Giustizia / Il caso

Universiadi, incarichi diretti senza "gara": non c'è reato, annullate le condanne a Zappini, Pilati e Buratti

Cassazione, pubblicata la sentenza riguardante l'affidamento di un lavoro sul fronte della sicurezza per il grande evento del 2013 a Trento. L'avvocato Nicola Stolfi: «Motivazione di rilevante valore giuridico, definisce l'orientamento della giurisprudenza in materia»

TRENTO. Nell'affidamento diretto di un incarico, il reato di turbativa d'asta è configurabile quando c'è una "gara", mentre non è configurabile quando il procedimento è svincolato da uno schema concorsuale.

È un ragionamento in diritto quello evidenziato dalla sesta sezione della Cassazione - presidente Giorgio Fidelbo, relatore Pietro Silvestri - nella sentenza, appena pubblicata, sul ricorso presentato da Luisa Zappini, Ivan Pilati e Corrado Buratti in merito al "caso Universiadi".

Da evidenziare che la Corte suprema ha annullato le condanne a due anni per Luisa Zappini e per Ivan Pilati, e a un anno e 8 mesi per Corrado Buratti. Condanne che erano state confermate dalla corte d'appello di Trento per l'ipotesi di turbativa d'asta. Ripercorriamo la vicenda.

Luisa Zappini, nelle vesti di ex dirigente dell'Agenzia Centrale unica emergenza (Cue), assistita dall'avvocato Nicola Stolfi, venne accusata di aver concordato assieme a Ivan Pilati, ex dirigente responsabile di area di Trento Rise, difeso dall'avvocato Giovanni Rambaldi, l'affidamento di un incarico sul fronte della sicurezza in vista delle Universiadi 2013, utilizzando - secondo l'accusa - una procedura «completamente illegittima» a favore di Corrado Buratti, titolare dell'impresa Ice&Fire di Mezzocorona, assistito dall'avvocato Zeno Perinelli. Nel mirino della Guardia di finanza finì un Pcp, pre -commercial procurement, in cui venne affidato (affidamento diretto senza gara) all'impresa di Buratti l'incarico per la realizzazione e la messa in opera di «un sistema evoluto di analisi immagini, monitoraggio attivo e supporto alle decisioni nella gestione di grandi eventi e calamità pubbliche».

In pratica, per garantire la sicurezza in occasione di tutti gli eventi sportivi della manifestazione era prevista l'installazione di un sistema di telecamere «intelligenti» che, grazie ad un software sviluppato dalla Ice&Fire, era in grado di segnalare alla centrale operativa a Trento situazioni anomale e di potenziale rischio. Secondo l'accusa, Trento Rise avrebbe escluso ogni confronto concorrenziale giustificando la procedura adottata con la necessità di procedere in tempi molto rapidi, anziché pubblicare un bando di gara o ottenere offerte da più concorrenti. Sia Zappini, che Pilati e Buratti, condannati in primo grado con sentenza confermata in Appello, si erano rivolti alla Cassazione, che ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.

Ciò non toglie che «la motivazione è di rilevante valore giuridico», come evidenzia l'avvocato Nicola Stolfi, difensore di Luisa Zappini. «I ricorsi sono stati ritenuti fondati quanto ai motivi in diritto e in particolare si può dire che con questa sentenza l'orientamento della giurisprudenza che si occupa dei reati di turbativa della scelta del contraente è stato puntualmente definito - spiega il legale - In caso di affidamento diretto, il reato non è configurabile quando la scelta dello stesso è svincolata da ogni schema concorsuale o di gara, anche informale e consiste, per l'appunto, in una trattativa privata diretta. Questo è quando accaduto per le Universiadi: la scelta diretta del contraente privato che ha realizzato il sistema di sicurezza dei giochi invernali.

Questo è il principio, che tutte le difese hanno sostenuto sin dall'inizio del processo, reso chiaro e definitivo dalla sentenza di assoluzione. In realtà la giurisprudenza a favore di questa tesi era già maggioritaria, sin dall'epoca del primo grado del giudizio. Ora la questione è definita e le ragioni nel merito e in diritto delle difese sono state pienamente riconosciute. La sentenza è ancora più importante in quanto la questione non è stata mandata alle Sezioni unite, ma è l'espressione dell'attuale orientamento condiviso della Cassazione in questa materia».

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