Trentino, agritur aperti ma i clienti sono pochi

Tra incertezza e rischio di essere dimenticati. I 510 gestori di agriturismi in Trentino sono preoccupati. Pur restando in zona gialla, dunque con la possibilità di tenere aperto fino alle 18, per loro si tratta già di un lockdown virtuale. Con la situazione aggravata dalla poca chiarezza normativa. «Stiamo leggendo decreti e allegati con grande attenzione – sintetizza il presidente dell'Associazione Agriturismo Trentino, Manuel Cosi (in foto) – perché qui una virgola rischia di cambiare tutto». Il primo allarme, nei giorni scorsi, era per essere stati dimenticati dal decreto «Ristori» del governo. Poi si è dibattuto sulla questione dell'attività prevalente. Per gli agriturismi la legge prevede che l'attività prevalente sia quella agricola.

Che, seppure tra qualche difficoltà della filiera (i ristoranti sono fermi la sera e lavorano poco a pranzo, in Lombardia sono del tutto chiusi) sta reggendo. Ma l'attività ricettiva è azzerata. Allora niente ristori? Un bel rebus, solo in parte attenuato da rassicurazioni arrivate a livello nazionale dalla Cia (Confederazione italiana agricoltura). «Purtroppo ci si sta perdendo nei dettagli, pur importanti, mentre il settore è in grossa difficoltà da diverse settimane. Dopo aver perso la primavera, abbiamo recuperato dal 15 luglio in poi, fino a tutto settembre. Ora non è alta stagione ma è un fuoristagione sprecato: è un autunno tiepido e c'erano le premesse per lavorare bene, grazie ai protocolli, ai piccoli numeri di clienti che registrano gli agriturismi, agli spazi ampi e all'aperto delle nostre strutture.

Per noi agricoltura e turismo sono facce della stessa medaglia, facciamo entrambe. Il governo non può considerarci agricoltori o ristoratori a seconda della convenienza del momento». Una situazione ibrida che nuoce alla chiarezza interpretativa e alla velocità dei ristori. Gli agriturismi sono generalmente lontani dai grossi centri urbani e lavorano con clienti non del posto, quindi la possibilità di tenere aperto a pranzo, per pranzi di lavoro o menù operai non regge. «Di fatto siamo chiusi – precisa Cosi – perché finora si lavoricchiava nel week-end a pranzo, ma è insufficiente per mantenere un'azienda, e in più turisti non ce ne sono e la gente ha sempre più paura».

Per Natale non ci si fa illusioni: «L'Alto Adige ha chiuso, la Lombardia anche. I contagi non calano. Se penso al periodo delle vacanze natalizie mi viene un gran mal di pancia. Anche ai collaboratori stagionali non so proprio cosa dire». Il settore dell'agriturismo in Trentino fa registrare ogni anno 10-15 nuove aziende iscritte, molte gestite da giovani o persone che si sono riconvertite. L'appello è chiaro: «Non dimenticateci come operatori turistici e della ristorazione e consumate trentino per quanto riguarda la filiera agroalimentare, perché i contadini locali sono vicini e una cassa di verdure o uova ve la portano anche a casa».

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