Guerra / La solidarietà

La voce dei bambini ucraini in Trentino: «Perché non posso più vedere i miei amichetti?»

A Isera è arrivato Arsen, cinque anni, fuggito dal paese in guerra dopo aver dormito nella cantina di casa sopra sacchi di patate. Sono la famiglia della badante della mamma dell'ex sindaco Frisinghelli, che ha deciso di accogliere tutti nell'abitazione di Lenzima. Svetlana,  lavora in ospedale e vuole tornare prestoin Ucraina: «C'è bisogno di assistenza medica»

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di Nicola Guarnieri

ISERA. «Mamma, perché non possono venire con noi gli amichetti di scuola e le maestre?». «Ora non è possibile, dobbiamo andare via noi». «Allora torniamo a riprenderle?». Arsen ha solo 5 anni e, in fretta e furia, ha dovuto lasciare l'asilo alla periferia di Ternopil per fuggire in Italia.

Una partenza lampo, a bordo di un pullman diretto a Napoli che ha scaricato il piccolo, la mamma Alexia, l'amica Svetlana con la figlia Oxana di 10 anni a Isera dopo 40 ore di viaggio attraverso l'Europa, con il rifiuto assurdo, per altro, di attraversare il confine con l'Ungheria e con l'obbligo, quindi, di passare dalla Polonia.

Ad accogliere in Trentino il gruppetto sparuto di donne e bambini strappato alla guerra in Ucraina l'ex sindaco Gianfranco Frisinghelli. Che ha aperto la casa di Lenzima alla famiglia della badante della madre, venuta a mancare di recente. «C'era questa possibilità ed avevo paura a lasciare là, sotto le bombe, gente che conosco».

Ora sono al sicuro ma Svetlana, che lavora in ospedale, quanto prima vuole tornare in Ucraina. «C'è bisogno là, devo andare». Per questo si sta organizzando un carico di medicinali e materiale vario per sostenere il nosocomio ma anche l'attiguo sanatorio. C'è bisogno di tutto, d'altro canto, e la voglia di non abbandonare il Paese alla Russia è tanta.

Negli occhi delle adulte il trauma è visibile: sorriso forzato e guardo spento. I bambini, invece, non hanno ancora capito o forse, incosapevolmente, nascondono la paura. E pensare che nell'ultima settimana hanno dormito in cantina, sdraiati sopra i sacchi di patate. «Ogni volta che suonava l'allarme era una corsa a nascondersi», spiega la mamma.

E il piccolo Arsen?

«Gli abbiamo parlato della guerra ma dopo qualche ora in cantina chiedeva sempre la stessa cosa: "Mamma, saliamo a vedere magari la guerra è finita!"». Ma a mancare di più è stato l'asilo, quel condividere la quotidianità con i compagnetti. E nonostante l'età verdissima i dubbi gli sono venuti: «Un giorno non sono andato all'asilo perché mi hai detto che la maestra è malata ma quanto ci mette a guarire?».

Oxana è più grande, ha il doppio degli anni e il tappo ce l'ha dentro. Si guarda intorno in cerca di niente ma lo sguardo, istintivamente, non si discosta di molto da Arsen. Perché quel senso di protezione ce l'ha dentro e, in fin dei conti, il piccolo ha bisogno di abbracci anche a distanza.

Perché ancora si chiede cosa ci fa qui, in un posto in cui parlarsi è difficile: «Io ti parlo, perché tu non mi capisci?».

Beata innocenza, minata da un pazzo guerrafondaio. La ragazzina, invece, la fuga l'ha compresa anche se pure lei vorrebbe tornare a scuola, nella sua scuola. «Mi mancano le amiche, mi mancano le mie maestre. Se continua così dobbiamo andare a prenderle e portarle qui».

«Adesso cerchiamo di inserire i bambini a scuola a Isera - racconta Gianfranco Frisinghelli - ma sembra più difficile di quello che potrebbe essere. E questo non va bene».L'ex sindaco, come detto, ha aperto la casa.

«Non ci ho pensato un solo secondo. Sono la famiglia e gli amici di Oxana, la badante di mia mamma che non c'è più. Ho insistito io per farle venire qui. Quando è scoppiata la guerra mi sono preoccupato. Loro volevano restare in Ucraina ma ho pensato che non aveva senso rischiare per nulla. Però vogliono tornare là perché è la loro terra».

Si chiama Oxana anche la badante, la nonna, ed è un fiume in piena e odia quell'uomo che vuole distruggere tutto, Putin. «Ci vuole annientare perché siamo un popolo intelligente. I nostri figli hanno tutti studiato. Noi siamo venute a lavorare all'estero per consentire che i nostri giovani si laureassero e portassero avanti il nostro Paese. Siamo stati poveri, è vero, ma ci siamo sempre arrangiati, rimboccandoci le maniche. Non ci aspettavamo questo attacco ed ora è una situazione drammatica per tutti. Si è voluto rovinare la terra dei nostri nonni e uccidere il nostro futuro».

Il rischio è fomentare un odio viscerale tra ucraini e russi. É possibile?

«Purtroppo sì, - rispondono in coro - perché è Putin che ha ordinato questo ma se tutti i russi si ribellassero, se tutti i russi scendessero in piazza lui non potrebbe arrestarli tutti. Questa guerra va fermata con la ribellione di tutti, anche dei russi».L'eroe nazionale, adesso, è il giovane presidente Voldymyr Zelenskyj.

«Ha dimostrato di essere uno di noi, è sempre in mezzo alla gente, è rimasto in Ucraina e ci esorta a resistere. Lui è un uomo, non Putin che se ne sta nascosto e in mezzo alla sua gente non ci va mai. Noi vogliamo continuare ad esistere per questo chi può resta in Ucraina o, se va via, poi cerca di tornare».

Il nemico pubblico per gli ucraini, insomma, è Vladimir Putin.

«Non gli importa nulla della gente: sta uccidendo bambini, tanti bambini. Sta uccidendo il nostro futuro, ci vuole cancellare, ci vuole annientare».

Arsen ascolta, scuote il capo poi se lo guardi si illumina in un sorriso. Ma preferisce uscire sul balcone, guardare la Vallagarina dall'alto e godersi il sole. Sperando di tornare quanto prima all'asilo, dai suoi amichetti.

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