A Gardolo chiude le serrande il mitico Bazar Moser

di Giacomo Poletti

Il bazar Moser di Gardolo chiude. O meglio, chiuderà nei prossimi mesi, probabilmente nella primavera del prossimo anno. Una decisione destinata a lasciare di stucco i «gardoloti» abituati alla rassicurante presenza di quel negozio su due piani in piazza Libertà, fulcro per certi versi della «vita» del centro. Un pezzo di Gardolo grande, grandissimo, che non esisterà più dopo quasi un secolo (era nato nel 1921) tanto da fregiarsi del titolo di «bottega storica» nel comune di Trento.

La famiglia Caracristi - mamma Alessandra e i figli Martina e Nicola - ha deciso di gettare la spugna, dopo aver provato negli ultimi anni a far fronte al calo di vendite anche con misure dolorose e con riorganizzazioni considerevoli dei reparti e degli orari, le ultime delle quali appena un anno e mezzo fa.

«Abbiamo tenuto duro in tutti i modi» spiega Nicola, documentando l'andamento degli ultimi anni con lucidità «dal 2009 il calo è stato costante e non ci permette più di proseguire, nonostante i locali siano di nostra proprietà (ben 1000 metri di superficie di vendita, ndr) e i costi siano rientrati nei nostri obiettivi. Le entrate purtroppo restano insufficienti». I 13 dipendenti sono stati avvisati ufficialmente della chiusura la scorsa settimana; fra le commesse - quasi tutte di Gardolo - la situazione di difficoltà era nota, ma la speranza di continuare a lavorare in questo negozio era ancora tanta. Il problema diventa ora occupazionale e rischia di ripercuotersi sul tessuto sociale del paese. La concorrenza spietata sui casalinghi da parte della grande distribuzione e degli ipermercati, il cui numero a nord di Trento è esploso negli ultimi anni, ha influito. Nicola prova ad ipotizzare anche altre ragioni: «Da un lato appunto i supermercati che hanno ampliato le offerte, forti della clientela sugli alimentari, con orari per noi improponibili e disponibilità enorme di parcheggi. Dall'altro lato, anche nel campo della merceria scontiamo un calo di vendite, mentre la concorrenza in zona si è inasprita».

Gioca il suo influsso probabilmente anche «l'effetto Amazon» sul reparto giochi e forse anche sulla cartoleria, ambiti nei quali il bazar offriva servizi più unici che rari, come la consegna su ordinazione nelle classi delle elementari di bancali con il necessario per l'anno scolastico. «Molti nel nostro settore sono in difficoltà, la gente spende meno e le somme per adeguarsi alle varie normative finiscono con il prosciugarti ogni margine di guadagno». Un addio che si trasforma ora in un appello accorato: «io credo che un negozio in piazza abbia un valore sociale incomparabile, una soluzione andrebbe trovata» spiega Nicola «chi intende farsi avanti per proporre un utilizzo diverso di questi spazi è quindi ben accetto».

«Anche se» rintuzza sua sorella Martina non senza un velo di nostalgia al pensiero di un futuro senza bazar «io qui voglio immaginarmi qualcos'altro rispetto ad una attività come la nostra nella quale abbiamo speso tutta la vita. I tempi sono cambiati: anche se ci siamo sempre impegnati ad offrire il meglio, la domanda è inferiore ormai nettamente ai livelli passati».

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