La strage / Rivarolo

L'omicida ha ucciso moglie e figlio al mattino, poi la sera la donna di origini trentine Liliana Heidempergher e il marito

La ricostruzione della tragedia dopo le autopsie sulle quattro vittime della follia di un pensionato di 83 anni, probabilmente accecato dalla disperazione per le condizioni in famiglia e dalla gelosia per la vita serena dei coniugi vicini di casa

IL RICORDO Liliana Heidempergher aveva lasciato da giovane Grigno, in Valsugana

IL DOLORE «Come farò a spiegare a mia figlia che i suoi nonni non ci sono più?»

TORINO. Cinque colpi di pistola per ammazzare quattro persone, in un arco temporale di almeno otto ore.

È quanto emerso dall'autopsia effettuata oggi a Torino sui corpi di Maria Grazia Valovatto, Wilson Tarabella, Osvaldo Dighera e Liliana Heidempergher, le vittime della strage avvenuta in un condominio di Rivarolo Canavese.

La settantenne Liliana Heidempergher, vicina di casa dell'omicida, era di origini trentine e ha ancora vari parenti a Grigno, in Valsugana.

Renzo Tarabella, 83 anni, sabato scorso ha ucciso prima il figlio disabile Wilson e la moglie Maria Grazia.

Lo ha fatto verosimilmente in mattinata. Con la sua pistola semiautomatica ha freddato il figlio 51enne con un colpo a bruciapelo al capo. Poi ha rivolto l'arma verso la moglie, uccidendola con un proiettile sparato frontalmente alla testa da distanza ravvicinata.

A quel punto ha atteso l'ora di cena per completare la strage.

Ha fatto entrare nell'alloggio il padrone di casa, Osvaldo Dighera, e lo ha colpito con due proiettili sparati a meno di un metro di distanza: il primo alla schiena, il secondo alla testa.

Poco dopo stessa sorte è toccata alla moglie di Dighera, Liliana: anche lei uccisa con un colpo di pistola al capo.

[Nella foto qui sopra il condominio della strage e i coniugi Osvaldo e Liliana)

I corpi sono stati scoperti dai carabinieri di Rivarolo alle tre di domenica mattina quando i militari hanno fatto irruzione nell'alloggio del pensionato a seguito dell'allarme lanciato dalla figlia dei Dighera.

Proprio in quel momento Tarabella ha rivolto l'arma contro se stesso sparandosi al volto. Il proiettile, però, è uscito dallo zigomo senza ledere organi vitali.

Tragedia di Rivarolo, tra le vittime la trentina Liliana Heidempergher

Il pluriomicidio di Rivarolo Canavese, in Piemonte, ha scosso nel profondo l'opinione pubblica di tutta Italia con un risvolto, purtroppo, trentino. L'autore della strage, Enzo Tarabella, ha ammazzato la moglie, il figlio disabile e i suoi padroni di casa, Osvaldo Dighera e Liliana Heidempergher: quest'ultima si era trasferita dal Trentino in Piemonte per seguire il papà carabiniere. Nelle immagini, le forze dell'ordine sul posto della tragedia

Il pensionato è ora ricoverato al Giovanni Bosco di Torino.

Le sue condizioni sono in miglioramento: tra qualche giorno potrebbe anche rispondere alle domande degli investigatori.

Resta da chiarire il movente: i carabinieri hanno recuperato nell'alloggio della strage, al quinto piano di un palazzone in corso Italia, due biglietti scritti a mano da Tarabella.

"I due hanno insultato mio figlio già morto. È giusto che paghino per quello che hanno detto. Ho dovuto farlo grazie a questa società", ha scritto il pensionato riferendosi ai padroni di casa. Ma gli inquirenti hanno forti dubbi sul valore di quelle frasi.

In realtà il movente sarebbe la disperazione per il degradarsi dei rapporti in famiglia e, per quanto riguarda gli omicidi dei duei vicini di casa, la gelosia per la loro diversa condizione, caratterizzata dalla serenità e arricchita due anni fa dalla nascita di una nipotina.

Un quadretto che agli occhi dell'omicida probabilmente ha accentuato il rancore, anche perché di fronte alla necessità di dedicare del tempo alla nipotina, perché la figlia era rientrata al lavoro, i coniugi Dighera non riuscivano più a dare una mano ai loro inquilini nell'assistenza al figlio disabile, come avevano fatto (specie il signor Osvaldo) per diversi anni.

Liliana Heidempergher quando era ancora una bambina aveva lasciato il Trentino con la famiglia, perché il padre, carabiniere originario di Grigno, era stato trasferito in Piemonte. Una vita, quindi, nel Canavese

«Liliana era mia prima cugina - ricorda Antonio Heidempergher, settantenne di Grigno - anche se ha vissuto di fatto tutta la vita in Piemonte dove mio zio Giuseppe fu trasferito nel 1955 quando era carabiniere. Dopo il congedo rimase a lavorare alla Olivetti di Ivrea. Con mia cugina Liliana eravamo rimasti in contatto. Da parecchi anni era in pensione dopo aver lavorato per una vita come maestra. Liliana era felice perché due anni fa era diventata nonna».

Della tragedia Antonio ha saputo dal fratello, anche lui residente da molti anni nel Canavese come la cugina: «Una strage assurda, come assurdo è il fatto che quell'uomo avesse una pistola».

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