Emigrazione / Trentini all’estero

Dal Trentino a Zurigo per prendere il volo nel mondo del lavoro e nella vita

Continua il nostro viaggio tra i nostri giovani che hanno deciso di trasferirsi all’estero per vivere e lavorare. Stavolta vi parliamo di Fabiano Francesconi: a breve sarà senior manager di un’importante azienda informatica 

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TRENTO. “Ciao! Sono Fabiano e sono di Rovereto. Ad essere precisi precisi sono di Borgo Sacco, un piccolo quartiere di Rovereto in riva all’Adige! Ecco, mi raccomando, non di San Giorgio! (scherzo!)”. Inizia così l’intervista concessa negli scorsi giorni da Fabiano Francesconi, amico di Mondo Trentino.

Qual’è stato il tuo percorso di studi?

Ho studiato Scienze dell'Informatica a Povo (TN), dove ho conseguito sia la Triennale che la Magistrale in Scienze dell'Informatica (specializzazione Data, Media & Knowledge).

Cosa fai attualmente e dove vivi?

Mi sono trasferito a Zurigo 7 anni fa e attualmente lavoro come Head of Engineering in una startup locale. A breve cambierò lavoro e lavorerò come senior manager in un'azienda molto grande e famosa sempre nel settore dell'informatica. Da un paio d’anni vivo insieme a mia moglie in un ridente paesino nella periferia di Zurigo.

Prima di stabilirti in un posto “definitivamente”, hai avuto modo di viaggiare nella tua vita? Cos’è il viaggio per te?

Questa è una bella domanda. Solitamente si associa alla persona che vive all'estero il concetto di grande viaggiatore - per me non è (stato) così. Ho sempre viaggiato poco, essendo cresciuto in una famiglia che fondamentalmente viaggiava di rado (solo quando io e mia sorella eravamo più piccoli) e sempre in Italia. Da quando però mi sono trasferito all’estero ho viaggiato in vari posti, anche per motivi di lavoro e soprattutto in Asia (Hong Kong e Singapore).

In assoluto il viaggio più bello è stato in Giappone, dove io e mia moglie Michela siamo andati in viaggio di nozze. Per chi viaggia ho un piccolo consiglio: rendetevi disponibili a provare cose nuove e diverse, ad abbracciare una cultura differente dalla vostra. 

In questo periodo di emergenza legato al Coronavirus, hai notato un incremento di lavoro nel tuo settore?

Io sono molto fortunato perché lavoro con i computer e le persone, e la tecnologia mi permette di farlo anche da casa. È una fortuna incredibile perché ha permesso a chi lavora nel mio settore di poter “sopravvivere” professionalmente durante questa pandemia senza risentire troppo dei vari lockdown. Anzi, per alcune realtà al lockdown ha corrisposto un successo inaspettato - basti pensare che il settore dei videogiochi ha visto un incremento di giocatori e vendite (tanti che non giocavano da anni sono tornati a provare a farlo dato che non potevano più uscire con amici e parenti) e servizi come Amazon TV, Disney Plus, Netflix si sono ritrovati con un’ondata di nuovi abbonati. Per prenderla un po' alla leggera, mi verrebbe da dire che la pandemia ha aiutato i pantofolai a sentirsi meno "diversi" dagli altri!

Come hai vissuto il periodo di emergenza sanitaria legata al Coronavirus nel 2020 e com’è la situazione in generale ora in Svizzera?

In Svizzera, durante la prima ondata hanno creato tante strutture provvisorie all’esterno degli ospedali per accogliere chi presentava sintomi. Un amico svizzero è stato chiamato a prestare servizio civile per aiutare a creare queste strutture (in Svizzera esiste il servizio civile, in cui ogni milite deve servire 245 giorni di servizio tra i 18 e i 36 anni di età). Lui mi raccontava che la situazione era surreale: a causa del lockdown c’era un clima di tensione e silenzio. Questo silenzio sulle strade sembrava presagire qualcosa di terribile. Da quello che ho potuto capire, l’emergenza sanitaria in Svizzera è stata controllata agilmente, soprattutto grazie alla stabilità economica della nazione.

Tuttavia, il mio parere rimane che l’Italia ha affrontato la stessa emergenza in maniera più decisa e rapida, soprattutto durante la seconda ondata. Nei primi mesi del 2021 tutti si chiedevano come fosse possibile non avere alcune restrizioni e poi, in ritardo, sono arrivate. In Svizzera, dopo la seconda ondata, hanno deciso di dare priorità all’economia lasciando aperte attività come parrucchieri ed estetiste. A fronte di un rischio maggiore di esposizione al virus, ciò ha comunque permesso di tutelare l’economia del Paese. Di contro, le palestre sono rimaste chiuse (e alcune hanno purtroppo dovuto chiedere aiuto ai loro clienti per rimanere a galla). Un'economia forte porta anche ad avere un servizio sanitario forte. Certo, cercare di contenere il virus e di impedire alle persone di ammalarsi è una nobile causa ma va a scapito del lavoro e della stabilità delle piccole imprese. È un tema sicuramente molto difficile.

