Il caso «Mentana e autonomia trentina» Ricci Garotti: «Monologo logorroico Pressapochismo prepotente per sprovveduti»

Nuova puntata del «caso Mentana». Dopo che il noto giornalista ha criticato l’autonomia trentina decrivendola come un privilegio, un qualcosa di superato nell’Italia di oggi che deve affrontare la crisi economica e sopravvivere in un sistema istituzionale sbilanciato.

Ad intervenire nel dibattito, dalle pagine dell’Adige, è la linguista Federica Ricci Garotti dell’Università di Trento che non le manda a dire: «Ha trasformato quello che doveva essere un dibattito in un logorroico monologo-spettacolo in cui si è distinto sostanzialmente per il suo pressapochismo anche piuttosto prepotente, che ha reso accettabili con continue captatio benevolentiae nei confronti dei giovani sprovveduti presenti».

Ma andiamo con ordine. Cosa ha detto Enrico Mentana, direttore del Tg La7 per fare imbestialire il mondo della politica trentina e la Provincia autonoma che finanzia il Festival delle Resistenze, dove Mentana era stato invitato?

Ripercorriamo le sue parole in alcuni passaggi dell'articolo-intervista firmato da Daniele Benfanti.

Ci sono le fortissime spinte secessionistiche in Catalogna, prima in Scozia. Questione di identità collettive?
«C’è un’ansia di libertà per gli individui, ma anche per i popoli. Non è possibile, però, che ognuno si auto-battezzi come popolo. Nel caso catalano ci sono una lingua, una storia, un’aspettativa. Poi ci sono le Costituzioni, però. Non dobbiamo pensare che i confini possano cambiare solo in conseguenza di guerre o crolli di regimi. Certo le tensioni catalane ora si radicalizzeranno».

In Italia tra meno di un mese i referendum sull’autonomia per Lombardia e Veneto. Giuste rivendicazioni?
«Duole dirlo qui in Trentino, ma le regioni e Province a Statuto speciale non hanno più senso. Ci sono state delle condizioni storiche che hanno determinato queste autonomia: il multilinguismo, le minoranze. Ma dagli anni Settanta, con le regioni elettive, sarebbe ragionevole che l’autonomia l’avessero o tutte o nessuna».

La reazione del Trentino autonomo è cosa nota. Ecco allora la riflessione della linguista Federica Ricci Garotti:

«Il Festival delle Resistenze organizzato e finanziato dalla Provincia e dalla Regione dovrebbe forse pensare meglio a come gestire i soldi pubblici e agli ospiti da invitare. Se doveva essere una manifestazione per mettere in evidenza l’attuale contesto giovanile, certamente uno degli ospiti intervenuti, Enrico Mentana, noto giornalista e conduttore televisivo, ha preso molto alla lettera il compito.

Ha trasformato quello che doveva essere un dibattito in un logorroico monologo-spettacolo in cui si è distinto sostanzialmente per il suo pressapochismo anche piuttosto prepotente, che ha reso accettabili con continue captatio benevolentiae nei confronti dei giovani sprovveduti presenti.

Non mi interessa parlare del personaggio, piuttosto grossolano, che ci ha impartito una lezione sul senso di onnipotenza che può dare un successino televisivo (per quanto gli organizzatori e i moderatori di un evento pubblico dovrebbero pretendere almeno l’educazione dagli ospiti e il modo in cui il giornalista si è rivolto ad un signore in prima fila che lo contraddiceva, invocando i barellieri che avrebbero dovuto portarlo via in quanto anziano, sarebbe dovuta essere sanzionata dal presentatore che invece ha rincarato la dose perché è sempre più facile essere forte con i deboli). Mi interessano invece le reazioni dei giovani a questo sgradevole spettacolo.

Sono piovuti applausi scroscianti per affermazioni che io ritengo gravi, quando il nostro ha affermato che lo statuto autonomo del Trentino non ha più senso e che noi vecchi dovremmo dedicare metà del nostro stipendio a favorire l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro.

L’applauso dei presenti è la dimostrazione che il senso dell’autonomia del Trentino ormai è andato perduto nella comunità, che ne riconosce solo il vantaggio finanziario senza volersene assumere la responsabilità.

