«Mia figlia e la malattia: istituzioni assenti» Il disagio psichico e la lotta di una mamma

Ha letto un articolo riguardante i suicidi e a quel punto ha trovato la forza di raccontare tutte le difficoltà che ha incontrato e incontra oggi giorno a vivere con una figlia con problemi psichici senza un aiuto concreto da parte delle istituzioni. «Parliamoci chiaro, non è un'accusa contro i singoli operatori, tutti validissimi, quanto sulle strutture a disposizione nella nostra moderna e ricca regione, inesistenti. E così questi "invisibili" e le loro famiglie non sanno dove sbattere la testa. Di chi sto parlando? Dei moltissimi ragazzi e giovani affetti da disturbi mentali come schizofrenia, disturbo schizoaffettivo, disturbo bipolare, depressione grave», spiega questa mamma (che firma il suo racconto ma che noi preferiamo tutelare).

Il racconto della donna inizia con i primi disturbi della figlia manifestati quando era un'adolescente. «Mettiamo che improvvisamente si passasse ad attacchi d'ira sempre più frequenti, autolesionismo, ritiro sociale, fughe continue, comportamenti inappropriati, depressione e minacce di suicidio? Voi non sapete ancora che si tratta di un disturbo mentale, ma sicuramente vi rivolgereste ad uno specialista». E qui, stando a questa mamma, iniziano i problemi soprattutto se il minore non vuole collaborare.

«In Trentino non esiste un reparto di neuropsichiatria infantile e le cure si svolgono solo a livello ambulatoriale. Al massimo possono prescrivere dei farmaci, che naturalmente il minore non prenderà perché non gli servono. Una porta sbattuta in faccia praticamente. Così ve ne tornate a casa, senza sapere cosa fare». La mamma racconta poi del tentato suicidio della ragazza, dell'ansia che accompagna ogni giorno della sua vita, del lavoro lasciato per stare vicino alla figlia.

«Arriva il secondo atto suicidiario. Questa volta mettiamo che vi arrabbiate e minacciate il personale del pronto soccorso di denunciarli se una volta dimesso il paziente succede qualcosa. Mettiamo che accettino di ricoverarla nel reparto di psichiatria adulti dietro vostra richiesta di Tso, ma solo se qualcuno rimane con lei giorno e notte, essendo una minore in un reparto per adulti. Immaginate di dover rimanere un mese in un reparto di psichiatria, giorno e notte, in attesa di un trasferimento in un reparto di neuropsichiatria infantile (l'unico è in Alto Adige, a Merano, 15 posti letto circa e quindi bisogna aspettare per un letto). Finalmente riuscite ad accedere alle cure di un reparto di neuropsichiatria infantile (se siete molto fortunati e soprattutto se avete ancor un po' di forza in corpo) dove vi danno la diagnosi: un disturbo psichico, probabilmente incurabile (anche se migliorabile)».

A quel punto la speranza è che la figlia venga accolta nell'unica comunità residenziale protetta. «Al compimento della maggiore età sarà però peggio. Da un giorno all'altro vi diranno che il percorso è finito e che dovete riaccogliere il paziente a casa. Ve lo diranno con vostra figlia presente, e quale genitore sarebbe in grado di opporsi? Vi assicurano che sarete seguiti dai servizi ambulatoriali, dai Csm di zona, ma che purtroppo in Trentino non esistono strutture riabilitative psichiatriche per giovani adulti. Anche la nomina di un Amministratore di sostegno serve a ben poco, poiché in ogni caso se il paziente maggiorenne non vuole entrare in struttura la scelta definitiva è sua e non c'è modo di "costringerlo". E vi sembra giusto che una persona non abbia il diritto di essere curata solo perché la sua malattia le impedisce di capire che è malata?».

La donna racconta di crisi violente di rabbia, di notti insonni, di senso di abbandono. «Passerete così la vostra vita, perché l'unico servizio offerto concretamente a questi "invisibili" è il ricovero in Casa di Riposo quando voi non ci sarete più». L'invito di questa mamma-coraggio è quello di mettere da parte l'orgoglio e di lottare per rendere queste persone più «visibili».

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