Agricoltura / Il futuro

Nuova legge sul biologico, per i Biodistretti del Trentino «una norma che toglie anziché aggiungere»

Dure critiche alla giunta provinciale dalle realtà di Trento, Val di Gresta e Val dei Laghi: «un dispositivo inadeguato per dare risposte concrete», e fra l’altro taglia i contributi alle certificazioni

LA LEGGE Ecco la proposta della giunta provinciale
IL REFERENDUM La battaglia del comitato
IL PUNTO La situazione del biologico in Trentino

TRENTO. La proposta di una nuova legge sul biologico approvata dalla Giunta provinciale di Trento non è quanto i Biodistretti di Trento, della Valle dei Laghi e della Valle di Gresta - le prime realtà auto organizzate dei sistemi locali connessi all'agricoltura biologica - si aspettavano.

Il disegno di legge della Giunta provinciale - denunciano - si propone "come un provvedimento che toglie anziché aggiungere risorse all'agricoltura biologica se pensiamo che l'articolo 3 (modificazioni all'articolo 47 delle legge provinciale sull'agricoltura 2003 e qui cogliamo il senso e la volontà di caratterizzare il provvedimento come revisione della legge 4 invece che come nuovo corpus autonomo) prevede il taglio del contributo per le certificazioni trascorsi i primi cinque anni. Un taglio operato secondo logiche liberistiche e di mercato, che possiamo anche comprendere, ma che andrebbe applicato a tutte le aziende e settori economici del Trentino e non solo a quelle biologiche".

Il taglio significa per il settore del biologico un ammanco annuo di disponibilità pubblica di circa 700.000 euro senza che nel testo presentato - proseguono i rappresentanti dei Biodistretti - vi sia traccia di una sostanziale iniziativa di compensazione che preveda per esempio analoghi investimenti nel campo della ricerca applicata a vantaggio di tutto il settore.

Secondo i Biodistretti nella legge provinciale non sono sufficientemente rappresentate "le istanze della società civile e del mondo produttivo che stanno emergendo in maniera ineludibile a livello globale come si evidenzia dalle direttive europee in tema di ambiente, agricoltura, economia e sviluppo che fissano, per esempio, l'aumento del biologico al 25% delle superfici entro il 2030".

In sostanza quello che doveva e poteva diventare un modello per tutta l'Italia che metteva assieme esperienza, visione e volontà politica si è rivelato, sostengono i Biodistretti, "un dispositivo inadeguato per dare risposte concrete alle istanze della società civile, inclinando il principio di responsabilità che troppo spesso la politica dimentica o vuole dimenticare".

La richiesta all'assessorato competente e alla Giunta provinciale è quella di "affidare a questo settore il ruolo strategico che merita anche in considerazione del grande interesse e della sensibilità diffusa presenti in ampi settori della cittadinanza e del mondo dei consumatori/acquirenti sui temi del biologico e dell'economia sostenibile".

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