Sanità / Lo scontro

«Trasferimenti negli ospedali di valle? I medici non sono tappabuchi». La collera dei sindacati: trattati come le palline da ping pong

Scoppia la polemica e le organizzazioni (tranne la Cisl) attaccano la Provincia per la proposta di una riforma che consentirebbe di spostare da un ospedale all'altro i dirigenti medici

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di Matteo Lunelli

TRENTO. C'è fermento tra i medici del Trentino.

La Provincia, tramite Azienda sanitaria e Apram, vuole cambiare le "regole del gioco" e quindi di poter spostare da un ospedale all'altro i dirigenti medici.

In sostanza un dottore, che ha scelto ed è stato assunto al Santa Chiara e lavora in uno specifico reparto, potrebbe essere mandato a Tione o Cavalese.

Una possibilità che mandato su tutte le furie i sindacati medici (tranne la Cisl), ma anche un gruppo di dottori che ha preso carta e penna e contestato la novità.

Ma procediamo con ordine. In una delibera della giunta provinciale di un mese fa si legge che «all'Apss è stato dato mandato di garantire l'assistenza ospedaliera tramite un'unica rete (ospedale policentrico), articolata su 7 strutture aziendali, in grado di offrire, in condizioni di sicurezza, un'assistenza di qualità per le patologie acute.

Al fine di rendere possibile l'organizzazione dell'assistenza ospedaliera tramite un'unica rete provinciale, si rende necessario dotare l'Apss di misure contrattuali che ne facilitino l'attuazione.

Per questo si demanda alla contrattazione provinciale la definizione di modalità affinché il medico presti turni di servizio in strutture afferenti alla rete».

La scorsa settimana i sindacati della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria hanno svolto il primo incontro con Apram, che ha subito messo sul piatto la richiesta: «Apertura incondizionata alla mobilità della dirigenza nel territorio dell'intera Provincia».

Ma i sindacati hanno subito alzato un muro.

Scrivono Luca Filetici (Aaroi Emac), Marco Scilieri (Anaao Assomed), Fulvio Campolongo (Anpo Ascoti Fials), Sonia Brugnara (Cimo), Giorgio Temporin (Fassid), Gianna Colle (Cgil) e Angela Moresco (Fvm): «Riteniamo inaccettabile, dopo quasi due anni di impegno per la salute collettiva, che si proponga uno stralcio contrattuale senza prevedere il rinnovo dell'intero contratto atteso dal 2006.

Stupisce che, ancor prima di aver definito il futuro assetto aziendale in cui si dovrebbe inserire l'ospedale policentrico, l'articolo del vigente contratto sulla mobilità voglia essere rivisitato sotto forma di un accordo-stralcio.

Introducendo la modifica solo apparentemente di scarso significato di un articolo che potrebbe avere effetti dirompenti su tutta l'organizzazione aziendale nonché sulla attrattività della nostra realtà e quindi sul futuro della sanità trentina, la proposta politica non può che risultare inappropriata e controproducente». Sulla stessa linea, anzi in maniera ancora più decisa, a dire no è anche un gruppo di dirigenti medici che lavora sia a Trento sia a Rovereto. E che, si legge nella nota stampa, «per paura di ripercussioni chiede l'anonimato».

«Siamo sfruttati per mero tornaconto politico: la giunta e Apran hanno scarsa o nulla considerazione per i dirigenti medici di Apss. La Provincia ha operato in maniera scorretta". Si ricordano le questioni contrattuali e poi si entra nel merito: "La Provincia pretende che i medici che assunti ad esempio per lavorare a Trento, debbano prestare servizio anche a Tione, a Cavalese o dovunque altro ci siano "buchi" nei sette ospedali di tutto il Trentino. E questo gratis, riconoscendo solo il rimborso spese.

La proposta è solo uno strumento penalizzante per i professionisti e serve per tappare i buchi di organico nei posti dove nessuno vuol andare e dove ad oggi si pagano, e assai bene, professionisti a gettone. Questa però è una gravissima scorrettezza e un gravissimo danno per i dipendenti di Apss, i quali hanno superato un concorso per lavorare in una determinata sede, e non anche in tutte le altre, a seconda delle esigenze di Apss.

Non è imponendo d'ufficio ai dirigenti medici, e non ai primari, l'obbligo di andare a lavorare dove vuole l'azienda, senza potersi opporre o dare il proprio consenso, che si valorizzano le professionalità.

Una cosa mai vista prima, che sovverte ogni principio di correttezza dei rapporti con i professionisti, trattati come le palline da ping pong per tutto il territorio.

A queste condizioni, non solo non verrà nessuno in Trentino ma, chi potrà, se ne andrà via per evitare fregature. E il pericolo di mobbing, se passasse la novità, sarebbe dietro l'angolo».

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