I neonati uccisi dal batterio Mamma Francesca: «Due anni fa quell'ospedale andava chiuso»

«L’unica scelta forte e doverosa che andava fatta era di chiudere tutto subito e non aspettare due anni. La decisione è stata presa solo il 12 giugno, quando ho reso pubbliche le perizie medico legali che accertavano che mia figlia è morta per il citrobacter».

A parlare è la prima persona che si è preoccupata di denunciare quanto accaduto all’Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento a Verona, dove quattro neonati sono morti e altri nove hanno riportato dannic erebrali permanenti: davanti al nosocomio è una mamma, Francesca Frezza, che appresa la notizia dell’esito dell’inchiesta ispettiva, ieri, ha iniziato una protesta fuori dell’ospedale, dove tornerà anche oggi nel nome della figlia Nina e degli altri bimbi vittime del batterio.

«Sono qui - spiega - perché l’autorevole commissione d’indagine nominata dal governatore Zaia conferma tutto quello a cui ho sempre pensato in questo lungo anno». Francesca tiene in mano la foto della figlia (la stessa ripresa nell'immagine qui sopra), nata nell’ospedale veronese l’11 aprile 2019 e morta al Gaslini di Genova sette mesi dopo.

Un rubinetto del lavandino utilizzato dal personale della Terapia intensiva neonatale per prendere l’acqua e darla ai piccoli: è questa, secondo l'indagine tecnico-scientifica, la causa ei quattro decessi e delle altre gravi conseguenze sui neonati.

A stabilirlo è la conclusione della relazione sulla vicenda del batterio Citrobacter da parte della Commissione ispettiva dalla Regione Veneto dopo i 96 casi riscontrati tra i piccoli nati a partire dal 2018. A renderlo noto il governatore del Veneto, Luca Zaia, che aveva fatto avviare le indagini nominando un gruppo di esperti guidati dal professor Vincenzo Baldo, professore di Igiene e Medicina preventiva dell’Università di Padova.

La struttura era stata chiusa dopo l’inizio dell’ispezione ed è stata riaperta oggi, per ciò che riguarda il Punto nascite per i parti non a rischio, dopo una bonifica completa dei locali.
La relazione della commissione sarà inoltrata alla Procura della Repubblica «e resa disponibile - annuncia Zaia - per l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona e per i familiari dei bambini colpiti dal batterio, in modo che possano conoscere gli esiti fin da subito».  Incrociando cartelle cliniche, protocolli e procedure, si è scoperto nel rubinetto della Terapia intensiva il pericolosissimo killer che ha veicolato il batterio, arrivato probabilmente dall’esterno e forse favorito dal non completo rispetto delle misure di igiene imposte al personale dei reparti ad alto rischio.

«Mancanze igienico-sanitarie della terapia intensiva neonatale», ha spiegato ancora mamma Francesca, tenendo sempre in mostra la foto della figlia, nata nell’ospedale veronese l’11 aprile e morta al Gaslini di Genova il 18 novembre 2019, dopo un calvario causato dall’infezione da citrobacter.

«Oggi  chiedo, in attesa con piena fiducia che la magistratura faccia il suo corso - ha aggiunto - le dimissioni in via temporanea del dottor Paolo Biban, direttore della Pediatria a indirizzo critico e della terapia intensiva, della dottoressa Chiara Bovo, direttore sanitario dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, del direttore generale Francesco Cobello, e del dottor Massimo Franchi, direttore del Dipertimento materno-infantile».
La donna ha detto di non accettare le spiegazioni che in questi mesi le sono state fornite. «Non meno di pochi giorni fa - ha affermato - il direttore generale Cobello ha dichiarato di essere venuto a conoscenza del citrobacter il 12 giugno, quando ha deciso la chiusura del punto nascite e lo spostamento della terapia intensiva neonatale. Ma nella cartella clinica di mia figlia, a maggio 2019 c’era scritto dell’infezione da citrobacter».  E ha ricordato che «la commissione parla di 96 bambini infettati, di cui 4 deceduti e 9 resi cerebrolesi».

«L’unica scelta forte e doverosa che andava fatta - ha sottolineato la donna - era di chiudere tutto subito e non aspettare due anni. La decisione di chiudere è stata presa solo il 12 giugno, quando ho dichiarato e reso pubbliche le perizie medico legali che accertavano che mia figlia è morta per il citrobacter».

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