Sorprende la moglie in auto con un amico

di Sergio Damiani

Tradito dalla moglie con un amico di famiglia; oltre al matrimonio andato a rotoli ci rimette pure il porto di fucile ad ad uso caccia. Il Tar, infatti, ha respinto il ricorso presentato dal cacciatore che, a causa delle turbolenze matrimoniali (pare superate) non può tornare ad imbracciare la doppietta.

Così sono stati ricostruiti i fatti da parte ricorrente: «Il giorno 12 ottobre 2015, verso le ore 17e 30 circa - si legge sulla sentenza del Tar - nei pressi del parcheggio scoperto dello Shop Center Valsugana, sito in Pergine, egli ha trovato la moglie in intimità con un amico di famiglia all’interno dell’autovettura di quest’ultimo. Stante la situazione, egli era pronto a risalire sulla propria automobile per allontanarsi, ma è stato raggiunto dalla moglie e dall’amante, i quali per trattenerlo gli hanno sottratto le chiavi del veicolo. Mentre egli cercava di tornare a casa a piedi, la moglie, al fine di precostituire la propria versione dei fatti, si presentata in caserma dai Carabinieri e il giorno successivo (cioè il 13 ottobre 2015) ha sporto querela nei suoi confronti, riportando fatti non veritieri, senza fare cenno a minacce o violenze da lei subite nell’occasione, ma rappresentando presunti episodi accaduti molti anni prima, non denunciati e non comprovati da certificazione medica. Mentre egli si preparava a formalizzare una contro-querela è stato contattato dalla consorte, la quale lo ha informato che avrebbe provveduto a ritirare la propria querela, com’è poi effettivamente avvenuto in data 21 ottobre 2015».

La difesa del ricorrente sostiene  inoltre che «la moglie, approfittando della sua assenza alla fine ottobre 2015 si è intrattenuta con il suo amante nella casa familiare per una notte intera, ma egli, anche in quest’occasione, non ha posto in essere gesti inconsulti, né ha proferito offese o minacce, limitandosi a promuovere un giudizio per separazione personale con addebito, come poi è avvenuto in data 2 novembre 2015».

Insomma, il marito sostiene di aver reagito in modo più che flemmatico di fronte al tradimento, ripetuto, da parte della moglie. Tutto ciò però non lo ha messo al riparo della revoca del porto d’armi da caccia e il contestuale divieto di detenzione di armi di qualsiasi tipo. Un provvedimento che secondo il ricorrente sarebbe illegittimo. Nel suo ricorso il cacciatore sottolinea di non avere precedenti penali; di non aver mai subito provvedimenti amministrativi relativi all’uso delle armi; di essere stato destinatario di una querela subito ritirata dalla moglie; di godere, come da certificati medici prodotti, di perfetta salute psichica o fisica.

I giudici invece hanno respinto il ricorso confermando la legittimità della revoca. Secondo la Questura «la gravità dei fatti e dei comportamenti segnalati, rivelatori di un complesso quadro familiare, fa sorgere fondati dubbi circa la capacità di abuso del titolo e delle armi da parte dell’interessato che, allo stato attuale, non risulta in possesso dei requisiti di buona condotta e di affidabilità necessari per il mantenimento della licenza e della detenzione di armi, rendendo necessaria l’adozione di misure preventive che evitino il possibile verificarsi di episodi di turbativa della sicurezza pubblica».

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