Il latte di capra è troppo e così viene pagato meno

di Marica Viganò

Fino a otto centesimi al litro: è quanto perdono i produttori trentini di latte caprino. Alle tredici aziende che fanno riferimento a Latte Trento è arrivato nei giorni scorsi il primo saldo, che conferma quanto contenuto nella lettera di fine maggio firmata dal presidente Carlo Graziadei: l’acconto riconosciuto ai soci per il latte di capra passa a 55 centesimi al litro comprensivi di Iva (prima la cifra era 0,5568 euro) e cui va sommato il punto per il premio qualità che è pure ribassato, da 0,00235 a 0,00188.

La decisione, come evidenziato nella comunicazione ai soci, è stata presa dal consiglio di amministrazione dello scorso 16 maggio «in relazione all’andamento del mercato del latte caprino ed alla difficoltà di valorizzare e remunerare lo stesso, in conseguenza sia ad un aumento delle quantità di latte conferito alla cooperativa che alla diminuzione sul mercato del prezzo del formaggio caprino». 

Il malumore tra i soci, già causato dalla comunicazione di maggio, è aumentato all’arrivo del primo saldo che conferma gli importi al ribasso. «Ad un produttore un litro di latte viene 0,75 centesimi come minimo. Ci pagano di meno, ma allevare una capra costa: costano la cura, il benessere animale, ma soprattutto costa l’alimentazione - spiega un produttore, facendosi portavoce del malumore dei colleghi - Le nostre capre vengono sì portate al pascolo, ma sono nelle stalle, alimentate con fieno, granella di mais, erba medica. Assimilano più velocemente e in proporzione mangiano più di una mucca. Ogni capra beve fino a 30 litri di acqua al giorno. Inoltre il valore del punto per il premio è calato».

«Attenzione però: è vero che il valore del punto per premio è diminuito, ma abbiamo un regolamento nuovo che premia la qualità - ha precisato il direttore di Latte Trento Sergio Paoli, riguardo alla lettera ai produttori, - ora alla qualità diamo più punti rispetto a prima. Il problema è che il caprino ha subìto le conseguenze della crisi del pecorino, con un eccesso di produzione, e si vende con più difficoltà. Negli ultimi anni come Latte Trento abbiamo pagato il latte di capra sopra 0,90 con punte di 0,96 euro al litro, un prezzo alto rispetto a 0,70 e 0,75 di altre zone, ma ora per noi insostenibile. Non riusciamo a vendere, se non facendo prezzi più bassi. Si tratta di un prodotto buonissimo, che riscuote successo, ma che si scontra con un aumento della produzione a livello nazionale. Noi di Latte Trento abbiamo riscontrato questa primavera il 33% in più rispetto allo scorso anno. E come consorzio abbiamo l’obbligo di raccoglierlo. Questa percentuale non incide sui costi, ma si rischia di riempire i magazzini».

Diventano necessari nuovi canali di vendita. Latte Trento un’idea originale l’ha trovata. «Abbiamo lanciato il latte caprino Uht a lunga conservazione nella confezione da mezzo litro. Il prodotto già si può trovare sugli scaffali di Poli, Sait, Dao Conad e nei nostri spacci. Coop Italia ha dato la propria disponibilità: se riuscissimo ad aprire questo canale di vendita possiamo pensare ad accogliere nel nostro consorzio quei sei-sette produttori che hanno fatto domanda, e magari invertire la tendenza tornando ai precedenti valori degli acconti per i soci».

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