I piccoli comuni trentini si ribellano contro lo stop agli spostamenti a Natale, Santo Stefano e Capodanno

Battaglia per riaprire i confini dei piccoli Comuni nei giorni del 25, 26 dicembre e a capodanno chiusi dal Dpcm del 3 dicembre. La promette, senza proclami e mettendo le mani avanti, Maurizio Fugatti (Lega).

Il presidente della Provincia ha spiegato che il blocco degli spostamenti tra realtà amministrative di piccole dimensioni e con pochi abitanti non lo trova d'accordo. Ma la speranza è di far cambiare idea al governo: «Da qui a Natale manca una ventina di giorni, anche se sul tema sollevato dalle Regioni c'è la posizione ferma del governo che mette come fondamento la tutela sanitaria, una questione che credo vada compresa. Ma l'auspicio è che a fronte di una stabilizzazione o un calo della curva del contagio nelle prossime due settimane, che ci possa essere una versione soft del divieto. Per ora Conte ha fatto una apertura sui motivi di necessità» ha detto Fugatti in Consiglio provinciale sul tema.

I sindaci dei piccoli Comuni spiegano, in gran parte, che la norma andrebbe rivista, perché pensata per altri territori, più grandi, mentre mal si adatta alla nostra realtà. Marco Depaoli, sindaco di Sagron Mis, chiede un intervento a Fugatti:

«Sarebbe auspicabile ragionare a livello di Comunità di valle, spero che in una ordinanza la Provincia affronti la questione. Sarebbe auspicabile una diversa impostazione, vista anche la nostra dimensione e la nostra orografia. Oltre al fatto che ci sono famiglie che abitano in Comuni diversi in Trentino, noi abbiamo anche il problema dei confini regionali. È auspicabile che si possa risolvere questa questione: la logica vorrebbe che si realizzasse una norma che si adatta al nostro contesto. Nella nostra piccola comunità non c'è il rischio di assembramenti».

Anche Mirko Gadler, sindaco di Vignola Falesina, è preoccupato. «Il nostro comune è piccolo ha circa 180 abitanti e noi abbiamo due alberghi al Compet che lavorano e non potranno farlo a Natale e Santo Stefano e Capodanno. Se uno vuole venire da Levico per un pranzo a Natale e Santo Stefano non potrà farlo. E presumo che tali strutture resteranno chiuse a Natale e Capodanno. I due alberghi più la Stube che abbiamo nel nostro Comune hanno più posti a sedere che abitanti. O ci vanno tutti i censiti o nessun altro può venire».

Per Norman Masè, sindaco di Massimeno, queste regole sono fatte per le grandi città, spero che Fugatti prenda in mano la situazione. C'è poi il tema delle persone care al di là della valle e che non si può andare a trovare. Una cosa che non ha molto senso. Questo dpcm non va a braccetto con i nostri Comuni, pensiamo al fatto che abbiamo i prossimi a pochi chilometri con spostamenti che sono davvero limitati. Ci sono persone a Massimeno che hanno la mamma a Tione e non potranno vederla per le feste di Natale. La la speranza è che ci possa essere un cambiamento prima di quella data. Al governo pensano che il mondo giri attorno a Roma, ma non è così, ci sono anche le piccole realtà locali».

La prende con filosofia Lorenzo Cicolini, sindaco di Rabbi. «A me sinceramente preoccupa di più la questione generale, il dramma vero riguarda l'economia di montagna, mentre vedo marginale la questione del ricongiungimento delle persone a Natale».

Anche per Federico Ganarin, sindaco di Ronchi Valsugana «a livello familiare tanti hanno i propri cari fuori dal paese, ma non sono sacrifici enormi, non vedo grandi problemi. Se si sta a casa per il bene di questa emergenza sanitaria si farà anche questa».


Claudio Cia: «Dpcm centralista, ci tolgono Natale»

«Le nuove misure di contenimento dell'emergenza Covid-19 presentate dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte rappresentano una forzatura centralista che non tiene minimamente conto del nostro territorio e delle nostre peculiarità». Così il consigliere provinciale Claudio Cia.

Che prosegue: «Si può abbozzare un mezzo sorriso nella lettura di direttive che, suggerite da un comitato che riunisce decine e decine di esperti, impongono l'anticipo della Messa di mezzanotte alle 20 per rispettare il coprifuoco alle 22 (come se il virus circolasse tra le persone solo e soltanto a partire da quell'ora, e senza contare che magari anticipando l'orario vi è la possibilità che un maggior numero di persone vi partecipino, con il rischio che si creino pericolosi assembramenti).

Decisamente meno fa sorridere invece il divieto di poter circolare all'esterno del proprio Comune nelle giornate del 25 e 26 dicembre, oltre che per Capodanno. La follia centralista ha fatto sì che un piccolo comune del Trentino, molti dei quali hanno meno di 500 abitanti, sia considerato allo stesso livello non solo di Trento (con quasi 120.000 abitanti) ma anche di Roma (con quasi 3 milioni di abitanti).

Risulta evidente come tali direttive non siano volte a contenere l'emergenza e derivanti da evidenze scientifiche, posto che laddove si è voluto (come nel caso dell'allungamento degli orari di apertura dei negozi per la corsa ai regali) si è intervenuti con deroghe ad hoc, ma piuttosto a sottrarre il significato ad una festività così importante per il mondo occidentale come è il Natale. È allora chiaro che, da parte della nostra politica, serve uno scatto d'orgoglio: non è possibile piegarsi a Roma recependo supinamente delle direttive che non tengono minimamente conto del nostro territorio».

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