Bonifica delle rogge Sloi oggi parte il cantiere, ma sul piombo tetraetile è silenzio

di Gigi Zoppello

E’ prevista per oggi alle ore 11.30 la consegna dei lavori, del primo lotto, per la bonifica delle rogge demaniali di Trento nord. L’intervento è finalizzato alla bonifica del fondo delle rogge, che nella parte iniziale scorrono limitrofe alle aree denominate “SLOI” e “ Carbochimica”, mediante l’asporto ed il conferimento presso impianti di trattamento del materiale inquinato depositatosi sul fondo nel corso degli anni.

Si tratta di un intervento atteso da 25 anni, di dimensioni colossali (è stato diviso infatti in tre lotti) e di estrema delicatezza. Lungo le rogge, che poi confluiscono nell’Adigetto a Cristo Re e scorrono sotto terra sotto tutta l’attuale via Torre Verde fino a sbucare nel Lungadige, ci sono infatti tonnellate di fanghi velenosi. Sono in gran parte composti dal velenosissimo piombo teatraetile che veniva prodotto dalla Sloi di via Maccani (i cui scarti di lavorazione venivano regolarmente scaricate nei fossi del lato Est), e di idrocarburi e polifenoli aromatici (sospettati di essere cancerogeni) residui di lavorazione della Carbochimica di via Brennero, che produceva sostanzialmente naftalina.

Da tempo di discute su come affrontare questo inquinamento. Nella prima parte (quella interessata dai lavori che partono lunedì) è abbastanza agevole asportare lo strato di fanghi velenosi, pur con le dovute cautele e la necessità di non smuovere troppo, per evitare che le sostanze velenose riprendano a scorrere nell’acqua).

Molto più complicata la bonifica - nemmeno all’ordine del giorno - dell’Adigetto interrato. Per ripulire il canale sotto via Torre Verde, infatti, bisognerebbe praticare delle sezioni a cielo aperto asportando la strada a tratti, per scavare, ma con il pericolo che in caso di forti temporali si produca un effetto di dilavamento.

Infine resta la inapplicata bonifica dell’area Sloi: i terreni sono impregnati da tonnellate di piombo tetraetile accumulato nei decenni. Il veleno (ne bastano pochi grammi per uccidere qualunque forma di vita in acqua) è infatti “fermo” sopra uno strato argilloso impermeabile, dello spessore variabile fra 1 e 3 metri, che per fortuna lo separa dalle falde acquifere e dalla possibile contaminazione del fiume Adige. Ogni ipotesi di bonifica è stata scartata, poiché non esistono - al momento - tecniche al riguardo.

Inquinamenti come quello della Sloi sono rari: ne esistono solo tre casi al mondo. Uno è presso una base militare americana nel deserto del Nevada (che è stata chiusa e sigillata così com’è). Un altro caso simile, ma meno grave, si trova a Karlruhe in Germania: qui si tentò l’asportazione dei materiali, ma il tentativo fu bloccato perché aveva rimesso in movimento la penetrazione del piombo nel terreno.

Vale la pena ricordare come - era il 2 febbraio 2019 - il ministro dell’Ambiente Costa accompagnato dal Sottosegretario Fraccaro dei 5 Stelle - venne a Trento ad annunciare la soluzione “entro pochi giorni”. Cioè entro il 19 febbraio 2019.

Disse: «Noi aspettiamo di avere alcuni dettagli tecnici dai proprietari privati sul metodo di intervento. Poi stabiliremo termini perentori, con una road map precisa, tagliente, per la bonifica di Trento Nord».
Costa, che aveva deciso di visitare tutti i 41 «Sin», i siti inquinati di interesse nazionale, tra cui rientrano l’ex Sloi e l’ex Carbochimica, aveva scelto di cominciare da Trento Nord: «Sono tutti siti coordinati dal ministero e ho deciso di partire da questi per il significato che hanno per la città».

Il ministro incontrò in municipio il sindaco Andreatta, con la dirigente del Servizio ambiente Luisella Codolo, la geologa Lorenza Forti e l’avvocato Mario Gentilini; per la Provincia, l’assessore all’ambiente Mario Tonina con le dirigenti Livia Ferrario (Dipartimento territorio, ambiente, energia e cooperazione) e Laura Boschini (Agenzia per la protezione dell’ambiente).

Sforzi di bonifica fin qui vanificati dall’impostazione data: concedere metri cubi à gogo per coprire i costi della bonifica. Il piano guida monstre del 2011 (piano Gregotti) prevede sull’ex Carbochimica ed ex Sloi tra i 320 mila e 500 mila metri cubi. Irrealizzabile. Mera fantascienza, perché già dal 2008 erano chiari i segnali di crisi del comparto costruzioni.

I privati raccolti nel «Consorzio di bonifica e sviluppo Trento Nord» hanno contestato la metodologia dell’Appa. Nella sostanza, trapela la richiesta di evitare qualsiasi intervento di scavo, per ridurre i costi, ovviamente ridimensionando le aspettative volumetriche. E da sempre i privati vorrebbero - in sostanza - poter “ricoprire” con uno strato di materiale inerte i terreni così come sono. Per poi costruirci sopra.

Ma al ministero hanno risposto: allora, presentateci voi una nuova medologia di messa in sicurezza. Avrebbero dovuto farlo entro gennaio 2019, ma ai privati era stato concesso un margine ulteriore: il 19 febbraio 2019. Ma non ce n’è traccia.

Però ricordiamo la promessa del ministro Costa: «Abbiamo esaminato i carteggi in modo dettagliato, in un rapporto di trasparenza con Provincia e Comune, e stabilito che nella settimana tra metà e il 22 febbraio 2019, al ministero ci sarà una riunione tecnica con l’Appa, la direzione generale per le bonifiche e l’Ispra. Lì fisseremo tempi perentori per la bonifica».

E - chiedemmo allora - se i privati non ci stanno? «Sono persuaso» risponde il ministro «che i soggetti privati daranno la loro disponibilità. Altrimenti, è previsto che l’intervento di bonifica lo farà la pubblica amministrazione». Rifacendosi, come legge prevede, sui privati.

Avete visto qualcosa? Eppure era ottimista - quasi due anni fa in quella riunione - il ministro Fraccaro: «Il connubio tra ministero, Provincia e Comune» diceva «può dare l’esito sperato».

Come dice il proverbio popolare.... aspetta e spera.

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