Sanità / Il caso

Il 2 luglio una lettera formale a Provincia e Apss: "Incompatibilità ambientale del primario". Ma nessuno si è mosso

Cinque ginecologhe del Santa Chiara di Trento hanno inviato una segnalazione alle istituzioni competenti: per difendere le proprie ragioni si sono rivolte agli avvocati Andrea de Bertolini e Andrea Manca

IL CASO Il direttore Apss si è dimesso
LA CRISI Salta il faccia a faccia Fugatti-Benetollo

IL DUBBIO Coppola (Verdi): "Ma Benetollo è stato dimissionato?"
LE RICERCHE La scomparsa di Sara Pedri, tracce sul lago

LA VIDEOSCHEDA Dall'arrivo in Trentino di Sara al terremoto in Apss
LA COMMISSIONE Sentite 33 persone
RACCONTO / 1 "Ho vissuto anch’io l’incubo"
RACCONTO / 2 Un'ostetrica: "Ho resistito solo sei mesi"

di Matteo Lunelli

TRENTO.  Il 12 maggio scorso, quasi un mese prima dell'ormai famosa delibera di riconferma del dottor Saverio Tateo, il direttore generale Pier Paolo Benetollo venne messo a conoscenza, grazie a un lungo seppur informale incontro, di ciò che era accaduto e stava accadendo all'interno del reparto di Ginecologia del Santa Chiara di Trento.

E, in merito al rientro in corsia del direttore Tateo, avvenuto regolarmente ieri mattina nonostante le perplessità di molti (compresa l'assessora alla salute Stefania Segnana), venerdì scorso, 2 luglio, all'Azienda sanitaria, all'assessora Segnana e al direttore Ruscitti venne inviata una email nella quale si sottolineava la situazione di incompatibilità ambientale che si sarebbe venuta a creare. E che in effetti ieri si è creata.

A confermare questi due inediti particolari della vicenda - che ormai riguarda, su binari paralleli, non solo la scomparsa di Sara Pedri (nella foto) e tutti coloro che pur senza esplicitarlo formalmente avevano però scelto di andarsene, ma anche questioni strettamente sanitarie oltre che politiche - sono i due avvocati Andrea de Bertolini e Andrea Manca. Dalla seconda metà del mese di aprile stanno lavorando per difendere un gruppo di ginecologhe del reparto del Santa Chiara.

Dottoresse che, insieme a tante altre professioniste del reparto, stanno vivendo settimane di grande tensione emotiva, stremate sia dal lavoro in corsia sia soprattutto dalla fatica (e dal coraggio) di aver voluto raccontare tutto quello che sanno.

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