Spinelli e il vaccino del Cibio: "Mai visto un progetto, i finanziamenti poteva metterli l'Università"

di Luisa Maria Patruno

È sbalordito Achille Spinelli, assessore provinciale alla ricerca e allo sviluppo economico, per le rimostranze del rettore dell’ateneo trentino, Paolo Collini, secondo il quale i laboratori di Povo del Cibio sarebbero potuti arrivare alla produzione di un vaccino anti-Covid, al pari di quanto si accinge a fare l’azienda ReiThera, con sede a Castel Romano, se solo non fossero mancati 2 milioni di finanziamento da parte della Provincia.

Assessore Spinelli, perché non avete dato quei 2 milioni di cui ha parlato il rettore per fare procedere la ricerca del Cibio per il vaccino trentino?

Vedo che stuzzica molto la fantasia la possibilità di produrci un vaccino in casa. Avevamo percorso questo sogno all’epoca della produzione delle mascherine e per quelle in parte ci siamo riusciti, ma la cosa era molto molto più semplice. E la differenza sta proprio in questo.

Non pensa che nei laboratori del Cibio si possa riuscire a produrre il vaccino anti-Covid? Eppure dicono di essere già alla fase della sperimentazione sugli animali.

Noi a maggio con il presidente Fugatti e l’assessora Segnana siamo andati a visitare i laboratori per vedere l’inizio di questa ricerca, con un approccio anche diverso da quello poi seguito da altri laboratori a livello mondiale, e non abbiamo mai negato apporti al Cibio. Anzi, ho provato anche a sedurlo in tutti i modi, offrendo spazi dedicati per la sede e centri di ricerca nuovi a Rovereto, ma sono stato rifiutato, perché tra professori e ricercatori è prevalsa la comodità e il “trentocentrismo”. Non ci si può dunque accusare di menefreghismo. Oggi leggo con particolare interesse le dichiarazioni del presidente di Confindustria Trento, che osserva che visto che il Cibio è un dipartimento dell’Università, la prima a doverci credere avrebbe dovuto essere questa, che ha risparmi notevoli non investiti.

Quindi i due milioni poteva trovarli l’Università?

Mah, di solito ci si aiuta innanzitutto tra colleghi. Se un altro assessore ha delle necessità, magari risparmio io nel mio assessorato per trovare i soldi. Lo dico senza polemica. La ricerca e l’attività di Cibio è stata da noi sempre sostenuta e finanziata, basta pensare anche ai tamponi. Molto laicamente però ora devo dire che a noi mai è stato presentato un progetto capace di arrivare fino in fondo nella produzione del vaccino. Se c’è, ci piacerebbe vederlo.

Non vede oggi la possibilità che Cibio dalla ricerca riesca ad arrivare alla produzione?

Noi abbiamo Hit per il trasferimento tecnologico e l’Università è socia. Lì, si poteva sviluppare qualche attività di trasferimento tra la ricerca di base e farmindustria. Perché sostanzialmente è quello il problema. Se restiamo Unitn e Cibio siamo piccoli e deboli, dobbiamo trovare un rapporto a livello o nazionale o internazionale ad alto livello per fare ricerca sul campo e industrializzazione che sono fuori dalla portata attuale. Stiamo parlando di tempo e tanti soldi.

Non bastano i 2 milioni?

Forse bastano per arrivare a un certo punto della ricerca. Ma poi? Questo è il punto delicato.

Riusciamo a sviluppare una visione successiva?
Le dosi di vaccino?

Quello è l’obiettivo. Qualsiasi investitore avveduto, tra cui la Provincia, dovrebbe per lo meno avere sul tavolo un piano di fattibilità per arrivare al mercato. Fino adesso nessuno ce l’ha presentato. Neanche il presidente Fugatti è stato informato. Di solito, quando qualcuno viene a presentarmi qualcosa rispondo o sì o no; ma se non mi viene presentato nulla, non è che me lo posso inventare. Sono convinto che si possa fare un vaccino trentino, ma con un programma serio che ancora non vedo. Nella ricerca dobbiamo concentrare le risorse dove si otterranno risultati con maggiore probabilità. E chiedo: a livello nazionale o internazionale è più probabile che raggiunga il risultato per un vaccino un centro di ricerca di base come il Cibio o uno di farmindustria?

Ma non crede che Cibio possa inserirsi in una rete internazionale di collaborazioni che permetta di dare concretezza al progetto?

Sì certo, ma non devo essere io a dirlo. Io mi auguro che l’abbiano fatto, ma non ne ho sentito parlare. Forse c’è un problema di comunicazione. Invito l’Università a farlo, spiegando a noi e agli investitori privati quali sono i progetti per arrivare sul mercato. Il mio indirizzo è sempre via Romagnosi. Io sono disponibile. Se si vogliono raccogliere fondi si racconta quello che si fa. Certo, la Provincia non ha la forza dei 49 milioni nazionali dati al centro di ricerca di Roma.

Magari anche una ricerca trentina per il vaccino potrebbe aspirare ad ottenere finanziamenti nazionali od europei, non pensa?

Certo, ma è necessario non essere passivi, perché non si stimolano competenze, rapporti e non si raggiunge l’obiettivo.

 

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