Guerra / La solidarietà

Sono 650 i profughi ucraini già arrivati in Trentino, prevista l'apertura di due nuovi centri di accoglienza

Un terzo degli sfollati giunti sul territorio ha meno di 16 anni e sono già stati avviati i canali di collaborazione con il mondo scolastico. Un centinaio sono ospiti di strutture pubbliche, gli altri in case private. Oggi una riunione per fare il punto, convocata dal presidente della Provincia, Maurizio Fugatti

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TRENTO.  Accoglienza profughi, integrazione sociale e scolastica, profilassi sanitaria, missione umanitaria al confine. Sono questi - si apprende - i punti principali analizzati nella riunione convocata dal presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, con l'assessore alla salute Stefania Segnana e i responsabili della direzione generale e dei dipartimenti più direttamente coinvolti nella gestione dell'emergenza.

"Stiamo monitorando in ogni momento la situazione per rendere il più possibile efficace il contributo che il nostro territorio potrà dare a livello istituzionale, accanto al già encomiabile segnale già offerto dai trentini, sia singolarmente, sia attraverso l'associazionismo", ha detto Fugatti. Ad oggi sono 650 i profughi che si sono rivolti al Cinformi per regolarizzare la loro posizione.

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Nella maggior parte dei casi, sono ospitati da privati. La loro dislocazione è distribuita su circa 50 Comuni. Qualche nucleo, per un totale di 104 persone, è attualmente in carico ai servizi pubblici, come gli ostelli di Trento e di Rovereto.

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Per far fronte a nuovi arrivi la Provincia si sta attrezzando per aprire a breve due altri centri, uno a San Vito di Pergine e l'altro nella struttura Casa San Giovanni.

Oltre il 30% dei profughi è costituito da minori in età scolare. Si tratta di 170 bambini e ragazzi, tra i 6 e i 16 anni.

Per 70 di loro risultano già attivati i contatti con diverse scuole che hanno avviato il percorso di inserimento.

Si attende invece il via libera da Roma per far partire i primi nuclei della colonna mobile destinata ad un'area in prossimità del confine occidentale del Paese dove la guerra sta divampando costringendo centinaia di migliaia di persone a lasciare le loro città.

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