Cosa ha fatto scattare in te la voglia di trasferirti all’estero?

È stata tutta colpa (o merito) di un amico! Lui lavorava da remoto per un’azienda in Svizzera e mi ha buttato lì per scherzo di fare un colloquio anch’io presso di loro. Mi hanno offerto il lavoro con l’obbligo di trasferirmi a Zurigo dato che volevano creare un team coeso anziché avere talento distribuito in giro per l’Europa. Quindi a pochi mesi di distanza ci siamo trasferiti entrambi e abbiamo iniziato a lavorare presso la stessa azienda. La mia idea era di fare solo un’esperienza a breve termine, però poi ho scoperto quanto il mio lavoro veniva apprezzato all’estero e, soprattutto, quanto l’azienda credeva in me e nella mia crescita professionale. In aggiunta a questo, ho piacevolmente scoperto che i valori umani e sociali della cultura svizzera erano molto più allineati ai miei, rispetto a quelli che purtroppo vengono diffusi in Italia.

Come vedi il tema dell’integrazione nel Paese dove sei?

Immaginatevi di trasferirvi per qualche giorno a casa di uno sconosciuto. Quando entrate per la prima volta a casa sua vi ritroverete a guardarvi intorno e a cercare di capire come funzionano le cose in casa sua (quali sono le sue abitudini, usanze, costumi, comportamento). Il modo più immediato che avremo per integrarci è quello di copiare il comportamento di questo sconosciuto (se lo fa lui significa che va bene).

Integrarsi in un Paese è circa la stessa cosa. Io entro in un Paese che non conosco e guardo come le persone si comportano, cerco di capire cos’è giusto e cos'è sbagliato tramite l’esempio che mi danno gli altri. Quando sono arrivato in Svizzera mi hanno fatto capire subito che non si scherza con il sistema, che le leggi erano dure, severe e soprattutto venivano applicate. Se non paghi il biglietto dei trasporti pubblici e ti beccano, finisci in una lista nera. Più continui a farlo e più le sanzioni aumentano. E se per caso vuoi andare in affitto in un appartamento e trovano il tuo nome in questa lista nera, daranno la preferenza a qualcun altro. Pagare le tasse, comportarsi in maniera civile ed educata è la normalità. Lasciare il posto sul tram alle persone più anziane è un’aspettativa, non un’eccezione. Se non ti comporti bene sei tu l’estraneo. In Italia se fai tutto per bene vieni preso in giro perché “non conosci il sistema giusto”; in Svizzera è il contrario.

L’integrazione in Svizzera non è perfetta, però molto fanno i cittadini stessi. In città come Zurigo, ormai cosmopolite, si può fare di tutto in inglese o addirittura in Italiano. Però se ci provi in tedesco, la reazione delle persone cambia. Ti sorridono, dialogano più volentieri: apprezzano che ci provi e ti fanno immediatamente sentire a casa.

Stai vivendo questa esperienza da solo?

Ho conosciuto Michela, quella che sarebbe poi diventata mia moglie, pochi mesi prima della mia partenza per Zurigo. Non ho mai davvero vissuto quest’esperienza da solo perché all’inizio vivevo con un amico e successivamente ho convinto Michela a trasferirsi con me all’estero. Per lei è stato molto difficile lasciare i colleghi e amici che aveva in Italia.

Hai degli hobby o passioni che vuoi raccontarci?

Suono la tastiera / pianoforte da quando ero piccolo e questo hobby mi accompagna ancora oggi. Un’altra grande passione che ho sono i videogiochi e le serie TV (soprattutto quelle mediche - tipo Grey’s Anatomy!). Nella mia vita ho avuto tanti hobby che sono durati un fuoco di paglia (come la passione per gli aerei, per la fotografia, per il montaggio video, il tennis).

Dove ti vedi tra 5-10 anni?

Dove precisamente non lo so ma di sicuro non vorrei allontanarmi più di così dalla mia famiglia d’origine. La distanza forzata dai familiari non è stata piacevole e non vedo l’ora di poter rientrare per ritrovarli tutti! Inoltre non credo troppo nei programmi a lungo termine: la vita cambia improvvisamente e bisogna sapersi adattare. Come diceva Charles R. Swindoll: “La vita è per il 10% cosa ti accade e per il 90% come reagisci"

Vuoi lasciare un messaggio ai trentini?

Un caro saluto a tutti con la speranza di lasciarci alle spalle questa pandemia presto e per sempre!

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