Guerra / Le reazioni

L'Università di Trento sospende le collaborazioni accademiche con istituzioni russe

La decisione si richiama a principi come la promozione di sviluppo umano, democrazia e dignità dei cittadini. Ma si "conferma il sostegno alle studiose e studiosi russi che subiscono le conseguenze di scelte indipendenti dalla loro volontà". Non mancano però le critiche severe sul provvedimento per le conseguenze su "studenti, ricercatori e docenti incolpevoli, persone che al contrario contribuiscono alle iniziative di diplomazia popolare per la pace"

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di Zenone Sovilla

TRENTO. Stop alle collaborazioni accademiche con la Russia. È una delle iniziative scelte dall'Università di Trento come contributo alla mobilitazione contro la guerra scatenata da Mosca in Ucraina. Sospesi, dunque, i rapporti scientifici dell'ateneo con le istituzioni che fanno riferimento al governo della Federazione russa.

Il terreno è molto scivoloso e già nei giorni scorsi si sono rincorse in Italia varie polemiche su forme di boicottaggio che riguardano gli ambiti della cultura, della scienza o dell'arte.

Clamoroso il caso di  Tugan Sokhiev, direttore musicale del teatro Bolshoi di Mosca, che ha dato le dimissioni non senza una sottolineatura sul clima che vivono artisti e studiosi russi: "Scioccante e offensivo che alcune persone rimettano in discussione il mio desiderio di pace".

Con questo provvedimento, precisa l'Università, non si intende penalizzare le persone, men che meno quelle che si trovano già in Italia e a Trento: gli studenti russi restano qui e proseguono la loro attività. E per quanto riguarda gli studenti ucraini, l'ateneo sottolinea che si sforza di garantire il proprio massimo contributo di solidarietà.

"Il primo articolo del nostro Statuto - si legge in una nota - dice che il nostro ateneo ha a cuore tra l’altro lo sviluppo umano, la democrazia e la dignità dei cittadini. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è un’azione in aperto contrasto con questi obiettivi e con i valori che ispirano la nostra comunità.

Per questa ragione il rettore, in accordo con il Senato accademico, ha deliberato concrete iniziative di solidarietà con il popolo ucraino e la sospensione di nuovi accordi bilaterali con le istituzioni legate al governo russo.  

L’università è il luogo dell’incontro, del pluralismo delle idee, della crescita culturale fondata sul dialogo: è quindi con enorme rammarico che l’Università di Trento – per la prima volta nella sua storia – si trova a dover sospendere le collaborazioni con le istituzioni di un altro Paese ma conferma il suo sostegno alle studiose e studiosi russi che subiscono le conseguenze di scelte indipendenti dalla loro volontà".

In sostanza, vengono congelati i lavori in essere e ovviamente eventuali nuovi progetti di collaborazione, nell'attesa di tempi migliori che si auspica arrivino presto.

"Non era mai accaduto nella storia della nostra Università - si legge in una circolare inviata al corpo docente - e non è una decisione che abbiamo preso alla leggera, consapevoli del fatto che i luoghi dell'istruzione e della ricerca sono quelli che più di ogni altro dovrebbero rimanere aperti per facilitare il dialogo e la comprensione reciproca. Ma la gravità dell'attacco all'Ucraina ci è parsa tale da non consentirci di restare inerti, e di fare finta che tutto possa continuare come se nulla fosse successo".

La questione sta attraversando l'intero mondo accademico nazionale (e non solo): la prossima settimana è in programma una riunione dell'associazione delle università italiane (Crui) proprio per affrontare questo nodo complicato, cercando di individuare una linea condivisa da tutti gli atenei.

La decisione di colpire la cooperazione scientifica con Mosca, presa anche da molte altre realtà italiane (e non), ha scatenato anche critiche nel contesto accademico Trentino.

L'Università - commenta in un post Fb sul proprio profilo il ricercatore Rocco Scolozzi - ha deciso di tagliare le collaborazioni con studenti, ricercatori e docenti russi. Discriminandoli.

Per il solo fatto di vivere nel loro Paese ora governato da un presidente-dittatore.

