La piccola Nicole pesava 455 grammi Nata l'8 marzo, ora sorride alla vita

di Patrizia Todesco

Quando è venuta al mondo, l'8 marzo di quest'anno, era piccola. Anzi piccolissima. 455 grammi di peso per 28 centimetri di lunghezza. Dimensioni ai limiti della sopravvivenza. Dopo quattro mesi di ricovero nel reparto di neonatologia del S. Chiara, mesi in cui più volte i genitori si sono sentiti dire che i suoi parametri vitali erano quasi incompatabili con la vita, Nicole e i suoi genitori possono ora guardare alla vita con ottimismo. Grazie alla sua tenacia Nicole (il nome significa proprio vincitrice), è riuscita in un'impresa che all'inizio sembrava quasi impossibile: sopravvivere. Il grande merito va a questa piccola grande guerriera, ma anche alla forza dei genitori Monica e Maurizio e di tutto lo staff del reparto.

Tutta la storia di Nicole i genitori l'hanno riportata, giorno dopo giorno, in un album-diario. Dal primo giorno quando per lei c'erano pochissime speranze di vita, alla festa del giorno delle dimissioni. In mezzo tante pagine per raccontare quattro mesi di speranza, ma anche di sofferenza, paura e impotenza. Quattro mesi di foto, stati d'animo, bollettini medici, dettagli scritti messi nero su bianco perché ogni minimo particolare rimanesse impresso.

[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"1630421","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"480","width":"319"}}]]Era il 2 marzo quando mamma Monica si è presentata dalla sua ginecologa per una visita di controllo. Era alla 27esima settimana e la dottoressa la mandò subito all'ospedale. La bambina che aveva in grembo nell'ultimo mese non era cresciuta. «In pochi secondi mi è sembrato che tutto mi crollasse addosso. Non capivo e tutto quello che avevamo programmato sembrava non doversi realizzare. Attendevamo quel figlio, che non sapevamo ancora se fosse maschio o femmina, per il 30 maggio, tre mesi dopo», racconta mamma Monica. Al S. Chiara sono subito stati chiari. C'era un problema alla placenta e si doveva far nascere la bambina al più presto. Prima era necessario preparare i suoi polmoni con qualche dose di cortisone, ma poi c'era poco da attendere. «L'8 marzo, dopo una settimana di ricovero e continui monitoraggi, è stato deciso di farla nascere nonostante fosse piccolissima. Mi hanno fatto presente che c'erano rischi per me e per lei ma anche che non c'erano alternative».

Un parto cesareo vissuto con la paura di quanto sarebbe potuto accadere. «Ho sentito un vagito, mi hanno detto che era femmina, ho potuto anche darle un bacio e poi l'hanno subito portata via». A quel punto è iniziato il lunghissimo percorso di Nicole e dei suoi genitori. «Ci hanno detto che le prime 24 ore sarebbero state decisive. Aveva molti problemi legati all'immaturità tanto che poi per 46 giorni è rimasta intubata», ricorda la mamma.

Giorni in cui i genitori si sono alternati all'ospedale per stare vicino alla piccola negli orari in cui era possibile mentre a casa, però, c'era un'altra figlia di tre anni da accudire. «È stata lei la nostra forza che ci ha permesso, quando non eravamo in ospedale, di dare una parvenza di normalità ad una vita che era stata completamente stravolta».

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Nicole ha combattuto battaglie difficilissime durante il suo ricovero. I suoi polmoni erano il punto più debole e più di una volta sembravano sul punto di non farcela. Poi la difficoltà ad alimentarsi. «Uno dei momenti più critici è stato quando ha avuto una perforazione dell'esofago dovuta probabilmente al sondino. Non poteva più essere alimentata ed era in pericolo di vita. Un bambino più grande sarebbe stato operato senza problemi, ma lei era troppo piccola. Così, il 14 marzo, un'equipe formata dal chirurgo pediatrico e da personale della neonatologia l'ha sottoposta ad una gastostomia, un minintervento che ha permesso di posizionare il sondino nello stomaco per permettere che venisse a quel punto alimentata da lì». Il pericolo, dopo l'intervento, sembrava scampato, anche se per settimane le difficoltà ad alimentare la piccola sono state enormi. Il 10 aprile, a poco più di un mese dalla nascita, è subentrato un altro problema: questa volta ai polmoni. «Il fabbisogno di ossigeno era altissimo. Sul diario avevo scritto parole come panico, angoscia, dolore. Forza piccola grande guerriera». Il 15 aprile la situazione era ancora più critica. I genitori sono stati chiamati entrambi all'ospedale perché i medici sembrano volerli preparare al peggio. E invece ancora una volta Nicole ha sorpreso tutti e si è dimostrata più forte delle probabilità e delle statistiche. La vera svolta positiva è arrivata il 26 aprile quando finalmente è stata estubata. Anche in questo caso la cosa è risultata difficile. Un primo tentativo è andato fallito ed è stato solo grazie ad alcuni farmaci che hanno favorito la maturazione dei polmoni che finalmente è riuscita a respirare da sola. Poi, passo dopo passo, il diario di mamma Monica e papà Maurizio si è arricchito di belle notizie. La prima marsupio terapia con il contatto diretto pelle a pelle quando aveva raggiunto il peso di 860 grammi, la grande soddisfazione quando il 13 maggio al raggiungimento del chilo, l'uscita dall'incubatrice il 28 maggio, il primo vero pianto, il primo biberon, e finalmente, il 10 luglio, il ritorno a casa, a Brentonico. È a quel punto è stata festa grande. «La cosa strana è che mentre quando nasce un figlio a termine tutti ti mandano messaggi di congratulazioni e c'è gran voglia di festeggiare con Nicole all'inizio era tutto diverso. Pochi messaggi e non avevo messo nemmeno i palloncini. Poi mi sono subito pentita e lo abbiamo fatto perché tra me e me mi dicevo che comunque, forse solo per pochi giorni, lei comunque era nata e c'era. I fiocchi, poi, sono rimasti fino al suo rientro a casa».

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I genitori di Nicole hanno accettatto di raccontare la storia della loro piccola perché vorrebbero che «simboleggiasse speranza per tutti quei genitori che dovranno affrontare un'esperienza drammatica e dolorosissima come la nostra. Il dolore e l'angoscia che abbiamo provato per tutto quel tempo sono quasi indescrivibili, la gioia di aver superato tutto al meglio è immensa, l'amore che ora lega tutta la nostra famiglia è ancor più intenso e profondo».

La storia di Nicole è motivo di orgoglio anche per tutto il reparto che l'ha curata e coccolata per quattro mesi. «È stato davvero un caso difficile - ammette il primario Massimo Soffiati - ma la famiglia è stata molto solida. Anche nelle difficoltà mamma e papà si davano la forza a vicenda. Soprattutto il papà, anche davanti a notizie drammatiche, continuava a ripetere che sua figlia ce l'avrebbe fatta. Era consapevole della gravità, ma nello stesso tempo era fiducioso. E la sua convinzione è stata d'aiuto anche agli operatori. In questo caso la famiglia è stata anche di supporto al personale».

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