Economia / Analisi

Negozi, ristoranti e bar, in Trentino la ripresa c'è, ma soffrono di più gli alberghi

I dati della Camera di Commercio: per certi settori, va meglio che prima del Covid, in sofferenza il settore ricettivo, si confida nelNatale per un segno positivo negli affari

di Domenico Sartori

TRENTO. C'è luce in fondo al tunnel. Le imprese attive nel mondo della ristorazione erano, a fine settembre, più di quelle operative a fine 2019. Cioè prima di tutto.

Prima del Covid, della paura, delle chiusure a fisarmonica, dell'incertezza. Tiene anche il commercio al dettaglio.

Questo vuol dire che la crisi è finita? No, e a dimostrarlo c'è il dato sugli alberghi e strutture assimilate, che restano con il segno meno. Ma significa che c'è voglia di credere in una ripartenza vera. E dopo 20 mesi da quel febbraio 2020 in cui tutto è cambiato, è già qualcosa.

Settore ricettivo.

Qui la crisi ha colpito duro. Nonostante l'estate da record, riguardo alle presenze, le ferite non sono rimarginate. A livello provinciale abbiamo perso 14 imprese attive, dopo il calo del 2020, che aveva lasciato per strada 17 aziende. Tra pre e post Covid, insomma, il saldo è negativo di 31 imprese: erano 1.419 (di cui 1.297 attive) a fine 2019, al 30 settembre erano 1.380 (di cui 1.266 attive). In controtendenza solo la città di Trento: dalle 47 imprese attive a fine 2019 (di cui 42 attive) si è arrivati ora a 48 (di cui 40 attive).

In questi primi 9 mesi, a Trento, nessun albergo o struttura assimilata ha chiuso, in compenso ne ha aperto uno.

Ristorazione.

Il settore ha dato fin da subito l'impressione di avere i numeri per tenere botta, anche per via della voglia della gente di tornare alla normalità, non appena si sono allentati i divieti. I dati alla fine del terzo trimestre del 2021 ne sono dimostrazione: le imprese attive nel settore sono più di quelle che erano a fine 2019. A dicembre di due anni fa in tutta la provincia erano registrate in Camera di commercio 3.235 imprese (di cui 2.777 attive).

Dopo il crollo del 2020 (le attive sono scese a 2.751, ma soprattutto il saldo tra aperture e chiusure era impietoso: 198 chiusure e 82 aperture), il 30 settembre 2021 erano registrate 3.243 imprese, di cui 2.794 attive.

Dati simili per la città di Trento, dove erano 532 le imprese attive nel 2019 e a fine settembre erano 536.

Se ci si limita ai dati di flusso, si nota come la categoria creda nel futuro, ma con prudenza: le cessazioni restano di più delle nuove iscrizioni (63 rispetto a 46 a livello provinciale, 27 rispetto a 12 a livello comunale).

Quanto al senso da dare a questi numeri, il vicepresidente di Confcommercio Marco Fontanari invita alla prudenza: «Questi dati dimostrano come la ristorazione sia un settore dinamico, ma attenzione perché le nuove attività sono spesso diverse dal ristorante classico: ci sono le catene, le proposte etniche, i locali che lavorano solo per il delivery. La crisi non è alle nostre spalle, per recuperare quel che abbiamo perso in questo anno e mezzo servirà tempo. Ma ci riusciremo: ora abbiamo davanti la prospettiva di poter lavorare».

Commercio al dettaglio.

Anche qui, la risalita è iniziata. Rispetto a fine 2020, quando c'erano in provincia 4.354 imprese di cui 4.038 attive, si è saliti a 4.384 aziende di cui 4.090 attive. Prima della pandemia, il 31 dicembre 2019, erano 4.093. Tutto sommato non sta andando male. Anche se il dato su iscrizioni e cessazioni dimostra come questi numeri siano frutto di un turn over notevole: hanno chiuso in Trentino 149 aziende, e aperto 137 (nel 2020 il rapporto, per dare un'idea, era di 281 a 129).

Quanto alla città di Trento, in proporzione il trend è più lento: ci sono 852 imprese attive, in crescita sull'anno scorso (erano 843) ma meno del 2019 (erano 861). Resta alto il turn over: 44 negozi hanno chiuso i battenti, 34 nuovi hanno alzato le serrande.

«Ora c'è il Natale, la categoria si aspetta un colpo di coda che dia slancio all'annata - conclude Fontanari - anche se preoccupano l'inflazione e l'aumento del costo dell'energia».

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