Società / Il rapporto

Terzo settore, "ecosistema" associativo fondamentale per il Trentino

L'analisi di Euricse - Istat: nell'assistenza sociale e nell'istruzione in provincia i valori più alti d'Italia, con il il 16,7 per cento delle scuole e 61,9 per cento delle materne gestite dalle organizzazioni dell'economia sociale

di Barbara Goio

TRENTO. Macché Cenerentola: il Terzo settore, ovvero quella galassia di associazioni, cooperative, mutue, fondazioni e altre istituzioni nonprofit ora più che mai è integrante dell'economia.

Le cooperative dell'agroalimentare sono tra i protagonisti assoluti del Made in Italy, mentre sanità, assistenza sociale, istruzione, e tutto l'insieme di cultura, sport e ricreazione trovano nelle forme di economia sociale pieno sviluppo.

Questa realtà emerge dal primo rapporto nazionale Euricse - Istat, che sottolinea come in Italia sono attive quasi 380 mila organizzazioni (soprattutto al nord) per un valore aggiunto complessivo di oltre 49 miliardi di euro (che salgono a oltre 50 miliardi di euro se si includono le controllate dei gruppi cooperativi) per 1,52 milioni di addetti e più di 5,5 milioni di volontari.

Un giro d'affari enorme che soffre di tre problemi: la mancanza di adeguati metodi di analisi economica, il dover sottostare alle leggi europee sulla concorrenza che impongono bandi con offerte al massimo ribasso, e la persistenza di determinati pregiudizi, tanto che mentre Carlo Borzaga, presidente Euricse, ha parlato di «economia sartoriale» il presidente del Cnel Tiziano Treu ha rilanciato l'idea di «economia ancillare».

Entrambi hanno però concordato nel mettere il Terzo settore al centro di un focus come parte integrante del Pnrr, il Piano nazionale di rilancio e resilienza che ha l'ambizione di plasmare il futuro sociale ed economico dei Paesi Eu. E per cui sono stati messi sul piatto un enorme quantitativo di quattrini.In questa situazione, il Trentino spicca ai vertici nazionali per numero di organizzazioni di economia sociale in rapporto alla popolazione.

La nostra provincia, che ha una lunga tradizione in questo campo, ospita infatti 6.700 organizzazioni del Terzo settore, con 22 dipendenti privati su 100 che lavorano in queste realtà, contribuendo al 4,7 per cento del Pil provinciale.

Soprattutto nell'assistenza sociale e nell'istruzione, il Trentino ha i valori più alti d'Italia: il 16,7 per cento delle scuole e 61,9 per cento delle scuole dell'infanzia sono gestite dalle organizzazioni dell'economia sociale. Inoltre, il Trentino è terzo in Italia per il contributo dell'economia sociale al valore aggiunto locale.

Si tratta per lo più di associazioni (quattro su cinque), mentre le cooperative rappresentano l'8,2 per cento del totale, tra le tre percentuali più basse di tutta Italia: un valore legato sia alla dimensione elevata delle coop trentine sia a una maggiore presenza di istituzioni nonprofit. Tra i nodi da risolvere c'è dunque una corretta analisi economica: «Nelle ricerche di settore - spiega Borzaga - vengono evidenziati i profitti, ma questo va rivisto quando per esempio si tratta di cooperative agricole, dove quello che conta è la ridistribuzione degli utili ai soci».

Anche per questo è nata due anni fa la collaborazione tra Istat ed Euricse, per ricomporre la frammentazione statistica dei dati. La ricerca "L'economia sociale in Italia" basata su dati 2015-2017, rimarca che in queste realtà l'obiettivo è diverso dal profitto, la gestione è affidata ai beneficiari dell'attività e il capitale è strumentale.Altro punto dolente è la legge europea sulla concorrenza. Ma se questo, secondo Treu, permette di contrastare una gestione «spesso casuale e poco trasparente», dall'altro i bandi al ribasso «ostacolano l'economia sociale», riprende Borzaga.

Che aggiunge: «Il Mes crede che il Terzo settore sia fatto di circoli che non vogliono pagare le tasse, ma è invece un modo rilevane per erogare servizi essenziali, diffuso e legato al territorio, resiliente tanto da aver dato prova di forza durante la crisi occupazionale, e profondamente innovativo, come dimostrato dall'uso delle tecnologie durante la pandemia».

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