Sanità / L’intervista

Mauro Ferrari, nuovo primario al Santa Chiara: “Dalle radiografie ai polmoni, possiamo capire chi è vaccinato”

Parla il nuovo responsabile di radiologia: “In questi mesi stiamo cercando di ridurre le liste d’attesa, facendo sedute di recupero”

di Patrizia Todesco

TRENTO. Da metà ottobre, Mauro Ferrari guida la radiologia del S. Chiara dopo il pensionamento di Mauro Recla. Per Ferrari, però, l'ambiente non è nuovo considerato che lavora a Trento già da 14 anni. Le sue intenzioni sono quelle di proseguire nel solco già tracciato dall'ex primario, ma anche di portare delle novità.

«Vorrei raccogliere il testimone facendo tesoro di quanto è stato fatto in questi anni, puntando ad un ulteriore e continuo sviluppo, per mantenere il nostro Servizio sempre adeguato agli standard qualitativi richiesti ad un ospedale di riferimento come il S. Chiara. In quest'ottica è fondamentale la costante attenzione alla valorizzazione e alle competenze ultra-specialistiche del personale e al rapporto di collaborazione con le Unità Operative e con tutti gli Specialisti e, non da ultimo, con i Medici di Medicina Generale con i quali vorrei stabilire una maggiore alleanza».

Dottor Ferrari, la diagnostica per immagini, in questi anni di pandemia, ha giocato un ruolo fondamentale. Come è la situazione ora?

Dal punto di vista della diagnostica per immagini la radiografia del torace resta il principale strumento diagnostico. Soprattutto nei pazienti non vaccinati riscontriamo i quadri più severi, sovrapponibili a quelli delle prime fasi della pandemia.

La Tac al torace è utile solo in un ristretto numero di casi, solitamente in alcuni pazienti ricoverati in terapia intensiva. Siamo poi impegnati anche nella valutazione di follow-up (con Tac torace) di pazienti che hanno avuto il Covid nei mesi scorsi, in alcuni dei quali si evidenziano purtroppo degli esiti cicatriziali.

Il problema è anche il rallentamento che gli esami radiologici hanno avuto in questi anni e le lunghe attese per Tac e Risonanze.

Come cercate di far fronte alla domanda?

Anche nelle fasi acute avevamo mantenuto l'attività per i pazienti ricoverati e i pazienti oncologici o con problematiche critiche, tuttavia anche per gli obblighi di distanziamento e le problematiche gestionali, gli esami di pazienti ambulatoriali non urgenti avevano subito un rallentamento. Già dal 2021 sono state attivate in collaborazione con la Direzione Generale delle sedute in orario aggiuntivo per il recuperare delle liste d'attesa, soprattutto per le risonanze magnetiche.

Dobbiamo purtroppo anche constatare un problema di inappropriatezza prescrittiva, il cui governo non è semplice.

Inoltre c'è da considerare che l'attività della Radiologia del S. Chiara è assorbita in gran parte dalla richiesta interna dell'Ospedale, con una grossa quota data dall'urgenza, e per esami avanzati, di secondo livello, con una relativa carenza di offerta per l'attività ambulatoriale.

Quanto pesano le sospensioni e le malattie in questo momento?

In questa fase di elevata contagiosità dobbiamo fare i conti con qualche assenza per malattia, ma con qualche sacrificio siamo per ora riusciti a mantenere l'attività costante. La pandemia ha messo in evidenza la necessità di una riorganizzazione, che dovrà penso passare anche da una rivalutazione delle dotazioni organiche. Purtroppo alcune figure professionali non sono facili da reperire e parlando dei medici scontiamo in Trentino un calo dell'attrattività.

Da tempo si dice che ci sia bisogno di cambiare molti apparecchi ormai datati perché in questo campo più che altri tenersi al passo è fondamentale. Come siamo messi al S. Chiara?

Sicuramente il nostro parco macchine ha bisogno di un profondo rinnovamento, e qualche novità ci sarà, spero, grazie ai fondi del Pnrr. Purtroppo anche la pandemia ha contribuito a rallentare i processi di ammodernamento.

Cosa consentono di fare le nuove apparecchiature rispetto a quelle di vecchia generazione?

Se parliamo di Tac, per esempio, le nuove apparecchiature in estrema sintesi permettono da un lato di fare gli stessi esami ma con meno radiazioni ionizzanti e in alcuni casi con meno mezzo di contrasto, e dall'altro di fare certi esami avanzati in modo molto più performante, penso in particolare agli studi in ambito cardiologico e neurologico.

In questi esami, però, tecnologica e capacità di lettura delle immagini va di pari passo.

Certamente la competenza nella gestione degli esami è requisito fondamentale.

La tecnologia aiuta ma non basta. Voglio sottolineare che il lavoro del radiologo non si limita alla lettura delle immagini ma è molto più complesso e passa dalla scelta dell'esame più appropriato in base alla richiesta e ai dati clinici e anamnestici, dalla ottimizzazione della sua esecuzione, prima di arrivare all'interpretazione delle immagini. Per questo è importante puntare sulla formazione.

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