Le generazioni più giovani sono assorbite totalmente da un mondo tutto uguale, perso in un magma indistinto, nel quale le diversità non solo non contano, ma non esistono. Sempre più l’autonomia viene vista come un fenomeno legato al passato che non ha più senso nel presente.

Sfugge totalmente il fatto (ed è un fatto, non un’idea) che il senso del bene pubblico e del rispetto del patrimonio comune non venga dal nulla, ma dalla lunga tradizione di autogoverno che contraddistingue questa regione e dalla sua diversità linguistica.

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Il direttore del TG LA7 Enrico Mentana

Scroscianti applausi all’affermazione ignobile che difendere minoranze linguistiche non abbia più senso in un mondo che parla inglese. I plaudenti forse ignorano, come ignora evidentemente l’ospite parlante, che la lingua rappresenta l’identità di ciascuno e che essere costretti da un giorno all’altro a cambiare il proprio nome, il nome del luogo in cui si vive, il nome delle cose sia una violenza alla propria identità.

E ignorano anche, entrambi, che un popolo che perde la propria identità è un popolo in balia dei più beceri maestri della violenza e del populismo, che, esattamente come fece Hitler, sono pronti a esplodere la loro vendetta contro poteri che li hanno umiliati o cancellati e dunque costituisce una pericolosissima bomba a orologeria per la convivenza civile e pacifica.

Incomprensibile come gli applausi delle masse siano scrosciati alla contraddittoria affermazione che la Catalogna sì, fa bene, a rivendicare la propria diversità dalla Spagna e che nessuno possa imporle di cambiare o ignorare la propria identità. La Catalogna sì, ma il Sudtirolo no. Il catalano deve essere difeso, ma tedesco, ladino, mocheno e cimbro devono assimilarsi e parlare inglese.

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L'assessore provinciale Sara Ferrari, in sala durante l'intervento di Mentana, alla presentazione del Festival delle Resistenze

Dunque è una questione di numeri? I numeri fanno la forza? Se fosse così, sarebbe ancora più grave, un concetto di matrice fascista, che richiama una rissa in cui dieci si scatenano contro uno e ovviamente lo massacrano. Ma, invece, la folla giovane che, immagino, vive e lavora e mangia e dorme nella regione a statuto autonomo, applaude compiaciuta.

Secondo scivolone e secondo scroscio di applausi quando il nostro afferma che chi, anziano, non si fa da parte, è poco solidale nei confronti dei giovani. Al di là del fatto che c’è molta gente che, se la legge glielo permettesse, andrebbe in pensione volentieri, compresa la sottoscritta, credete davvero che sia il cittadino, il lavoratore a dover creare posti di lavoro per i giovani quando la politica dorme?

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Come mai in Inghilterra, Germania e nei paesi nordici nessuno ha bisogno di dimezzarsi lo stipendio e il lavoro per i giovani non manca? Ma per un applauso di masse inebetite si affermano questa ed altre idiozie. Non resta che aspettare che il famoso giornalista, che non è un giovincello, vada in pensione presto, devolvendo metà del suo stipendio all’assunzione di un giovane giornalista di belle speranze e ritirandosi per sempre dal mondo dei media. Scommettiamo?

Detto tutto ciò, sono molto amareggiata dal nostro fallimento come adulti, non perché non devolviamo il nostro stipendio ai giovani, perché quello lo stiamo già facendo mantenendoli, visto che da soli non ce la fanno. Sono amareggiata perché solo dei giovani smarriti, senza strumenti e senza informazioni possono trovare positiva una serata così inutile e spiacevole, al punto che uno di loro si è spinto a chiedere al nostro un consiglio su cosa leggere. Andate dai vostri professori a chiedere cosa leggere per avere strumenti critici. Gli eroi del teleschermo sono, come si vede, molto inaffidabili e certamente più ignoranti».

Fin qui le parole di Ricci Garotti. Ma nel 2012 un'altra grande firma del giornalismo italiano, Gian Antonio Stella, aveva crtiticato il Trentino Alto Adige e la sua autonomia speciale. Lo aveva fatto con un'ampia inchiesta sulle pagine del Corriere della Sera. Anche allora le reazioni politiche a livello provinciale furono di un certo tipo.  Per saperne di più CLICCA QUI.

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