L'università di Trento (con la minuscola perché diventata un po' meno Universale) così contribuisce ad un solco, una spaccatura che la cultura poteva evitare, vanificando iniziative di diplomazia popolare, che non hanno niente a che fare con le decisioni di dittatori o governi.

Se la premessa tacita è che colpendo i cittadini, artisti, scienziati russi, che protestano e vengono arrestati, li si motiva a togliere di mezzo il dittatore è un po' come fare gli oppressori con gli oppressi, (o come isolare i cileni sperando di far fuori un dittatore, isolare i ruandesi per fare finire una sanguinosa dittatura) pensando pure di fare la parte dei generosi empatici dell'altro popolo oppresso.

La cultura e la scienza possono e dovrebbero unire!

Ricordo che l'osservatorio meteorologico di Cavalese a fine Ottocento mandava i propri dati in italiano all'osservatorio di Moncalieri (parte della nascente rete italiana di osservatori) e in tedesco ai colleghi di Vienna (impero austroungarico).

Mentre i Paesi si sparavano o si preparavano alla guerra le persone di cultura condividevano dati per una nascente meteorologia... Se le sanzioni e i loro effetti possono dissolversi in pochi mesi o pochi anni, i solchi tra culture impiegheranno molto più tempo a rimarginarsi", conclude Scolozzi.

Il sito dell'Università pubblica, fra l'altro, anche una lettera aperta di studiosi, scienziati ed esponenti del giornalismo scientifico russi contro la guerra con l’Ucraina.

Eccone il testo integrale, tradotto in italiano, l'originale è stato pubblicato online su “Troickij variant”

Noi, studiosi, scienziati ed esponenti del giornalismo scientifico russi, esprimiamo una decisa protesta contro le azioni di guerra intraprese dalle forze armate del nostro paese contro i territori dell’Ucraina.

Questo passo fatale comporta la perdita di innumerevoli vite umane e mina le basi del sistema consolidato della sicurezza internazionale.

La responsabilità dell’avere scatenato una nuova guerra in Europa è tutta della Russia.

Per questa guerra non ci sono giustificazioni. I tentativi di sfruttare la situazione del Donbass come occasione per aprire un teatro di guerra non sono per niente credibili. È del tutto evidente che l’Ucraina non rappresenta una minaccia per la sicurezza del nostro paese. La guerra contro di essa è ingiusta e manifestamente priva di senso.

L’Ucraina è stata e continua ad essere un Paese a noi vicino. Molti di noi hanno parenti, amici e colleghi che condividono le nostre ricerche scientifiche. I nostri padri, nonni e bisnonni hanno combattuto assieme contro il nazismo. L’atto di scatenare una guerra per le ambizioni geopolitiche del governo della Federazione russa – mosso da dubbie fantasie storiche – rappresenta un cinico tradimento perpetrato alla loro memoria.

Noi rispettiamo l’autonomia statale dell’Ucraina che si regge su valide istituzioni democratiche. Capiamo la scelta europea dei nostri vicini. Siamo convinti che tutti i problemi che riguardano i nostri due paesi possono essere risolti pacificamente. Scatenando questa guerra la Russia si è autocondannata a un isolamento internazionale, allo status di paese- maledetto.

Questo significa che noi, studiosi e scienziati, non potremo più svolgere il nostro lavoro come abbiamo fatto finora in quanto la ricerca scientifica è impensabile senza la collaborazione con colleghi stranieri.

L’isolamento della Russia dal mondo comporta un ulteriore degrado, culturale e tecnologico, del nostro paese e una totale mancanza di prospettive positive.

La guerra con l’Ucraina è un salto nel buio. Fa male riconoscere che il nostro paese, che ha portato un contributo fondamentale alla vittoria sul nazismo, è ora diventato la miccia di una nuova guerra nel continente europeo.

Chiediamo l’immediata sospensione di tutte le azioni militari condotte contro l’Ucraina. Chiediamo il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dello stato ucraino. Chiediamo la pace per i nostri due Paesi".

Al 2 marzo risultavano già oltre 6 mila i firmatari dell'appello, un segnale significativo della mobilitazione nel mondo della cultura e della scienza, che peraltro è sempre più esposto alle misure di censura disposte dal regime di Putin.

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