Urbanistica / L'analisi

Consumo di suolo, 32 ettari in un anno: c'è un rallentamento ma i Prg preoccupano

I Piani regolatori dei municipi trentini prevedono il sacrificio di altri 4 mila ettari di terreni agricoli. La provincia presenta un'incidenza peggiore rispetto agli altrit erritori alpini, compresa Bolzano

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di Domenico Sartori

TRENTO. Quante aree agricole o naturali in Trentino potrebbero in futuro trasformarsi in aree fortemente antropizzate?

La risposta non può che inquietare: si tratta di 4.270 ettari potenzialmente sacrificabili.

Una enormità, se si considera che a fine 2019 le aree fortemente antropizzate esistenti erano pari a 21.589 ettari. Aree fortemente antropizzate vuol dire città, paesi, nuclei sparsi, spazi produttivi, ma anche strade, ferrovie, cave, discariche e impianti, aree sportive, giardini pubblici e privati.

E qual è la situazione del consumo di suolo in Trentino rispetto al territorio nazionale e alle altre aree alpine?

Per consumo di suolo il riferimento è a fenomeni di artificializzazione, impermeabilizzazione e cementificazione che generano perdita di fertilità agraria e funzionalità ecologica dei suoli.

Ebbene, in Provincia, prendendo in considerazione il Rapporto Snpa-Ispra, l'incidenza del "suolo consumato" è del 3,7%.

Molto meglio della media nazionale (7,1%), peggio degli altri territori alpini: Belluno 2,8%, Bolzano 2,7%, Sondrio 2,6% e Aosta 2,1%.

Sono dati emersi dal Rapporto 2020 dell'Osservatorio del paesaggio trentino. Di tale Rapporto, erede di quello del 2015, l'Adige ha riferito ampiamente nell'edizione del 7 febbraio scorso. C'è però una novità importante.

L'Osservatorio ha in questi giorni attivato una nuova sezione informativa, chiamata "Urbanizzazione consumo di suolo in Trentino", che riprende i contenuti del Rapporto, aggiornandoli sulla base della "fotografie" delle dinamiche territoriali scattate nel corso dell'anno.

Ed il vantaggio è che è possibile avere sia una fotografia a livello macro, provinciale, sia per comunità di valle, sia per singolo comune.

Tocca ora ai cittadini, e in primo luogo agli amministratori comunali chiamati a mettere mano ai piani regolatori, impugnare il nuovo strumento di conoscenza sulle tendenze in atto che l'Osservatorio sul paesaggio mette a disposizione.

I numeri di partenza sono quelli che sintetizzano le conseguenze del "sacco" urbanistico (frutto anche di un modello dispersivo) avviato negli anni 60, proseguito impetuoso per mezzo secolo con il boom edilizio e che solo in anni più recenti ha visto un rallentamento.

Nel 1960, gli insediamenti occupavano 5.482 ettari di superficie, diventati 15.943 nel 2004, con un ulteriore aumento nel 2019, quando si arrivò a 16.637 ettari: altri 700 ettari di territorio agricolo sacrificati. Il dato significativo è che, complice anche la crisi economica post 2008 (si pensi al settore delle costruzioni, dimezzato per addetti e numero imprese), il trend è mutato. Il consumo di suolo non si è fermato, è però rallentato.

«Nel periodo compreso tra il 2006 e il 2020» si legge nella nuova sezione dell'Osservatorio diretto dall'architetto Giorgio Tecilla «l'incremento medio dei consumo di suolo in provincia è stato di circa 56 ettari/anno.

Nel 2020 si registra un relativo rallentamento nella crescita del fenomeno, con un dato di circa 32 ettari di nuovo suolo consumato rispetto al 2019. Nello stesso anno, nella Provincia di Bolzano l'aumento del suolo consumato è stato di circa 44 ettari».

Bene, vien da dire. Ma una domanda resta in sospeso: la dinamica del rallentamento è sufficiente, anche per rispettare gli obblighi internazionali (l'Onu prevede di arrivare al consumo zero di suolo entro il 2050)?

Domanda non banale. Sia per le "idee" ancora in campo: si pensi, nel fondovalle di Trento, all'idea della Provincia di sacrificare l'area di San Vincenzo per farne un campo da calcio con annesso centro commerciale. Sia perché lo stock di consumo previsto nei Prg (per quanto potenziale) non può che fare paura.

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