Coronavirus / Il caso

La paura di una vedova Covid: troppo giovane per essere vaccinata, ma segnata dal grave lutto

Parla la sua dottoressa: “Se avessi una dose di Pfizer o Moderna in ambulatorio vaccinerei subito questa donna, a costo di andare incontro a critiche o sanzioni, anche a costo di andare contro alle regole. Ho spiegato il caso all'Azienda, ho provato a smuovere le acque, ma per ora non c'è stato nulla da fare”

di Matteo Lunelli

TRENTO. È una questione di buonsenso sanitario. Un piccolo gesto (apparentemente) contro le regole, sul quale nessuno oserebbe dissentire o protestare. Spieghiamo.

C'è una mamma trentina che ha meno di cinquanta anni. È una vedova Covid, nel senso che proprio un anno fa ha perso il marito, giovane vittima del virus. E la figlia, adolescente minorenne, ha perso il papà. La mamma, ad oggi, non avrebbe diritto alla vaccinazione: ha appunto meno di cinquanta anni, il problema di allergia non è abbastanza grave da farla rientrare nelle categorie dei fragili e non ha un lavoro "particolare" che le permetterebbe di rientrare in qualche categoria. Ordinanze alla mano, quindi, dovrebbe aspettare il proprio turno.

Quando? A luglio, forse. O ad agosto. Però ha paura del Covid, una paura legittima e giustificata: perché ha visto il marito portato via dal virus, perché il suo problema di salute la mette comunque a rischio, perché non vuole lasciare la figlia orfana. Motivazioni decisamente valide e incontestabili usando solo un briciolo di empatia. Empatia che nei protocolli sanitari non c'è, ma c'è nelle parole e nella forte volontà della sua dottoressa. «Se avessi una dose di Pfizer o Moderna in ambulatorio vaccinerei subito questa donna, a costo di andare incontro a critiche o sanzioni, anche a costo di andare contro alle regole. Ma ho solo AstraZeneca, che non possiamo dare alle persone con meno di sessanta anni e quindi ho le mani legate. Ho spiegato il caso all'Azienda, ho provato a smuovere le acque, ma per ora non c'è stato nulla da fare».

Un medico, insomma, che rubando le parole a Ippocrate, in scienza e coscienza e secondo equità vuole perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, curando (vaccinando) ogni paziente con eguale scrupolo e impegno. E qui torniamo al buonsenso sanitario. La dottoressa ci spiega che la creazione di una sorta di lista dove inserire i casi come quelli della signora potrebbe essere una soluzione. Le dosi da utilizzare si conterebbero sulle dita di una mano, forse due, e verosimilmente nessuno avrebbe nulla in contrario. Anzi, siamo pronti a scommettere che solo leggendo questo appello ci sarebbe qualcuno pronto a "regalare" il proprio "posto in coda" alla mamma in questione e aspettare ancora un po'.

A inserire le persone in questa lista sarebbero gli stessi medici, che in scienza e coscienza hanno gli strumenti per poter prendere delle decisioni (apparentemente) contro i protocolli, valutando le singole situazioni. D'altra parte anche in Trentino i cosiddetti "fuori lista" esistono già. Pur sottolineando che siamo tra i territori più virtuosi d'Italia, ovvero quelli con la percentuale più bassa di dosi somministrate a persone che non rientravano in nessuna categoria, va detto che ci sono state in questi mesi circa 3.500 somministrazioni non propriamente "limpide".

Ecco, se una di questa fosse andata a questa mamma vedova, alla quale il Covid ha già tolto tantissimo, potremmo considerarci ancora più virtuosi. Ma siamo ancora in tempo, per non far correre a mamma e figlia alcun rischio in più.

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