Cacciato dalla casa Itea «Ero da mia figlia malata» Continua la battaglia legale

di Nicola Guarnieri

Cacciato dall'alloggio Itea perché allontanatosi senza motivo. Fin qui la decisione, lapidaria, dell'Istituto di edilizia abitativa spalleggiato dalla Comunità della Vallagarina.

L'inquilino in questione, un cittadino straniero residente da anni in Trentino, non ha però accettato passivamente lo sfratto anche perché non se n'è andato dall'Italia per un viaggio di piacere ma per assistere la figlia gravemente malata che vive e lavora all'estero. Una giustificazione che all'ente di via Guardini non è bastata perché ritenuta ingiustificata in quanto non comunicata al padrone di casa, l'Itea appunto.

La decisione di revocare l'abitazione popolare, ovviamente, è stata impugnata davanti ai giudici del Tar che, dopo aver analizzato la questione, si sono dichiarati incompetenti rimandando il caso al tribunale ordinario. Perché, come hanno rilevato i magistrati amministrativi, il contenzioso non rientra più nell'ambito dell'affidamento dell'alloggio e delle norme che regolano la concessione ma in quello della dimensione contrattuale di cui è competente, appunto, il tribunale e non il Tar.

Lo straniero, come detto, si era allontanato da casa per sette mesi e per un motivo più che giustificato: assistere la figlia affetta da una grave patologia a residente nel Nord Europa. Ma il contratto stipulato con l'Itea è chiaro: si deve sempre comunicare all'istituto o all'ufficio edilizia della Comunità di Valle quando ci si assenta per più di due mesi. Perché l'abitazione ricevuta ad un prezzo non di mercato non può restare vuota, specie con la fame di case a canone agevolato che ingrossa le liste di chi ambisce un tetto sulla testa ma che non ha soldi a sufficienza per pagare i privati.

E su questo concetto l'ente di via Tommaseo ha puntato il dito coinvolgendo per altro il tribunale regionale di giustizia amministrativa.
In verità, l'abitazione popolare era stata concessa al nucleo familiare composto dal ricorrente e dal nipote che, per altro, assicura di non essere mai andato via. Ma dalle verifiche della polizia locale il giovane inquilino non si trovava mai. «Perché fuori per lavoro o per andare a pregare», ha sempre risposto. Ma tanto non è bastato per rimanere nell'appartamento.

La famiglia di stranieri, comunque, all'ordine di sgombero ha subito ubbidito liberando i locali ma ha impugnato la decisione ritenuta ingiusta, visto che di mezzo c'era una questione di salute di un congiunto e non certo una vacanza.

I giudici del Tar, però, hanno ritenuto inammissibile il ricorso proprio perché di competenza altrui, il tribunale ordinario.

Anche perché a pesare è stata la mancata occupazione dell'alloggio per un periodo continuativo superiore a sessanta giorni come previsto dalla legge provinciale e dal regolamento Itea pena, appunto, la revoca dell'abitazione. Insomma, si tratta banalmente di clausola contrattatuale su cui il Tar non ha, detta in termini grossolani, diritto di parola. Che, come detto, spetta ad un giudice del tribunale civile.

E pensare che il cittadino in questione si era pure rivolto al capo dello Stato ma il suo ricorso era stato girato al Tar. Un girotondo burocratico che alla fine è tornato alla base con l'uomo che è rimasto senza casa e, per riaverla, deve fare causa all'Itea e alla Comunità della Vallagarina, spendendo soldi e tempo.

comments powered by Disqus