Parla l'epidemiologo Stefano Merler: "Il picco di mortalità deve ancora arrivare e poi ci sono altri virus, brutte bestie"

di Giorgio Lacchin

Merler, alcuni esperti sussurrano che in Italia l’ondata dei decessi debba ancora arrivare.
«Hanno ragione. Le morti hanno un ritardo medio di 20 o 30 giorni sull’infezione. I morti di oggi sono gli infettati di 20 giorni fa, e siccome le infezioni sono aumentate moltissimo nelle ultime tre settimane è certamente possibile che l’ondata dei decessi debba ancora arrivare. Purtroppo».

Stefano Merler è un epidemiologo matematico della Fondazione Bruno Kessler e contribuisce al monitoraggio del virus nelle regioni italiane. Il ricercatore trentino ha fornito un apporto determinante alla redazione del “Piano sanitario di organizzazione della risposta dell’Italia” all’emergenza pandemica da Covid-19.

Nei comuni trentini dove i contagiati superano il 3% dei residenti viene istituito una specie di lockdown: questa la decisione del presidente della provincia, Fugatti. Merler, quanto può funzionare?
«Non lo so. E non so neppure quanto possano funzionare i Dpcm nazionali».

I decreti del presidente del consiglio dei ministri.
«Esatto. Ma una cosa so per certo: qualunque azione i presidenti delle regioni - o delle province autonome, nel nostro caso - mettano in atto per limitare la diffusione del virus è una cosa positiva. La situazione è complessa in tutta Italia: al di là del colore assegnato alle regioni dalla cabina di regia, è importante agire contro la trasmissione della malattia».

Il premier Conte sembra meno pessimista rispetto a qualche giorno fa.
«La curva dei contagi non cresce più in maniera esponenziale, questo è vero, e abbiamo osservato un calo generalizzato dell’indice Rt in tutta Italia».

Sembra che questa settimana Rt sia diminuito da 1,7 a 1,4.
«Qui devo dire un po’ di cose».

L’indice Rt dice quante persone vengono contagiate da un “positivo”.
«Allora. Stiamo osservando un calo generalizzato dell’indice Rt, però non è sufficiente».

Perché?
«Primo, perché gli ospedali sono sotto stress; in certe zone d’Italia, enormemente sotto stress. Secondo, perché se Rt rimane anche di poco superiore a 1 vuol dire che l’epidemia sta continuando a crescere».

In poche parole non è sufficiente che Rt scenda. Deve scendere sotto a 1.
«L’obiettivo è quello. Finché rimane sopra il valore di 1 gli ospedalizzati e i contagiati curati nelle terapie intensive continueranno ad aumentare, sovraccaricando un sistema già sotto stress».

Quando arriveremo al picco dei contagi? Se ne sentono di tutti i colori: chi dice fine novembre, chi metà dicembre...
«Sa una cosa? Non lo so».

Davvero?
«I dati in nostro possesso non permettono di prevedere quando sarà il picco. L’ho detto: non sono neppure sicuro che gli interventi messi in atto a livello nazionale riescano a far scendere Rt sotto il valore di 1. E finché non scendiamo sotto quella soglia, il picco non l’abbiamo raggiunto. Dirò di più: il picco, paradossalmente, potremmo averlo già superato».

Ma come!
«Certo. Noi non sappiamo cosa sia successo negli ultimi 15 giorni. I dati delle infezioni di ieri li conosceremo tra 15 giorni».

Eh già, il virus ha i suoi tempi d’incubazione.
«E ci vuole tempo per raccogliere i dati».

L’ultimo decreto del premier Conte, che ha fissato restrizioni e divieti, sarà in vigore fino al 3 dicembre. Dopo quella data torneremo “liberi”?
«Per osservare gli effetti di un intervento occorrono dalle due alle quattro settimane. Intorno al 25 novembre, dunque, potremo fare una valutazione realistica sull’efficacia dell’intervento».

Abbiamo capito.
«Bene».

L’Ordine dei medici chiede il lockdown totale sennò, dice, non ne usciamo.
«Nelle zone in cui il sistema sanitario è al collasso, o funzionano le misure prese finora oppure bisognerà fare di più. Per tutte le altre aspetterei di vedere gli effetti dell’ultimo decreto del premier».

Ne verremo fuori?
«Penso di sì, in un modo o nell’altro».

In che modo?
«Sappiamo che la situazione si può risolvere con il lockdown, ma sarebbe un prezzo altissimo da pagare. Così, giustamente, si cercano altre soluzioni che abbiano un impatto minore dal punto di vista economico e sociale».

Non ci possiamo permettere di far crescere questa epidemia.
«Altrimenti riempiamo gli ospedali in due settimane».

Il vaccino sviluppato dalle aziende Pfizer e Biontech agirà solo contro il Covid-19 o anche contro altri virus?
«Solo contro il Covid. I vaccini sono molto specifici. Non esiste un vaccino universale: è in via di sviluppo un vaccino universale per l’influenza ma non c’è modo che un unico vaccino possa proteggerci da tutti gli altri virus».

E dopo il Covid dobbiamo aspettarcene altri?
«Questo è certo al cento per cento».

Addirittura.
«Negli ultimi 20 anni ne sono arrivati quattro: Sars, Mers, H1n1 e Covid, e ci sono già i nuovi candidati».

Forza, dica.
«Il Nipah virus, ad esempio, del quale sono stati segnalati focolai in Malesia, a Singapore, in Bangladesh e in India».

E com’è?
«Una bestia. Circola in ambiente animale e ha fatto il salto di specie. Tra gli uomini che contraggono questo virus la mortalità è altissima».

Altri candidati?
«Le varie influenze aviarie. Virus che già esistono ma non sono ancora un problema per gli umani. Ma se ci fosse la mutazione...».

Basta così.
«Calma. Non possiamo dire ancora nulla sulla gravità di queste malattie. Non sappiamo neppure dove e quando succederà».

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