serata a Rovereto ed il rapporto occasionale, inizia l’incubo: i reati sarebbero estorsione, minacce, sostituzione di persona e calunnia

RIVA. «Dagli amici mi guardi Dio che dai nemici mi guardo io». L'antico proverbio non potrebbe essere più azzeccato per inquadrare la vicenda, ora giudiziaria, che coinvolge tre ragazzi dell'Alto Garda (tra Riva e Arco) e che la prossima primavera porterà uno dei tre davanti al tribunale di Rovereto con le accuse tutt'altro che leggere di «estorsione, sostituzione di persona, minacce e calunnia».

Ci sono due amici (giovani), una prostituta, una notte abbastanza sopra le righe e poi la richiesta di soldi, reiterata, perché lei sarebbe rimasta incinta e se la giovane vittima non voleva passare dei guai doveva pagare.

Lo ha fatto una volta, non la seconda, e ha deciso di rivolgersi ai carabinieri e denunciare quanto era accaduto e stava accadendo.

Tutto comincia nella tarda estate di due anni fa, prima della pandemia. I due ragazzi, appena maggiorenni, si conoscono, sono amici, e insieme decidono di vivere una serata diversa dalle altre, trascorrendola tra le braccia di una donna di strada della stessa nazionalità di colui che adesso si trova imputato. L'appuntamento è a Rovereto, in un residence lungo la statale. A concordare il dovuto ci pensa l'imputato, il più grande dei due ragazzi: lui però non "consuma", l'amico (parte lesa nel processo) sì. Tutto sembra filare liscio ma nei giorni successivi la situazione sfugge di mano e al ragazzo che ha avuto il rapporto sessuale con la prostituta arriva, tramite una comunicazione su Messenger, una richiesta di denaro perché la ragazza sarebbe rimasta incinta.

Secondo la Procura (l'indagine è stata coordinata dal sostituto procuratore Fabrizio De Angelis) in verità a chiedere il denaro non sarebbe stata la giovane prostituta ma l'amico che si sarebbe spacciato per lei minacciando la vittima, se non avesse pagato, di denunciarlo in quanto la ragazza era minorenne. Il pagamento avviene, 600 euro in contanti ovviamente, ma è facile capire che non basta.

Nel frattempo l'imputato gioca d'anticipo e va lui stesso dai carabinieri denunciando la tentata estorsione da parte della ragazza. Ma qualcosa non funziona. Il ragazzo più grande (colui che oggi si trova sul banco degli imputati) non si sarebbe accontentato e avrebbe richiesto un ulteriore pagamento, più o meno della stessa consistenza. Per farlo attiva un falso profilo su Instagram dal quale, sempre secondo l'accusa, inizia a minacciare pesantemente l'amico mettendogli pressione affinché paghi.

«Sei sotto controllo per quello che hai fatto alla mia amica» è il tenore di un messaggio. «Ti stanno controllando gli albanesi e lascia stare i carabinieri perché nemmeno loro potranno aiutarti» recita un altro scritto sempre su Instagram. E così di seguito. La vittima si rende conto di essere entrato in un vortice che rischia di essere senza fine, prende coraggio e denuncia tutto alle forze dell'ordine. Da qui l'indagine e le pesanti accuse mosse dalla Procura nei confronti dell'ormai ex amico: estorsione, minacce, sostituzione di persona e calunnia. A maggio la decisione finale spetterà al giudice. 

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