La "banda dello spray" colpì anche a Trento

di Marica Viganò

Avevano tentato di colpire anche a Trento due dei responsabili della tragedia alla discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo. Ma non con lo spray al peperoncino con il quale, nel locale in provincia di Ancona, avevano creato il panico scatenando la ressa; sei le vittime e 196 i feriti in quella notte d’inferno dell’8 dicembre 2018.

Tre mesi dopo, due della “banda dello strappo” erano alla discoteca Artè di via Unterveger, a Trento nord, in occasione della serata con il producer italo-americano Sick Luke. Non volevano lasciarsi scappare l’evento, occasione per mettere a segno per l’ennesima volta il loro “piano”: avvicinare le vittime che ballano in pista, approfittare della calca per strappare le collane d’oro e poi sparire. All’Artè, come viene evidenziato nell’ordinanza firmata dal gip Carlo Cimini, nella notte tra il 16 ed il 17 marzo 2019 è stata accertata la presenza di Ugo Di Puorto (tra i sei giovani modenesi arrestati per la tragedia di Corinaldo, assieme ad un 65enne) e di Eros Amoruso (che non è finito in carcere perché si schiantò lo scorso aprile con l’auto, la stessa che era stato utilizzata per il colpo alla “Lanterna Azzurra”). Con loro anche un’amica. La stessa sera era stata presentata la denuncia di tentato furto con strappo di una collana.

Insomma, i ragazzi non si erano fermati. Nessun rimorso di coscienza per quanto avvenuto a Corinaldo: con i furti con strappo di collane  e con la successiva vendita nei negozi di “compro-oro” riuscivano a raggranellare diverse centinaia di euro ogni settimana ed erano evidentemente decisi a continuare.

La procura di Ancona contesta ai sei giovani l’associazione a delinquere, l’omicidio preterintenzionale, le lesioni gravi e la rapina; il settimo uomo in carcere, 65 anni, è accusato di ricettazione.
Tra oggi e domani gli arrestati potranno raccontare la loro verità davanti al gip, per gli interrogatori di garanzia. L’obiettivo delle indagini, a questo punto, è approfondire il ruolo di ciascuno di loro nella vicenda. A cominciare da Ugo Di Puorto, il cui padre risulterebbe vicino al clan dei Casalesi.

Chi non potrà raccontare quello che è successo è Eros Amoruso, morto in un incidente stradale, l’unico che, nelle intercettazioni che hanno portato agli arresti, ha mostrato qualche segno, se non di pentimento, almeno di consapevolezza del fatto che il loro “giochino” aveva provocato sei morti.

La “banda dello spray”, secondo quanto ricostruito dalla procura di Ancona, avrebbe messo a segno una sessantina di colpi in discoteche e locali del nord Italia, 18 solo in un mese. Puntavano le vittime, strappavano le collane e fuggivano via. Solo se venivano visti utilizzavano lo spray al peperoncino per creare il caos. Gli arrestati, riferiscono gli investigatori, avevano partecipato a decine di eventi organizzati nelle discoteche, privilegiando quelli con esibizioni di musica trap e dunque con una maggiore affluenza di pubblico giovanile per poter compiere più agevolmente razzie di oggetti in oro e di orologi indossati dagli avventori.

La svolta nelle indagini è arrivata setacciando i movimenti delle celle telefoniche, dei Gps, dei Telepass sulle loro auto, dopo aver trovato il Dna di uno dei sei su una bomboletta di spray urticante.
Ora si dovranno capire anche le relazioni con le altre bande del nord Italia che lavorano allo stesso modo, a Genova e a Torino.

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