L'Aquila d'oro a Giorgio Postal, sei legislature in Parlamento, e sottosegretario con Andreotti, Craxi, Fanfani, Goria e De Mita

TRENTO - L'ex senatore e onorevole Giorgio Postal è stato insignito ieri - con una solenne cerimonia a Palazzo Thun - dell'Aquila di San Vemceslao, massima onoreficenza del Comune di Trento.

«La notizia mi ha quasi tramortito» diceva all'annuncio. «Sul serio. Non me lo aspettavo minimamente».

L’Aquila di San Venceslao è la massima onorificenza della città di Trento. «Un grande onore».

Giorgio Postal ha coltivato due passioni: la politica e la Storia. Trentino doc («sono nato nel 1939 in una casa popolare, a Trento, in piazza Centa ma a quel tempo si chiamava piazza 28 ottobre»), è stato parlamentare della Democrazia Cristiana per 6 legislature dal 1972 al 1994, tre alla Camera e tre al Senato, sottosegretario ai Beni culturali quando il premier era Andreotti, all’Ambiente con Craxi e Fanfani e all’Interno con Goria e De Mita.

Da noi intervistato qualche giorno fa, fu riservato: "non voglio parlare di me stesso; non è nel mio carattere. Se meriti ci sono, meglio ne parli qualcun altro. O parlino i fatti». Suvvia!, provi a immaginare. «Penso, allora, che la divideranno in due: la vita politica, che si chiude negli anni Novanta quando cade il “regime”, per così dire, e nello stesso tempo ho avuto grossi problemi di salute. E la seconda vita, alla quale mi sono dedicato negli ultimi decenni...». ...e le ha dato grandi soddisfazioni. «Grandissime. Ed è stato il tempo in cui ho potuto ragionare su alcune fasi della nostra storia non sufficientemente approfondite dagli storici: gli anni Sessanta, la costruzione dell’Autonomia, la fase che ha portato al Pacchetto, i rapporti tra Trento e Bolzano. Ecco, la mia vita la suddivido in questo modo; immagino lo faranno anche loro».

E che fine ha fatto la passione politica in questa seconda vita? «Rimane». Ah ecco! «Quella mi appartiene fin da giovanissimo. L’approccio avvenne gradualmente attraverso una fase di preparazione, educazione, sedimentazione». Poco meno di due anni fa la intervistammo in occasione dei suoi ottant’anni. Disse: ho sempre identificato le mie radici in tre concetti, e cioè la trentinità, la civiltà contadina e la cultura cattolica. «Quando penso alla trentinità ho un po’ di nostalgia». Perché? «Nostalgia di quando Trento aveva il senso di città europea». Ora non lo ha più? «Non lo vedo». Guardi bene. «Lo ha perso». Lei pensa? «Trento non ha più il senso del confine. Lo vedo dal fatto che guardiamo molto meno a nord e molto di più a sud». Ed è grave? «Ci siamo omologati». Okay, è grave. Ma vorrei chiederle un’altra cosa. «Dica». Oggi ci si abitua a tutto, anche alle cose più sconvolgenti; non c’è mai vera indignazione, è venuta meno anche l’etica della responsabilità. «L’ho detto io, qualche tempo fa».

Appunto, e vorremmo spiegasse cosa intendeva. «L’attività politica richiede un cursus lungo e approfondito». Prima, parlando di se stesso, lo ha fatto capire. «Sì. Perché non è vero che uno vale uno. Lo contesto nella maniera più assoluta». Qualcuno vale più di qualcun altro. Giusto. «Vale il merito. Vale l’impegno. Il sacrificio. Ai miei tempi la vita politica richiedeva grandissimi sacrifici, e non parlo soltanto del mio percorso». Ovvio. «La selezione della classe dirigente avveniva, in maniera naturale, attraverso questo cursus». Complimenti per l’onorificenza, senatore Postal. «Grazie. Grazie davvero».

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