Accusa di bancarotta per Alberto Rigotti

C’è anche un nome trentino fra gli indagati nell’ambito dell’inchiesta per mafia che coinvolge Giovanni Savalle, imprenditore alberghiero accusato di essere il tesoriere del boss Matteo Messina a cui la finanza e il Ros hanno sequestrato 60 milioni di euro.
Si tratta del businessman di Trento Alberto Rigotti, membro del Cda di Banca Etruria fino al 2009 e già salito alla ribalta delle cronache proprio per il crac dell’istituto bancario nel quale fu rinviato a giudizio assieme ad altri 20 indagati con l’accusa di bancarotta fraudolenta.
Nell’indagine odierna, secondo gli investigatori della Divisione distrettuale Antimafia di Palermo, Giovanni Savalle avrebbe ottenuto un finanziamento da Banca Etruria di un milione e mezzo di euro in un periodo in cui le aziende del suo gruppo erano prossime al fallimento proprio grazie al tramite di Alberto Rigotti che per questa vicenda verrà incriminato per bancarotta dalla procura di Arezzo.
Gli importi e i beni di cui si parla sono ingenti: il sequestro a Savalle, che nel tempo avrebbe goduto dell’appoggio di influenti esponenti dell’associazione mafiosa come Filippo Gottaduro, cognato di Messina Denaro, Rosario Cascio, Giovanni Becchina, Girolamo Bellomo e Giuseppe Grigoli, riguarda 22 comlessi aziendali, 12 pacchetti di partecipazione a società, 28 rapporti bancari, 47 fabbricati, 8 autoveicoli e il resort di lusso di Mazara del Vallo Kempinski.
«Rigotti - hanno spiegato gli investigatori della Finanza che hanno effettuato il sequestro - avrebbe indotto il cda e il collegio sindacale a concedere il prestito nonostante lo stato di decozione della società. Savalle portò in Banca due scatole vuote e ottenne lo stesso il mutuo». E ancora sulla posizione del finanziere di Trento: «Quello che emerge dalle indagini, condotte dalla Procura di Arezzo - ha aggiunto Danilo Persano, colonnello del Gico della Guardia di Finanza - è che Rigotti e Savalle avevano un rapporto privilegiato tale da far ottenere un finanziamento che nessuno altro avrebbe ottenuto».
Come ricordato, non sono i primi guai giudiziari per Rigotti che da imprenditore ha fatto affari in molti settori: dalla fibra ottica alle autostrade, passando per le costruzioni - compera ad un certo punto il 40% della Torno, impresa di costruzioni che ha interessi nell’Expo 2015 - e perfino nel campo editoriale: fra le acquisizioni di Rigotti c’è ad un certo punto anche la catena di giornali freepress Epolis, fondata da Niki Grauso, fatto importante per il suo arresto, tre anni più tardi.
Nel 2007, infatti, Alberto Rigotti ottiene un prestito di 12,5 milioni di euro con una delle sue tante holding, la lussemburghese Abm Network Investment, soldi concessi mentre era membro del Cda di Banca Etruria e mai restituiti che si sono trasformati in uno dei buchi che hanno portato al crac dell’istituto bancario per il quale duemila tra risparmiatori e azionisti sono stati ammessi come parte civile.
Sarà arrestato tre anni dopo aver acquistato Epolis, il 4 giugno 2014, con l’accusa di bancarotta fraudolenta del gruppo e della sua concessionaria, la Publiepolis. La Torno global contracting pure risulta fallita, nel 2010, e chiusa definitivamente cinque anni dopo, nel luglio 2015.
Nel 2007, quando riceve il prestito, la holding di Rigotti è già in perdita per 4 milioni di euro e nel 2010 arriva l’istanza di fallimento del tribunale lussemburghese: l’accusa quindi per il finanziare trentino, che contemporaneamente siedeva in Cda quando Banca Etruria concesse i 12,5 milioni di euro alla sua azienda, fu di bancarotta fraudolenta per aver ricevuto il prestito in conflitto di interessi.

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