Covid: fine degli aiuti, una bomba sociale Tra rate, bollette e licenziamenti in Trentino a rischio 10mila famiglie

di Francesco Terreri

A Trento è stata segnalata la necessità di ripristinare il servizio di distribuzione solidale del cibo per alcune persone. Era il servizio che Caritas e altre associazioni avevano attivato durante il lockdown per le famiglie in difficoltà. Nelle strutture della Caritas arrivano più persone di prima del Covid, oltre un centinaio di casi in più questa estate (l’Adige del 30 agosto).

Ma la vera bomba sociale deve ancora scoppiare. «Siamo in una sorta di clima di attesa - afferma don Cristiano Bettega, delegato dell’area testimonianza e impegno sociale della Diocesi - Le sovvenzioni della Provincia e dello Stato, la cassa integrazione, il blocco dei licenziamenti, le moratorie dei mutui, dei debiti, delle bollette aiutano ad andare avanti. Ma a fine anno, quando gli aiuti andranno a finire, ci aspettiamo un aumento considerevole delle famiglie in difficoltà».

Quante? La Caritas segue in Trentino circa 4.000 persone, le comunità di accoglienza circa 6.000. Le famiglie che hanno ottenuto la moratoria dei mutui dalle banche sono più di 5.000. I richiedenti del bonus 600 euro, politici e furbetti a parte, sono oltre 26mila. Poi ci sono i richiedenti del reddito di emergenza che si sono visti respingere la domanda, spesso solo perché avevano un reddito 2019 appena superiore al minimo: sono più di 1.700 in regione. Si può parlare di almeno 10mila famiglie a rischio di trovarsi in gravi difficoltà quando ripartiranno i pagamenti di debiti e bollette e il posto di lavoro non potrà più essere mantenuto, nemmeno con la cassa integrazione.

«All’inizio del lockdown - ricorda don Bettega - c’è stato un aumento considerevole degli interventi della Caritas soprattutto nella distribuzione del cibo.
Oggi la richiesta è minore ma non è cessata ed è ancora consistente. C’era un grande disagio di famiglie e singoli, le difficoltà dei nomadi, dei gruppi di Sinti che vivono alla periferia della città».

«Ora la situazione della famiglia media è in stand-by - prosegue don Cristiano - Le sovvenzioni pubbliche e gli aiuti su affitto, pagamento bollette, mutui, rateizzazioni del pagamento dell’auto, il blocco dei licenziamenti, per qualcuno il risparmio messo via, pare che consentano di andare avanti. Il sistema sta reggendo ma la situazione cambierà a fine anno e inizio 2021. La cassa integrazione non coprirà più, le sovvenzioni finiranno, verrà tolto il blocco dei licenziamenti. Molte persone si troveranno disoccupate».

«Abbiamo fatto un’analisi con il sistema bancario, in particolare con le Casse rurali, che hanno l’occhio clinico per queste cose - dice ancora don Bettega - I rinvii, le sospensioni, il blocco dei pagamenti hanno visto nel momento di crisi una risposta considerevole.

Se non ci sono altri provvedimenti, le famiglie dovranno ricominciare a pagare e saranno in difficoltà. Parliamo di migliaia di famiglie del ceto medio-basso, dei nuclei familiari monoreddito con reddito non molto alto, degli immigrati, quelli regolari, che fanno il doppio di fatica a trovare un appartamento».

Ma don Cristiano Bettega segue anche il Centro missionario. E pure i 190 missionari trentini nel mondo, preti, suore, laici, sono impegnati ad affrontare le conseguenze della pandemia, per fortuna senza gravi conseguenze personali. «Le situazioni più difficili sono in America Latina, dove il.

Coronavirus è in piena diffusione, ma anche in Asia, nelle Filippine, in India, in Giappone. In Africa, più che la diffusione del virus, ciò che crea più problemi sono le conseguenze delle misure di contenimento, che portano all’impossibilità di svolgere i mercati nelle strade cittadine».

Questo porta ad un aumento dell’emigrazione verso i nostri Paesi? «In realtà no, perché per emigrare ci vogliono soldi. Uno dei nostri missionari è in Ciad, tra i Paesi più poveri del mondo. E di immigrati ciadiani qui non ne vediamo».

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