Caso Itas, nuovi capi d'accusa per l'ex direttore generale Grassi

È stata rinviata a metà novembre l'udienza preliminare sul «caso Itas».

Ma ci sono contestazioni in più per l'ex direttore generale Ermanno Grassi: con la querela presentata nei suoi confronti dall'ex presidente Giovanni Di Benedetto i capi d'imputazione salgono da dieci a dodici, anche se il suo avvocato Matteo Uslenghi dice: «Finalmente è arrivato il momento di esprimere la nostra posizione».

Dopo l'addio di Di Benedetto parte la corsa al vertice: tra i papabili per una soluzione «interna» ci sono Fabrizio Lorenz e Ilaria Vescovi.

Ieri in aula nessuno dei cinque imputati, quando il giudice Francesco Forlenza, davanti al pm Carmine Russo e agli avvocati difensori, ha aperto il confronto durato una ventina di minuti. Poi, come previsto, l'udienza preliminare è stata rinviata per la discussione. Se ne riparlerà davanti al gup a metà novembre e poi, come è probabile, si andrà a dibattimento.

La bufera giudiziaria che ha sconvolto il gruppo assicurativo trentino vede ora la conferma dei capi di imputazione, ma per l'ex direttore generale di Itasi aumentano.

Cambiano le cifre contestate ad alcuni imputati, con un alleggerimento della posizione di Alessandra Gnesetti, l'ex collaboratrice di Grassi che con le sue dichiarazioni al giudice del lavoro ed ai carabinieri del Ros diede di fatto l'avvio alle indagini. La donna è anche parte civile nel procedimento rispetto all'ipotesi di calunnia.

Mutando le cifre contestate ai singoli, cambia l'ipotesi di risarcimento contenuta nella costituzione di parte civile presentata ieri da Itas.

Gli altri imputati sono il titolare di Target sas di Villa Lagarina, Roberto Giuliani; Gabriele Trevisan, referente della società Point rent car di Piove di Sacco; l'ex dirigente ed ex procuratore speciale di Itas Patrimonio, Paolo Gatti (uscito da Itas grazie ad una «separazione consensuale»).

La Target, secondo l'accusa, era la società che il top manager aveva utilizzato come soggetto cui alcuni fornitori di Itas avrebbero dovuto fatturare beni e servizi, che sarebbero stati poi rifatturati da Target ad Itas a prezzi maggiorati e con causali che evidenziassero «le spese di rappresentanza». Per l'accusa, in questo modo Target nel solo 2011 avrebbe fatturato beni e servizi per oltre 560mila euro. Nello stesso periodo la Target aveva assunto l'ex moglie di Grassi, con uno stipendio di 6.200 euro al mese.

La Point rent car avrebeb avuto un ruolo in relazione al noleggio di vetture Porsche.


 

Mercoledì intanto si è dimesso dalla carica il presidente Giovanni Di Benedetto, che ha lasciato sottolineando la crescita che la compagnia ha registrato nel corso del suo mandato.

In pochi mesi via il direttore generale, Ermanno Grassi, e il presidente operativo, Giovanni Di Benedetto che però rimane come presidente onorario e pure nel consiglio di amministrazione. I vertici di Itas, comunque andrà a finire la partita decisiva sulla modifica dello Statuto prima avviata e poi accantonata, tra aprile e ieri, sono cambiati in maniera profonda. Il gruppo di assicurazioni mutualistico ha di fatto visto modificarsi il vertice che sembrava assolutamente granitico fino a quando non è scoppiata lo scandalo che ha colpito, sotto il profilo giudiziario, l'ex direttore generale Grassi, poi dimessosi, mentre non ha avuto un effetto diretto su Di Benedetto, la cui posizione risulta estranea al processo che si è aperto nei confronti dell'ex manager.

Ma le tensioni che sono sorte prima tra i consiglieri di amministrazione e poi tra i delegati per quanto riguarda la richiesta di chiarimenti e una critica forte rispetto ai comportamenti emersi nel corso delle indagini da parte di Grassi hanno portato a una situazione non favorevole a Di Benedetto. Che prima ha deciso, di fatto, di rinunciare alla modifica dello Statuto della Mutua che gli avrebbe permesso di potersi ricandidare dopo la fine della consigliatura, allungando di fatto i termini per la propria permanenza nel consiglio di amministrazione e al vertice di Itas per almeno un altro mandato.

Mercoledì, poi, è arrivata la decisione di un passo di lato, se si può dire così, per evitare, questa la motivazione ufficiale del presidente Di Benedetto, di condizionare il periodo che porta alla successione dello stesso presidente uscente. Mentre dall'altra parte, si sostiene che la maggioranza del consiglio di amministrazione era ormai convinta a chiedere un passo indietro al presidente e che questo avrebbe deciso di dimettersi per evitare il braccio di ferro e una possibile sconfitta all'interno del cda.

La situazione dell'Itas, società nata quando ancora il Trentino era un territorio dell'impero austro-ungarico e che negli anni ha sempre avuto nella stabilità una delle sue caratteristiche, finisce sotto le luci dei riflettori quando il direttore generale Grassi viene coinvolto in una vera e propria bufera giudiziaria. Il manager trentino, classe 1966, viene indagato per truffa, calunnia ed estorsione. L'episodio più grave, secondo gli inquirenti, riguarderebbe una presunta estorsione nei confronti del presidente di Itas Giovanni Di Benedetto che Grassi avrebbe ricattato su questioni personali, riuscendo a farsi dare 392 mila euro.

A Grassi è stato poi contestato l'uso improprio del fondo destinato ai gadget aziendali: avrebbe acquistato beni personali di lusso - tra cui due Porsche e vestiti - per circa 430 mila euro mettendoli in conto alla società.
Ovviamente la difesa ha contestato le accuse, ma in vista del processo Grassi, sempre ad aprile scorso si era dimesso.

La questione dei controlli interni e della linea seguita da Itas sotto l'ex direzione di Grassi investe anche la presidenza Di Benedetto per quanto riguarda la richiesta di maggior chiarezza su quanto emerso dall'inchiesta. Nessun coinvolgimento o responsabilità è stata posta in capo a Di Benedetto, ma il clima che si è creato e alcuni aspetti messi in evidenza dalle indagini hanno creato una situazione non facile dentro e fuori il consiglio di amministrazione. L'assemblea dei delegati convocata in primavera per approvare la modifica dello Statuto che avrebbe consentito potenzialmente a Di Benedetto di rimanere per sei anni in più rispetto alla scadenza di aprile 2018. Ieri, infine, la scelta a sorpresa di Di Benedetto di lasciare la presidenza pur restando in consiglio di amministrazione fino a scadenza.

 

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