Prezzi / Il caso

Caro bollette, perché Dolomiti Energia non può fare nulla: ce lo spiega il presidente Massimo De Alessandri

Il prezzo lo fa il gestore nazionale, e la holding provinciale «non è una cooperativa, come il Cedis». Ma a preoccupare è anche la produzione: con la mancanza di piogge e neve, i bacini sono bassi

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di Domenico Sartori

TRENTO. La invocano tutti, Dolomiti Energia. Si aspettano, famiglie e imprese, che la spa pubblica che ha in mano l’energia del Trentino possa dare una mano per affrontare il caro bollette. Attesa vana. Massimo De Alessandri, presidente di Dolomiti Energia Holding (Deh), la spa pubblico-privata controllata da Provincia e Comuni di Trento e Rovereto, spiega perché la spa abbia le armi spuntate. Mica è il Cedis, il Consorzio elettrico di Storo che, in quanto cooperativa, ha potuto praticare sconti in bolletta ai propri soci.

Presidente De Alessandri, siete chiamati in causa. Come stanno le cose?

«Premessa: il mercato dell’energia è complesso e articolato. E avere la produzione non significa avere automaticamente strumenti di intervento».

Vale a dire?

«Per le bollette, va fatta una distinzione. C’è il gas, che è il vero problema, perché trascina anche l’aumento del prezzo dell’energia elettrica: De lo acquista a prezzi di mercato e, se aumenta il costo, esso viene trasferito all’utenza attraverso la società commerciale, per la quale le marginalità sono minime. E c’è l’energia elettrica che De produce, vende alla Borsa elettrica dalla quale la riacquista per rivenderla. E questo è il punto: la società commerciale del gruppo che compra energia elettrica e gas ha margini minimi, attorno al 5%. Chiaro che se il gas aumenta di 5-6 volte, da 0,20 a 1,20 euro al metro cubo, la bolletta ne risente. E non abbiano margini di manovra. L’aumento è così alto che mette in crisi tutta l’Europa e l’intero sistema».

Quindi sul gas nulla potete fare?

«Nulla. Abbiamo deciso di non dare disdetta per eccesso di onerosità, e avremmo potuto farlo, per i contratti a prezzo fisso...».

Quanti sono?

«Circa il 20%, e per noi sono contratti in perdita. Lo si vedrà con il bilancio della nostra società commerciale. Abbiamo stretto i denti, fatto da ammortizzatore sia per il gas che per l’energia elettrica».

Ecco, quali margini di azioni avete per la bolletta elettrica?

«Tutti parlano di extraprofitti, ma in realtà non ci sono».

Perché?

«Perché Dolomiti Energia, come le altre grosse aziende di produzione, come Enel, vende in anticipo l’energia. Quella venduta a dicembre 2021 era in realtà stata ceduta dodici mesi prima, ai prezzi di allora. Quindi, su quell’energia altri guadagnano, non noi. Nel 2021 abbiamo già venduto parte dell’energia che sarà prodotta nel 2022: sono contratti di copertura. Si fanno per dare stabilità ai risultati in mercati molto oscillanti. E non potendo vendere a prezzi maggiorati, non c’è extraprofitto. Il tutto aggravato dal fatto che non piove. Dicembre e gennaio sono stati due mesi asciutti, e noi viviamo di acqua. Niente acqua, niente produzione, pur avendo già venduto in parte in anticipo l’energia».

Qual è il calo di produzione?

«Del 30-40% in due mesi».

E quale sarà l’impatto a bilancio?

«Ci sarà, certo. Per fortuna, ci sono altri settori aziendali, come la distribuzione del gas e dell’energia elettrica...».

Il governo, per altro, ha deciso di fare cassa sugli extraprofitti...

«Il decreto “Sostegni ter” è in Gazzetta ufficiale. Prevede una cappatura (un tetto, ndr) dei prezzi per i produttori di fonti rinnovabili, sulla base della media dei dieci anni precedenti. Tutto ciò che eccede i 60 euro a MWh, e oggi il prezzo è sui 220 euro, va girato al Gse per calmierare le bollette. Una follia!».

Per quale ragione?

«Per due motivi. Perché più che mai in questo momento le energie rinnovabili dovrebbero essere incentivate, non frenate. E perché il gettito sarà ridicolo: si parla di 1,5-2 miliardi, a fronte di maggiori costi dovuti ai rincari, per il sistema Italia, di 40 miliardi e oltre. Lo stesso decreto si è però dimenticato dei produttori di gas (4 miliardi di m3 in Italia). Qualcosa come 3,6 milardi di euro di cui beneficerà Eni. Va inoltre ricordato che il governo, oltre a porre un tetto agli extraricavi, ha tolto gli oneri di sistema anche per le partite Iva con più di 16,5 kW installati ed è intervenuto anche a favore delle grandi aziende energivore. E che poi c’è il bonus per le famiglie più indigenti».

È sempre sul tavolo il nodo del rinnovo delle grandi concessioni idroelettriche. State lavorando all’ipotesi della finanza di progetto, cioè di un partenariato pubblico-privato?

«È una opzione sul tavolo, ma non ci stiamo lavorando. Il vero tema, per le concessioni, è un altro...».

Quale?

«Quello posto dalla relazione del Copasir: le concessioni sono un problema strategico per il Paese, e nessun Paese in Europa vuole oggi mettere in gara le concessioni in scadenza. Se si mette in gara un asset strategico, ci si troverebbe in casa concorrenti da mezzo mondo!».

Ci sarà un calo dei prezzi?

«Un ridimensionamento ci sarà. Ma il mercato ritroverà un equilibrio a prezzi più elevati del passato, e l’Italia dipende troppo dall’estero per il gas. Ecco perché sarebbe una follia mettere a gara sole, fonti rinnovabili ed idrolettrico».

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