Sanità / Il caso

La triste storia della Aft: sciolta la prima (e unica) aggregazione di medici di base «causa pensioni»

Era nata a Pinzolo e doveva servire da modello, ma via via ha perso i pezzi: «Fra covid, burocrazia e carenza di dottori, impossibile continuare»

PINZOLO. Nato come progetto pilota che avrebbe dovuto portare ad una vera rivoluzione della medicina territoriale, fortemente voluto dall'allora direttore generale Paolo Bordon e osteggiato dai sindacati, il progetto dell'aggregazione funzionale territoriale della val Rendena è naufragato. "Causa pensionamenti" verrebbe da aggiungere, considerato il motivo che ha portato l'Azienda sanitaria, con una delibera firmata nei giorni scorsi dal direttore generale Pier Paolo Benetollo, a decretarne lo scioglimento a partire dal 1° aprile.

Fra alcuni giorni il coordinatore, dottor Paolo Garbari, andrà in pensione e prima di lui se ne erano già andati altri tre professionisti. «Ho fatto di tutto per tenere in vita questo progetto - ammette Paolo Garbari, 65 anni, medico di medicina generale che ha lavorato per bene 35 anni come medico in val Rendena - ma con questi numeri non è possibile. Eravamo rimasti in quattro, abbiamo provato a coinvolgere altri medici ma non ci siamo riusciti. L'idea funzionava, i pazienti erano soddisfatti ma con il Covid, la burocrazia, l'ansia delle persone e tutto il resto era impossibile coprire tutte le 12 ore a Pinzolo oltre a mantenere i 10 ambulatori su un territorio vasto che va da Madonna di Campiglio a Porte di Rendena, 25 chilometri di strada di montagna».

Con l'accordo tra i professionisti siglato nel 2017, infatti, l'impegno era garantire un'apertura ambulatoriale di 12 ore diurne nei giorni feriali con i professionisti del territorio e le 12 ore notturne e le giornate festive con i medici di continuità assistenziale. In pratica i pazienti potevano accedere agli ambulatori ad ogni ora del giorno e della notte sicuri che avrebbero trovato una risposta alle loro esigenze. «Rimane l'idea di collaborare, di gestire i pazienti insieme, di offrire in un unico luogo anche altri servizi come l'ambulatorio per i prelievi, l'elettrocardiografo, il servizio infermieristico, ma la copertura di 12 ore non è più possibile. Ora arriviamo a coprire 8 ore. Dal primo maggio, al mio posto, arriverà la dottoressa Daniela Tropiano, un medico che ha la mamma originaria della zona e che ha manifestato anche l'intenzione di fermarsi».

Quando il progetto era partito, quattro anni fa, i medici che avevano firmato l'accordo erano sette, ma piano piano, causa i pensionamenti, si sono ridotti quasi alla metà. Nell'ultimo periodo vi facevano parte, oltre a Paolo Garbari, anche Rosa Maria Carbone, Massimo Passafiume e Tommaso Bruti.«Io ritengo sia stata un'esperienza meravigliosa. Ho avuto la fortuna di collaborare con colleghi che condividevano la stessa visione della medicina sul territorio e con i quali ci consultavamo frequentemente per trovare soluzioni. Un vero peccato interrompere quest'esperienza ma in questo caso paghiamo la carenza di medici», conclude Garbari.

Un'altra esperienza simile a quella di Pinzolo era sorta a Trento, in via Degasperi. Qui però i sindacati si era messi ancora più di traverso ricorrendo al giudice del lavoro aveva dato ragione alla Cisl medici che riteneva mancassero i requisiti per definire quella di Trento Sud una Aft. Nella realtà dei fatti il maxi ambulatorio continua ad esistere come medicina di gruppo. E funziona benissimo.

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