Medicina a Trento: intesa con Verona e Ferrara L'Università presenta il suo progetto ma la Provincia snobba l'evento

di Matteo Lunelli

Una Scuola di Medicina a Trento. Nuova, unica, innovativa. Che sappia essere sia una Facoltà, sia una formazione specialistica, sia un centro di ricerca. Insomma che sappia accompagnare uno studente in tutto il lungo e complicato percorso che va dalle aule alle corsie dell’ospedale. Il progetto, che sarà realizzato dall’Università di Trento, è stato presentato ieri dal rettore Paolo Collini. L’idea prevede il coinvolgimento di quello che è il meglio del Trentino scientifico, dal Cibio a Fbk, dalla Fondazione Mach al Cimec. Ma alla conferenza stampa di presentazione non c’era la Provincia.

Il progetto “passa” inoltre dai vari Dipartimenti d’Ateneo, perché bioetica, robotica, biodiritto, fisica medica, management, genomica, intelligenza artificiale sono temi imprescindibili per il medico di domani, e probabilmente anche per quello di oggi. E sarà imprescindibile l’aiuto di una serie di collaborazioni, come l’Università di Verona, quella di Ferrara, l’Humanitas di Milano, l’Eurac e la Scuola Sant’Anna di Pisa, senza dimenticare Bolzano e Innsbruck.

Il progetto, molto più di un’idea, dovrebbe diventare concreto già nell’ottobre 2020, all’inizio del nuovo anno accadamico. Il rettore Paolo Collini già da alcuni mesi, dopo un primo confronto lo scorso marzo con il presidente del consiglio di amministrazione Daniele Finocchiaro, ci ha lavorato intensamente, con decine di incontri, visite, telefonate, ricerche, analisi, coinvolgendo rettori e direttori, medici e dirigenti di vari settori. E naturalmente, da buon professore, con un business plan dettagliato. Che non ha svelato, ma che sicuramente è nel cassetto della sua scrivania.

Ieri Collini ha ufficializzato il tutto, scendendo nel dettaglio e inserendo nella cornice generale elementi di sviluppo e soluzioni, criticità e ambizioni. Ad ascoltarlo, e in molti casi ad applaudirlo, in sala c’erano vari rappresentanti del mondo accademico, il presidente dell’Ordine dei medici Marco Ioppi, i delegati delle Università di Verona e di Ferrara e il direttore generale dell’Azienda sanitaria Paolo Bordon. Ma, come spesso accade, a fare notizia sono stati gli assenti: nessuno della Provincia, infatti, si è scomodato per assistere alla presentazione.

Non il presidente Fugatti («L’ho chiamato questa mattina per esporgli in anteprima tutti i dettagli: mi ha detto che faranno le loro valutazioni ma che loro hanno altri progetti»), non uno degli assessori competenti (Stefania Segnana per la Sanità o Mirko Bisesti per l’Istruzione), non un qualche consigliere, non un dirigente. Nessuno. Tradotto: una bocciatura in anticipo? Questo si vedrà. Ma, dando ragione a Finocchiaro, che ha detto che «la nostra è una soluzione a delle esigenze, con una proposta innovativa e non una replica o un duplicato di qualcosa che già esiste: parliamo dei contenuti e della visione, perché sarebbe scandaloso non sviluppare e mettere in rete le nostre eccellenze», entriamo anche noi schematicamente nei contenuti, con le semplici e immediate 5 W.

CHI

La proposta è dell’Università di Trento, ma enti, soggetti e realtà coinvolti sono potenzialmente e concretamente decine, ognuna con il proprio ruolo. Le Università di Verona e Ferrara in primis, ma Collini ha sottolineato l’esigenza e l’importanza di guardare a nord, a Bolzano e al Tirolo.

COSA

Il piano si articola in tre direzioni: il corso di studi, la formazione specialistica e l’attività di ricerca. In particolare una ricerca di qualità, che guadagna visibilità internazionale, è la chiave per valorizzare i medici già presenti in Trentino e attirarne di nuovi, per far loro scegliere di vivere e lavorare in provincia. Per quanto riguarda i research Hospital si punta a creare all’interno delle strutture sanitarie degli ambiti di ricerca clinica, valorizzando il ruolo degli ospedali di valle (su modello
di quanto già fa Eurac) e ad attivare i dottorati clinici. I Teaching Hospital saranno attivati con la Scuola di Medicina di Trento e le Scuole di specialità, cogliendo le evoluzioni normative, senza dover ospitare specializzandi di altre scuole.

QUANDO

Da subito, ovvero dal prossimo anno accademico con il primo e il secondo anno, con il personale docente dell’Ateneo che è già in grado di coprire il 20% della didattica. Ben sapendo che partire adesso significa avere nuovi medici solo nel 2033.

DOVE

L’Università di Trento ha già individuato una serie di possibili spazi e strutture, fermo restando che la carenza di spazi, a prescindere da Medicina, resta una piaga per l’Ateneo. La vera difficoltà, è stato detto da Collini, sono gli spazi dentro l’ospedale, con il Santa Chiara già in crisi oggi, figuriamoci con una sorta di clinica universitaria.

PERCHÉ

La risposta è semplice: il fabbisogno di personale medico. Se i laureati in medicina ci sono, gli specializzati servono come l’aria, in Italia e in Trentino. E andrà sempre peggio, perché oltre il 40% dei medici ha più di 55 anni.

IL DUELLO TRA PROVINCIA E UNIVERSITÀ

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